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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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MONDI NATURALI
La vita dei selvatici tra campagna e città
di Simona Tedesco e Sandro Petri

19/2/2023 - 10:37

MONDI NATURALI
La vita dei selvatici tra campagna e città
di Simona Tedesco e Sandro Petri

Inizia con questo articolo una nuova serie dedicata al mondo della Natura che ci circonda.
Un racconto che si affianca a quello delle memorie storiche, analizzando il territorio sotto un diverso punto di vista.
A guidarci in questo ambiente, spesso sconosciuto o ignorato, è una vera esperta  dei mondi naturali, come abbiamo voluto chiamare la serie.
Si tratta di Simona Tedesco, giornalista per professione presso il Consorzio 1 Toscana Nord, fotografa naturalista per passione, iscritta all'AFNI, associazione fotografi naturalisti italiani.

Simona ama osservare e ritrarre gli animali nel loro ambiente naturale, dal grande mammifero fino al più piccolo degli insetti.
Ama viaggiare per osservare specie di paesi lontani, soprattutto nordici, ma la maggior parte del proprio tempo lo dedica alla riscoperta degli animali del suo territorio.
Attraverso la fotografia e la pubblicazione delle immagini, cerca di contribuire a diffondere la conoscenza di animali comuni e degli ambienti locali, nella speranza di aumentare la sensibilità e stimolare in chi guarda piccole o grandi azioni di protezione.

L'articolo si sviluppa in maniera innovativa, raccontando i cambiamenti di un anno come fosse una immaginaria giornata, con gli animali selvatici nel ruolo dei protagonisti, arricchendo la descrizione a parole con le straordinarie fotografie che hanno reso famosa l'autrice.

La Voce del Serchio ha sempre cercato di presentare foto e storie che descrivono l'enorme ricchezza del nostro territorio per la bellezza di ambienti e paesaggi, di flora e fauna, e siamo perciò certi che questa nuova avventura editoriale sarà molto gradita ai nostri lettori.

Sandro Petri



MONDI NATURALI
La vita dei selvatici tra campagna e città
di Simona Tedesco

Gli ambienti rurali e quelli urbani si toccano e si sovrappongono: sono zone di confine caratterizzate da un forte rapporto simbiotico che vede l’uomo al centro, artefice di progressive conversioni, che hanno mutato i territori, restringendo progressivamente le aree agricole in favore di quelle abitate.

Un fenomeno che la storia ci insegna essere stato accentuato dal progresso. Partendo dall’antichità per arrivare ai tempi più moderni si è passati dai primi abbattimenti delle foreste, al prosciugamento delle paludi: azioni sequenziali nel tempo, atte a creare spazio per nuovi ambienti coltivati in principio e poi villaggi e centri abitati.
Trasformazioni che sono diventate via via sempre più profonde, fino a eliminare quasi del tutto gli ambienti rurali al punto che, oggi, siamo turbati quando il cemento delle grandi città, minaccia di prendere di altro verde, cancellando i pochi spazi agricoli che ancora resistono.

Siamo lontani da quando il paesaggio agrario era sinonimo di buongoverno, in quel Rinascimento che trasformò gli ambienti naturali poco salubri, in contesti rurali ordinati e perfetti.
Orgogliosamente allora se ne faceva mostra, basti pensare al dipinto di Piero della Francesca, dove i Duchi di Urbino sono raffigurati in primo piano e alle loro spalle si vede uno scenario che illustra campi arati e fertili vallate per sfoggiare la potenza della famiglia nobile.

Dalla rivoluzione industriale in poi e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo florido della ripresa, l’artificializzazione del suolo ha conosciuto una forte impennata che ha trovato il suo culmine alla fine del secolo scorso.
Sono piuttosto recenti i momenti in cui si è iniziato a pensare a un cambio di passo, a ridurre il consumo di suolo e a perseguire logiche di sviluppo sostenibile, di tutela dell’ambiente e difesa della biodiversità.

E proprio di biodiversità, di convivenza tra l’uomo e gli animali selvatici e della straordinaria capacità di questi ultimi di adattarsi alla nostra avanzata, vorrei provare a parlare in questo testo, tracciando il racconto di una immaginaria giornata trascorsa all’aperto, lunga un intero anno e provando a raccontare la presenza costante di animali che vivono al nostro fianco, spesso non visti.

Ho la fortuna di vivere e lavorare in zone ancora tutto sommato poco urbanizzate. Scampoli di verde ai margini dell’abitato; porzioni di corridoi faunistici, dove è ancora possibile fare incontri con gli animali selvatici.

Per passione trascorro il mio tempo di fotografa, tra i grandi spazi agricoli e il giardino domestico, osservando la natura, che è mutevole con il passare delle stagioni.

Febbraio, tra poco è primavera: la annunciano timidi segnali profetici.
Le garzette hanno messo le lunghe penne sulla nuca che il vento scompiglia mentre passeggiano nelle scoline dei campi.
Tra le zolle dissodate dei terreni, banchettano i primi aironi guardabuoi. Tortore dal collare e piccioni selvatici iniziano i corteggiamenti e i voli di coppia.
Dal forum di ornitologia attendo il segnale: il messaggio rituale dell’avvistamento in Italia della prima rondine dell’anno.
Le piogge primaverili saranno importanti per loro e anche per i balestrucci, che troveranno abbondanza di fanghiglia con cui costruire i nidi sotto il tetto di casa.

Marzo: nel giardino le capinere hanno già formato ben tre coppie. Litigiose e territoriali, hanno presidiato le mangiatoie durante tutti i giorni più freddi dell’inverno: prima solo i maschi, poi le femmine. Mi accorgo che da qualche giorno è sparito il pettirosso. So che si è spostato poco lontano, compiendo una migrazione di quota che lo terrà distante per tutta l’estate.
Ma per quanti se ne vanno, molti altri arrivano.

Aprile: sulla punta del cipresso, canta melodioso il verzellino.
Tra i tronchi contorti degli ulivi sono tornate a nidificare le upupe. I loro voli sfarfallanti attirano il mio sguardo. Maschio e femmina si alternano per sfamare i pulli nel nido e lo faranno instancabilmente tutto il giorno.
Nei campi, il canto forte dei maschi di strillozzo, richiama la vita che nascerà.
Adesso i segnali diventano inequivocabili: la stagione sarà un trionfo.
Camminando fra le strade vicinali della bonifica, incontro il maschio di un fagiano. La femmina mi ha da poco spaventato.
Mimetica tra gli sterpi è rimasta ferma fino all’ultimo passo che mi ha concesso, per poi alzarsi in un volo verticale improvviso, che sfida le leggi della fisica e riesce sempre a meravigliarmi.
Sono entrambi sopravvissuti alla stagione della caccia e sono ancora spaventati. Lui non mi concede molto spazio e si allontana quasi subito.
Li sentirò richiamarsi per tutta l’estate: un canto secco di sottofondo che si unirà al lamento triste del cuculo.

Nel quadro Chiaroveggenza, René Magritte disegnava un uccello in volo, osservando, come modello, un uovo. Nel suo immaginario, l’autore vedeva un futuro possibile e, probabilmente, è lo stesso sguardo di chi osserva la natura in primavera e già sa quello che sta per succedere. 
È la stagione del risveglio dopo il torpore invernale, la stagione in cui tutto rinasce: le piante, i fiori, gli insetti.
Negli stagni le libellule riprendono a volare e i prati si colorano di farfalle, bombi e api.

Ecco l'estate.
Sono arrivati dai quartieri di svernamento i gruccioni che riempiono i cieli con il loro canto rollante.
Hanno già scavato le gallerie dei nidi e sono tutti presi dai rituali di corteggiamento. Alcuni si posano su un ramo. Si osservano.
Sono maschi e femmine, uguali nei colori del piumaggio, ma il maschio porta nel becco un insetto, una cicala, e la porge alla femmina in regalo.
È un trofeo e se lei lo accetterà, darà il consenso all’accoppiamento per consegnare al mondo la nuova generazione.

Luglio: sui fili della corrente, sorretti dai pali in legno della campagna, scorgo da lontano la sagoma inconfondibile di una ghiandaia marina. Bellissima, dorso marrone e piumaggio colorato di verde, azzurro e blu cobalto.
La sua presenza è sempre sorprendente, ma è giustificata dall’abbondanza di cibo che in questi posti assolati può trovare. I campi sono in pieno rigoglio, ricchi di grossi insetti e lucertole buone da cacciare al suolo, al termine di un volo deciso.
Sulla punta delle graminacee, rimangono in bilico gli stiaccini, mentre la figura del saltimpalo spicca sulla cima dei paletti di confine delle proprietà. Il caldo nelle ore centrali del giorno avvolge tutto in una quiete sonnacchiosa, rotta soltanto dal canto ritmico del beccamoschino.

Mi sposto in un prato stabile ai confini con l’abitato. Un fazzoletto di terreno un tempo agricolo, che resiste non trovando conversione nel piano regolatore. Ai margini, un piccolo uliveto accoglie una famiglia di torcicollo.
Negli orti familiari sparsi tra le case, è tutto un brulicare di minuscole vite da osservare: panciute mantidi spallanzanie si confondono tra le foglie della rucola.
Esili damigelle e fameliche libellule riposano di notte sugli steli, accanto a loro, dormienti farfalle tradite dall’inconfondibile forma triangolare delle ali. E poi ragni, grilli, locuste attivissime, che giustificano la presenza della civetta. Ha costruito il nido in un vecchio casolare, dalle cui finestre spesso si affaccia al tramonto.

Tra i mattoni smossi della parete, un piccolo buco accoglie una famiglia di gheppi. Lo spettacolo sarà in settembre, quando gli adulti insegneranno ai piccoli le tecniche di caccia, mostrandogli quel volo sospeso immobile nel cielo, seguito da un attacco che non lascia quasi mai scampo alla preda.
La fine dell’estate segna il momento delle partenze: l’airone rosso, il cavaliere d’Italia e tanti altri affronteranno il viaggio misterioso della migrazione.
E con loro anche la cicogna bianca che dopo anni di assenza ha scelto nuovamente l’Italia per nidificare, aiutata da progetti di ripopolamento attuati dall’uomo: nidi artificiali costruiti su alte piattaforme uniti a interventi di miglioramento ambientale.

Ottobre: stormi di storni tornano a riempire i cieli di campagne e città, formando al tramonto disegni misteriosi, mossi molto spesso dalla presenza di un falco pellegrino. Le giornate si accorciano e i tramonti si colorano di rosa. È la nuova stagione che coincide con l’avvio della caccia. Gli animali lo sanno: ora in campagna i ritmi sono diversi e anche i comportamenti.
Sfuggono zigzagando i beccaccini, gli aironi cenerini e le anatre diventano nervosi.

Novembre: una sera sento il ticchettio del pettirosso arrivare dal giardino. Lo vedo, eretto, immobile sul bracciolo della panchina.
È tornato dalla migrazione.
Difficile stabilire se è lo stesso individuo dell’anno precedente, ma si ritaglia il medesimo territorio, che difenderà coraggiosamente da tutti gli altri passeriformi.
In estate ha fatto il nido su in montagna, ma nella stagione fredda torna a vivere in città e adesso l’inverno può davvero cominciare.
Inizia a fare freddo e per me è tempo di allestire le mangiatoie nel giardino di casa: derrate alimentari fatte di semi e palle di grasso adatte a soddisfare tanti piccoli animali.

Gli uccellini si avvicinano con piacere: dalle prime luci dell’alba e fino al tramonto è un andirivieni continuo di cinciallegre, cinciarelle, capinere ghiotte di frutta, merli, codibugnoli, codirossi spazzacamino, tortore dal collare, pettirossi e poi numerosi gruppi di passeri, fra cui si è imbrancato qualche fringuello.
Il cibo servirà a tutti per aiutarli a superare il freddo dell’inverno e a sopravvivere. Un gesto semplice che può fare la differenza tra la vita e la morte di questi piccoli animali. In cambio, a noi resta tutto il piacere di osservarli svolazzare liberi.

Gennaio: nei campi le pavoncelle formano stormi numerosi.La cresta appuntita della cappellaccia distingue la figura eretta ai bordi delle strade bianche o sulle zolle smosse del terreno arato da poco. La coppia di barbagianni nel fienile abbandonato sta iniziando il corteggiamento.
I voli di maschio e femmina si susseguono preceduti dai gridi sordi di lei, che lui ripete. Sebbene siano prevalentemente monogami, i rituali d’amore nella coppia non mancano mai. In febbraio il maschio tornerà dai suoi voli notturni con i primi doni per la femmina in cova, che saranno perlopiù arvicole, talpe, topi selvatici.

Un anno è passato, tra campagna e città.
Ad ogni stagione la presenza di tantissime specie di animali selvatici può variare, talvolta per ragioni legate al clima o ad altri misteriosi fattori naturali, talvolta a causa dell’uomo.
Se vecchi terreni abbandonati avranno trovato nuova vita in piazzali e capannoni industriali, molti animali selvatici dovranno adattarsi a quel cambiamento e chi non potrà farlo lascerà per sempre questi luoghi.
Ma homo sapiens non è solo in grado di distruggere: la sua intelligenza gli permette di capire che tutelare la biodiversità è una strategia di sopravvivenza anche della sua specie.
Un valore per la sua salute e per quella dei suoi figli ed è quindi capace di sopire certi appetiti per difendere il patrimonio naturale rimasto.
Comprende la necessità di invertire la rotta, di arricchire le proprie città di spazi verdi, di preservare o di creare ambienti capaci di ospitare la vita selvatica.
Siepi, parchi, giardini, aree umide vicini e dentro le nostre città, accolgono ancora oggi migliaia di specie differenti che fanno parte e mantengono in equilibrio il nostro ecosistema.


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