Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Ultimo polo - Calenda e Renzi male anche in Friuli, forse è arrivato il momento di una linea politica alternativa
Il risultato disastroso dei liberal-democratici pone un problema serio: in un Paese in cui le proposte più forti sono quelle più radicali, il loro centro riformista non riesce a guadagnare terreno: che fare, dunque?
«Deludente». Carlo Calenda giudica così il risultato del Terzo Polo in Friuli Venezia Giulia – nemmeno il tre per cento – ma la verità è che non riuscire a superare lo sbarramento equivale a una sentenza più cruda: bocciatura completa. Una bocciatura dovuta a tante ragioni – certo non al profilo del candidato, una persona seria come Alessandro Maran – ma andando all’osso è chiaro che dopo la disfatta lombarda e friulana si pone un problema politico sulla mancanza di appeal di una formazione che non è più un’alleanza elettorale ma nemmeno ancora un partito. Una condizione bastarda che non incontra il consenso, ma forse nemmeno la comprensione, dell’elettorato.
Questo è un primo problema, già sollevato su Linkiesta da tempo, cioè la lunghezza e anche la “segretezza” del processo politico che porterà al nuovo partito che come ha annunciato Carlo Calenda, nascerà il 10 giugno. Sono evidentemente tempi troppo lunghi.
C’è poi un secondo problema, in un certo senso effetto del primo, cioè lo scarso radicamento territoriale. Non è una cosa che si fa dall’oggi al domani, però è indubbio che da questo punto di vista si può affermare che il Terzo Polo non vive quasi per niente nella società, nelle città medie e piccole, nei mille paesi italiani, neppure nell’est produttivo dove le idee di Calenda dovrebbero avere una qualche presa.
Terzo, dulcis in fundo: la strategia. Sarebbe utile che Calenda e i dirigenti di Azione e Italia Viva facessero un ragionamento sull’attuale fase politica dominata da un governo di destra diretto da una leader di destra – molto di destra – che per una reazione uguale e contraria ha in qualche modo rianimato il Partito democratico su posizioni più radicali (anche se l’ostinazione “bocciana” di allearsi con il Movimento 5 stelle è inspiegabile).
Sin qui il ragionamento di Calenda e Matteo Renzi ha poggiato sull’idea che la radicalizzazione di destra e sinistra avrebbe spalancato “praterie” a una forza di centro riformista, un discorso non banale e anzi coraggioso: ma può essere che questo ragionamento fosse fondato su una premessa non del tutto esatta, e cioè che gli elettori rifiutassero la duplice radicalizzazione.
Non sta andando così. Sbaglieremo, ma a occhio Giorgia Meloni e Elly Schlein, la coppia “radicale” di questo momento politico, stanno convincendo i rispettivi elettorati con l’effetto che la polarizzazione si rafforza e dunque l’attrattiva di una forza terza perde fascino.
Dopo questi risultati insomma sarebbe giusto chiedersi se la “terzietà” sia consona alla situazione o se non occorra fare scelte più chiare.
C’è da chiedersi poi se l’annuncio di Matteo Renzi di «fermarsi ai box» per un po’ sia stata una mossa propagandisticamente utile o se invece non abbia riproposto la sensazione di un investimento, diciamo così, non proprio appassionato da parte del leader di Italia Viva nel progetto malgrado tutte le sue rassicurazioni.
Era andata male in Lombardia, è andata male in Friuli Venezia Giulia, pur con due nomi di qualità, Letizia Moratti e Alessandro Maran. Si possono invocare ragioni locali (la vittoria di Massimiliano Fedriga era scontata) o meglio legate a un sistema elettorale che penalizza chi non ha alcuna probabilità di vincere: «Le elezioni Regionali, per un partito di centro, sono il peggio che può capitare perché la gente tende a votare da un lato o dall’altro», dice Calenda. Vero. Ma finire dietro i No Vax, ecco, questo non solo non era prevedibile, ma è anche un po’ umiliante.