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Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

. . . per questo neanche alle 5. 50 prima di colazione. .....
. . . alle nove dopocena non ciai (c'hai) da far altro? .....
. . . il plenipotenziario di Fi, Tajani, ha presentato .....
Ieri 19 Marzo ci ha lasciato un Vs. concittadino Renato .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Il sole nutre
col suo splendore
il croco il bucaneve
la margherita. . .
Il cuore
cancella il dolore
se alimentato dall'amore
essenza della vita
Quando .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Le pietre coti.

1/2/2023 - 22:24



A prima vista è una pietra comune, grigia, a grana fine, ruvida, ma basta strofinarla su una lama metallica per conoscere il segreto che racchiude. Le pietre coti sono infatti rocce particolarmente indicate per abradere e affilare altri oggetti, soprattutto metallici, come lame di falci, falcetti, coltelli, forbici, ecc... Il loro impiego risale a tempi antichissimi e si perde nella notte dei tempi: nelle fonti storiche l’utilizzo delle “cos aquariae” (così venivano chiamate dai Romani) viene segnalato già da Plinio nella sua Naturalis Historia nel I secolo a.C.

Nel territorio della provincia di Bergamo le località di estrazione di pietre da affilatura e da mola furono numerose, e vennero sfruttate rocce appartenenti a diverse formazioni geologiche e di diversa età. Storicamente i siti più noti sono: Palazzago, Sarnico, Calolzio, Torre de’ Busi, S. Antonio d’Adda, Almenno San Bartolomeo, Pontida, Gavarno, Foresto Sparso, Adrara, Viadanica, Monte di Grone, Fiobbio-Abbazia Monte Prenda, ecc. La maggior parte delle coti in Bergamasca deriva da due distinti orizzonti stratigrafici: uno costituito da calcari di età Giurassica (formatosi cioè circa 180 milioni di anni fa, coti della bassa Val Seriana) e l’altro dalla Formazione dei Flysch Cretacici (depostisi tra 80 e 60 milioni di anni fa, coti di Palazzago).
Data la loro peculiare proprietà di utilizzo, dovuta all’eccezionale origine geologica, non comune fra le rocce che affiorano in altre aree del bacino padano, già in epoche lontane le pietre coti di provenienza orobica si diffusero ad ampio raggio anche al di fuori dell’area padana. L’economia agricola prevalente fino al secolo scorso favorì l’ampia diffusione e richiesta che ebbe questo tipo di materiali e ne fece uno dei prodotti tipici della nostra provincia. Numerose sono le testimonianze di impiego delle coti fin dal Medioevo: esse erano comunemente utilizzate e oggetto di commercio, destinate tanto al settore agricolo, quanto a quello metallurgico, come materiali per rifinire manufatti metallici; gli armaioli dell’alta Val Seriana ne facevano regolarmente uso. In seguito la diffusione aumentò sempre più, non solo in Europa (la Germania fino alla II guerra mondiale era uno dei maggiori importatori) ma anche nel resto del mondo, dalle Americhe all’Australia: le coti spesso seguivano i flussi migratori dei bergamaschi che emigravano verso nuove terre in cerca di fortuna, portando con sé le proprie tradizioni e consuetudini, fra le quali l’utilizzo delle coti. Mentre dunque per le altre pietre orobiche la tradizione d’uso risiede nel forte radicamento storico-culturale di utilizzo dovuto all’economicità dello sfruttamento delle risorse locali, nel caso delle Pietre Coti l’importanza storica e culturale trascende l’utilizzo locale, diventando più rilevante anche a livello sociale. Attorno all’attività di produzione delle coti si crearono un indotto e forme sociali-commerciali peculiari. Paesi interi vivevano su questa risorsa, Pradalunga ne è certamente l’esempio più eclatante: tutta la forza lavoro della comunità gravitava attorno alla produzione delle coti. Gli uomini si occupavano dell’estrazione e della lavorazione, le donne e i bambini della rifinitura e dell’imballaggio dei prodotti. Il sistema era talmente evoluto che già allora (XIX-XX sec) era previsto il lavoro “a domicilio” per le donne che dovevano dedicarsi alla cura dei famigliari e della casa.
Dal Rapporto Economico sulla provincia di Bergamo della CCIAA del 1924: "relativamente all’industria mineraria qui si distinguono le due qualità di coti: la primissima, di Pradalunga, Albino e Nembro (circa 900.000 pezzi all’anno) e la secondaria di Foresto Sparso, Grone e Palazzago (circa 1.200.000 pezzi all’anno). Le cave in totale erano 15 distribuite in 8 comuni".
Avevo trovato una cartolina postale dell’Amministrazione Duchi Salviati degli anni ’30 che ordinava ad una ditta di Bergamo una grande quantità di “pietre coti” per i suoi contadini, cartolina interessante ma sfortunatamente perduta o nascosta nella massa dei miei documenti.
Era una bella conclusione a questo scritto.


p.s alla pietra veniva quasi sempre abbinato un corno di bue con l’acqua necessaria allo sfregamento.
In Alto Adige al posto del corno veniva usato un artistico simile contenitore di abete con fregi e colori.

Fonte: collezione privata u.m.
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3/3/2023 - 19:53

AUTORE:
m.b.

Dalla cultura e dalle usanze dei nonni contadini di origine di Vecchiano in questa casa, prima di mio padre, ora mia, c'è una vecchissima Pietra Cote che uso per affilare coltelli e forbici. Sopra c'è inciso RAPORID. Non ho idea di quanto sia vecchia ma non è mai stata considerata né obsoleta né inutile.

2/2/2023 - 13:44

AUTORE:
Nativo Baldinacca ( ivi passeggiate a Lerici )

...oimmena però....unsene pole + iorospo.

2/2/2023 - 10:35

AUTORE:
Stu Dente

Conta Dino scarpe grosse e cervello fino. Un fenomeno in questo campo, ma per il resto.....oimmenne (lo dice sempre lui)

2/2/2023 - 0:21

AUTORE:
Conta Dino

...si prendeva un pezzo di canna, un nodo bastava, si divideva in quattro a mo di spicca, si legava stretta con un fil di ferro ed era anche più sicura per l'indice destro che era il più vicino al taglio della falce o della frullana e non c'è disgrazia che non porti fortuna; con un simil aggiustamento la lama si sarebbe fermata sempre alla legatura della canna.