Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
AL PRIMO TONO DI MARZO L'ANGUILLA SPICCA ILSALTO
Il proverbio, molto locale, riguarda le anguile ma, in mancanza di una foto del loro presunto "salto", apro con quello del saltatore per eccelleza: un bel mugginotto!
Non sappiamo ancora cosa è che spinge alcune specie di pesci a spiccare salti fuori dell'acqua.
Il nostro compaesano poeta Piero Mazzanti dice in una sua poesia sul Serchio: "salti di muggini innamorati" e forse è davvero la gioia di vivere che fa volare in aria quei pesci.
A pensarci bene sono solamente i grossi esemplari quelli che si vedono saltare in tutti i periodi dell'anno, ma più numerosi d'estate e ancor di più all'imbrunire, quasi fosse una cosa da grandi.
I muggini sono i pesci più numerosi nel nostro Serchio e quindi a loro sono attribuite le casistiche della vita del fiume.
"C'è l'acqua cattiva, moie e muggini"
"È bona oggi, si chiappa e muggini, i muggini mangiano, non mangiano, muggine arrosto, abbrancato come e muggini, hai una chiorba che pai un muggine."
Oltre ai muggini saltano anche le lasche, ma solo per acchiappare qualche mosca che vola troppo bassa o per il troppo slancio in su per agguantare un insetto visto nel loro cielo del nostro pelo d'acqua.
Saltano anche le carpe quando sono in amore di maggio, saltano le scarbatre di giugno-luglio quando sono ammassate in gruppi di centinaia di femmine che fregano per attaccare le loro uova alle radici delle cannelle, con i maschi in attesa per spargervi sopra il loro "latte"; saltano i crognoli inseguiti da affamati e voraci ragni che si gettano nel branco a bocca aperta, ma le anguille non fanno nessun salto.
Loro hanno una molla che le spinge in avanti, non in alto. Il loro è un salto di acque, di condizioni di vita, di vita e di morte.
A primavera le anguille che sono cresciute nelle fresche acque di fiume ed hanno raggiunto la maturità sessuale, sono irresistibilmente spinte fuori da quei luoghi divenuti ora troppo stretti.
Cambiano pelle, da marrone o verdastro o grigio, il colore del loro dorso si trasforma in un azzurro luminoso, iridato, la loro pancia si fa bianca lattea, la loro fame aumenta per il bisogno di grasso per affrontare il "grande salto" in mare aperto, oltre quelle colonne che per millenni hanno frenato i più coraggiosi e provetti marinai.
Devono partire.
Dai fossi, laghetti, pozze d'acqua chiuse, cisterne, un esercito scivola, traversando anche tratti di terreno asciutto, per arrivare a quell'ancestrale mare da dove era partito più di dieci anni prima e che deve ora raggiungere anche a costo di morire.
Le prime vittime si fanno proprio sulla soglia di casa, uscendo.
Le grosse anguille blu, di "calata", hanno fame e i pescatori ne approfittano, ma solamente di sera però, quando migrano più numerose e facendosi pagare con freddo e fatica dopo aver lottato con quella maledetta pallina di vermi che i mazzaccherai tengono ore ed ore a molle nell'acqua di notte.
Mio padre e mio nonno sapevano assai di migrazioni e di Mar dei Sargassi, ma avevano centrato in pieno la storia del "salto"!