Nella prestigiosa Sala Gronchi del Parco Naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, il 20 ottobre alle ore 16, avrà luogo la cerimonia di premiazione della dodicesima edizione del concorso artistico-letterario "Area Protetta", organizzato da MdS Editore, Associazione La Voce del Serchio e Unicoop Firenze Sezione Soci Valdiserchio-Versilia.
Dalla Russia con disonore Lo storico esodo dei russi innescato da Putin
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono andate via tra il mezzo milione e il milione di persone. Prima i lavoratori più qualificati, poi la comunità ebraica, dopo ancora i mobilitati e gli specialisti di tecnologia informatica (cruciali per il prosieguo della guerra)
La polizia federale argentina ha smantellato una rete che forniva documenti illegali a madri russe desiderose di far nascere i figli nel Paese sudamericano, in modo da conferire loro una cittadinanza per ius soli tale da farli entrare senza visto in ben centosettanta Stati, contro gli appena ottantasette del passaporto russo. Un numero ridotto al minimo anche per effetto delle sanzioni seguite all’aggressione all’Ucraina. Tra i ventimila e i venticinquemila dollari era la tariffa.
Secondo Florencia Carignano, direttrice dell’ufficio immigrazione argentino, ben diecimilacinquecento cittadine russe sono arrivate nell’Argentina nel corso dell’ultimo anno, che coincide con l’anno di guerra all’Ucraina. «Cinquemila di loro erano negli ultimi tre mesi, molte di loro dichiaravano di essere alla trentatreesima o trentaquattresima settimana di gravidanza».
Ben settemila donne sono tornate a casa dopo il parto, lasciando gli avvocati argentini incaricati di richiedere la cittadinanza argentina per il bambino – e poi i genitori. «Il problema è che arrivano, hanno i figli e poi lasciano l’Argentina per non tornare mai più», denuncia la Carignano. «Non possiamo permettere loro di mentirci spudoratamente dicendo che sono turisti quando non lo sono».
Oligarchi e gerarchi che cercano di aggirare sanzioni per sé e per i propri eredi? Molti, presumibilmente, sì. Ma secondo Christian Rubilar, un avvocato che rappresenta una delle donne trattenute in aeroporto, la sua cliente, incinta di trentadue settimane, era arrivata in Argentina «fuggendo dalla guerra: nel regime di Putin, non accettare la guerra è sufficiente per andare in prigione o per mandare i membri della sua famiglia in prima linea nella battaglia», ha detto.
Insomma, lo scandalo argentino non è in realtà che un aspetto più particolare dello storico esodo che la decisione di Putin di attaccare l’Ucraina ha innescato nel suo stesso popolo. La partenza delle persone più qualificate si era delineata subito, poi si era evidenziato l’esodo della comunità ebraica, dopo ancora la fuga dei mobilitati.
Adesso i dati confermano che tra il mezzo milione e il milione di russi sono partiti dall’inizio dell’invasione. Come ha ricordato il Washington Post, «un maremoto sulla scala dell’emigrazione che seguì la rivoluzione bolscevica del 1917 e il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991». Non tutti se ne vanno per avversità ideologica alla guerra o per mera paura di rimetterci la pelle. Per molti è mera questione di interessi economici. Ma il risultato comunque quello è. Un fenomeno che è destinato ad accentuarsi, con le previste nuove mobilitazioni e con l’ancora più previsto peggiorare delle condizioni economiche. E che rischia di definire il futuro della Russia per generazioni.
Varie sono state le destinazioni. Alcune quasi folkloriche, come i due che dall’Estremo Oriente russo sono scappati in barca fino all’Alaska. Molte sono state rivolte verso quei Paesi ex sovietici dove il russo è conosciuto e le possibilità anche legali di viaggiare e stabilirsi sono maggiori, come l’Armenia, il Kazakistan o la Georgia; altri ancora si sono recati nei Paesi subito oltre il confine, come la Finlandia o i Paesi baltici.
Chi aveva un’origine ebraica o comunque contatti di quel tipo si è spesso orientato su Israele. I più «creativi» si sono inventati destinazioni come quella già ricordate dell’Argentina, o cose tipo Tailandia o Emirati Arabi Uniti. A fine dicembre il ministero delle Comunicazioni ha comunque ammesso che nel corso del 2022 il dieci per cento dei lavoratori del settore IT se ne erano andati senza tornare. La Duma ha sia discusso su incentivi per farli tornare, sia minacciato di espropriare dei propri beni chi se ne è andato, sia definito gli espatriati «feccia» di cui è un bene che il Paese sia «ripulito». Ma né il bastone, né la carota, né gli insulti sembrano produrre effetti. Si sono invece create varie capitali dell’esilio: Berlino, Tbilisi, Riga, Vilnius. Il Washington Post cita l’opinione di Tamara Eidelman, una storica trasferitasi in Portogallo dopo l’invasione, secondo cui «questo esodo è un colpo terribile per la Russia: lo strato che avrebbe potuto cambiare qualcosa nel Paese ora è stato spazzato via».
Una stima relativa ai soli primi nove mesi valutava duecentododicimila di questi espatriati russi in Georgia, centomila in Kazakistan, centomila in Serbia, settantottomila in Turchia, 65.141 in Armenia, 37.364 in Israele, trentamila in Kirghizistan, 21.763 negli Usa e settemilasettecento in Mongolia.
Secondo fonti vicine al ministero Comunicazioni almeno trentacinquemila specialisti in IT sarebbero fuggiti in primavera, dopo l’attacco all’Ucraina. Altri settantamila o ottantamila se ne sono andati a settembre, quando è stata annunciata la «mobilitazione parziale». Durante la prima ondata di emigrazione, uomini e donne se ne andarono in numero più o meno uguale. Tuttavia, nella seconda ondata, gli uomini erano più numerosi delle donne – due a uno.
I ricercatori in Austria hanno verificato i tassi di emigrazione tra gli sviluppatori open source utilizzando i metadati degli utenti di GitHub. Hanno riferito che, entro ottobre 2022, il 13,2 per cento dei programmatori russi aveva cambiato il proprio Paese d’origine nei propri profili e un ulteriore 13,2 per cento aveva cancellato i riferimenti alla Russia.
Questo è parecchie volte superiore alle cifre equivalenti per i programmatori altrove nell’Europa orientale. Gli stessi dati mostrano anche le destinazioni più popolari per gli esperti IT russi. Il gruppo più numeroso, oltre il dieci per cento, è andato negli Stati Uniti. Seguono Germania (7,6 per cento), Georgia (6,2 per cento), Paesi Bassi (5,3 per cento) e Armenia (4,7 per cento). È sorprendente che, dopo due ondate di emigrazione, il numero di utenti GitHub in Georgia sia aumentato del novantaquattro per cento e in Armenia del quarantuno per cento. Questi due Paesi del Caucaso meridionale sono stati i principali beneficiari dell’emigrazione russa: nel 2022, il loro Pil ha registrato un aumento a due cifre grazie a un afflusso di russi ben pagati e altamente qualificati.
Quelli della prima ondata tendevano ad andare in Paesi dove i russi non hanno bisogno di visti. Le prime cinque destinazioni sono state: Armenia, Georgia, Turchia, Serbia e Kazakistan. Ora, tuttavia, la migrazione IT russa si sta dividendo in due segmenti. La maggior parte dei dipendenti di base si attiene ai Paesi senza visto, ma i proprietari delle aziende si stanno dirigendo verso destinazioni come Cipro, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti e Paesi dell’Unione europea.