none_o


L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
. . . vuoi il solito disegnino?
IV con i 5* non ci .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Di Gavia
none_a
di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
none_a
di Mollica's
none_a
Di Siciliainprogress
none_a
Se oltre a combattere
quotidianamente
Con mille problematiche
legate alla salute
al reddito
al lavoro
alla burocrazia
al ladrocinio
alla frode
alla .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
none_o
HENRIETTE VON BUTTLAR
di Stefano Benedetti e Sandro Petri

23/4/2023 - 19:21

 

Ed eccoci al sesto appuntamento sulla storia di personaggi che hanno attraversato Pontasserchio, con la narrazione di Stefano Benedetti.
Una lettura impegnativa per chi ci segue, adatta magari a giorni di festa, tranquilli e meditativi.
Una storia che riguarda molto poco il nostro territorio, se non per quello che ci ha lasciato, una tomba molto particolare nel cimitero di Pontasserchio.
Ma una straordinaria occasione per aprire uno spaccato sulla società mitteleuropea dell'800, una analisi del fenomeno letterario che ha coinvolto tutta Europa, per la prima volta unita, e non poteva essere altrimenti, grazie alla cultura, il Romanticismo. 
Un lavoro complesso e articolato, per il quale sono doverosi i ringraziamenti estesi ad Annica Gelli e Gabriele Giachetti.


Sandro Petri 
 
 
ATTRAVERSO IL TEMPO(Capitolo sesto)

HENRIETTE VON BUTTLAR

di Stefano Benedetti(tempo di lettura 10 minuti)

 

Una biografia così ardua e tosta questa, da apparire quasi impossibile da sciorinare in pieno e da delineare nel suo specifico evolversi, quasi una prova d’autore ci attende.Non ci sono fatti concreti se non una scarna bibliografia, non ci sono date certe se non nascita e morte o poco più.
Eppure una biografia così intrigante nella sua spazialità al costo, noi, di invertire la rotta e di non andare a ragionare sul nostro paese Pontasserchio, in cui questa vita ci incastra eccome, ma andare a volare per l’Europa, nello scenario continentale coevo al nostro personaggio in questione. Ci interessa con lei, entrare nell'Europa del suo tempo, quell’Europa che fa il suo ingresso a mani basse dentro la grande corrente letteraria e artistica caratteristica degli inizi del secolo XIX°: il Romanticismo.
Non ci sono fatti concreti, dicevo, eppure uno, anomalo, quasi dissonante direi, ma anche lampante e tangibile c'è. Eccome se c’è.Una tomba nel cimitero del Ponte.
Se entrate nel Camposanto di Pontasserchio dall’ingresso dalla parte di San Martino, già prima di varcare il muro, sulla destra, vi accorgerete e molti di voi se ne saranno già accorti e accorte da tempo, c’è una piramide scura.
Compiendo il percorso verso quella che fu l’ala più antica di tutto il complesso cimiteriale costruito ad inizio ‘800, ci si trova di fronte a questa opera a dir poco originale visto la sua collocazione.

Una piramide color grigio scuro, fatta di pietre ben intagliate alta circa due metri, con la base di un metro quadro e quindi nella sua posa scultorea, molto appuntita e slanciata verso il cielo.
Originariamente questo monumento funebre, che ormai possiamo tranquillamente definirlo abbandonato, era forse anche delimitato da quattro piccoli capitelli in marmo bianco, collegati per tutto il perimetro da una catena in ferro.

Una semplice pietra di marmo trapezoidale appesa a uno dei quattro lati, recita: BARONESSA HENRIETTE VON BUTHLAR 1815 - 1889.

A questo punto non siamo certo i primi a chiederci chi fosse questa misteriosa baronessa dal nome decisamente tedesco che è sepolta nella nostra terra.Inizia da qui allora il volo promesso.


Henriette nasce il 18 ottobre del 1813 a Cassel (odierna Kassel), storica città di medie dimensioni affacciata sul fiume Fulda nella regione dell’Assia in quella che un tempo si chiamava Prussia. Il padre Philipp Georg Bosse (1790-1860) fu un importante ufficiale di artiglieria dell’Esercito del Regno di Westfalia sotto Gerolamo Bonaparte (fratello minore di Napoleone), la madre Friederike Fulda una diciannovenne anche lei figlia di una famiglia con tradizione militare.
La nostra protagonista quindi battezzata Henriette Bosse, a sei anni seguirà in esilio il padre al seguito della Famiglia del fratello di Napoleone, in quanto il Regno di Westfalia sarà sciolto dal Congresso di Vienna e dagli eventi dopo esso imminenti che porteranno alla disfatta di Napoleone a Waterloo nel 1815.
La restaurazione aristocratica dell’Europa si abbatte sugli stravolgimenti del trentennio precedente prodotti prima dalla Rivoluzione Francese e poi dal grande condottiero Bonaparte e riporta (ovvero tenterà di riportare invano) l’orologio della storia europea indietro di tre decadi.
Philip Georg, nel frattempo nominato cavaliere (e quindi assume il “von” Bosse prima del cognome), fedele al Bonaparte si trasferisce con la famiglia al seguito della Corte di Girolamo prima ad Hainburg, poi a Schonau, un bellissimo castello nei pressi di Vienna dove vivranno per ben 13 anni, in pratica per tutta la fanciullezza e l’adolescenza di Henriette.
E’ questo il periodo d’oro della nostra bambina, dove, insieme alla famiglia vive a corte in un castello da fiaba, introdotta agli studi immaginiamo da valenti insegnanti (dai quali apprende una educazione classica sì, ma anche moderna) e a contatto con quella aristocrazia (sempre ricca seppur sconfitta) e quel modo di vivere che resterà per sempre, immaginiamo, nei suoi ricordi.

C'è una parola sola per descrivere, per dare un nome a questo periodo controverso e determinante della storia d’Europa: Romanticismo.


Il Romanticismo è la grande corrente letteraria e artistica del tempo che nasce con quel mondo nuovo, dove, avversando la precedente epoca, quella dei Lumi (l’Illuminismo) da un diverso assetto alla cultura e alla visione dell’arte e del creato.

A differenza del suo predecessore, il Romanticismo esalta il sentimento, il valore empatico dell'arte, l'importanza dell'individualità dell'artista, l'idealismo.
L'Illuminismo dava invece grande importanza alla ragione, alle nozioni storiche e scientifiche, di tutto ciò che è dimostrabile scientificamente e empiricamente.

Il Romanticismo, tra l’altro nasce proprio in Germania (nazione che rimarrà almeno fino alla seconda guerra mondiale come faro trainante di ogni nuova corrente artistica e non solo) con la grande epopea artistica dello Sturm und Drang già nella seconda metà del precedente secolo e sarà capostipite in Europa di questo nuovo sentire e creare arte, pittura, letteratura e musica.


Per la giovane e bella Henriette, leggere Goethe o Schiller, ascoltare musica sulle note di Beethoven o Schubert, sarà il suo pane quotidiano e companatico.

Certo, è diventata ormai una donna e la famiglia, per antica tradizione consolidata, deve trovarle una sistemazione per bene; dal 1828, (nel frattempo nasce nel ‘29 anche il fratello della nostra Henriette, Auguste Von Bosse che diventerà scrittore affermato) la famiglia è rientrata in Prussia e infatti proprio nel 1832, quando Henriette è diciannovenne si fidanza con il consenso della famiglia con quello che sarà l’uomo più importante della sua vita, l’impiegato di stato e poeta di famiglia borghese Ernst Kock di un anno piu’ grande, che aveva conosciuto durante una visita presso una casa di campagna di una zia.


Fatto importante questo perché ci fa comprendere che fu un innamoramento reciproco vero e proprio e per niente una sistemazione imposta da un accordo a tavolino tra le famiglie.Sarà una storia intensa e maledetta che durerà solo due anni, ma attraverserà nel ricordo, tutta la vita di Henriette, una storia che si può definire e inquadrare in un unico aggettivo: romantica.

Un amore non sappiamo dirvi se consumato del tutto, ma che comunque contamina entrambi (e dal loro corposo carteggio si evince con forza) al punto di fare di loro uno scrittore e una scrittrice.


A causa del fatto che Ernst, forse per carattere o forse perchè una testa matta, non riuscì a introdursi in un certo ambiente lavorativo e sociale sperato, che la famiglia Von Bosse impose a Henriette la rottura (tombale) del fidanzamento dopo neanche due anni.
E’ nel 1834 che Ernst Kock pubblicherà il suo primo romanzo dal titolo “Prinz Rosa Stramin” che viene considerato come pressoché l’ultimo romanzo della letteratura romantica tedesca, che già in quegli anni era andata a esaurirsi per lasciare spazio alla più moderna corrente del Realismo.
Uno spaccato letterario che ci fornisce in chiave anche ironica una interessante visione della vita piccolo-borghese e del pensiero sociale in quel periodo, quando una molteplicità di stati di lingua e cultura tedesca e di famiglie blasonate, governavano la mitteleuropa in attesa della imminente riunione in un unico, forte, impianto statale germanico.


Questo romanzo, Kock, lo pubblica come usanza dell’epoca, con lo pseudonimo di Eduard Helmer (iniziali E H, come Ernst e Henriette!) dedicato e ispirato proprio alla relazione affettiva dei due e come lo definirà più tardi Henriette stessa “l’amore di un poeta”.
Il titolo che tradotto significa “Principe in Tela Rosa” scaturisce proprio da un taccuino segreto che Henriette, immaginiamo con che frasi d’amore all’interno, regalò al giovane scrittore, taccuino che in copertina ritraeva proprio l’effigie di un principe persiano impresso su filigrana colore rosa. Un romanzo non certo ai vertici della letteratura ma che comunque conserva un suo valore storico ed estetico.


Di lì a poco la vita dei due si divide per sempre e Ernst passerà per Parigi poi per la Spagna, in seguito si arruolerà nella Legione Straniera, da protestante si convertirà al Cattolicesimo, ritornerà in Prussia, diventerà anche avvocato, sposerà in Lussemburgo la giovane Octavie Mullendorf nel 1841, dalla quale avrà ben 10 figli.

Nel frattempo con l’altro pseudonimo di Leonard Emil Hubertus ( L-E-H. liebe=amore e sempre le loro due iniziali) pubblicherà vari romanzi e anche la sua storia di vita tumultuosa.

Morirà a soli 50 anni nel 1858. Più vita romantica di così, si muore!

Si, di tubercolosi in un sanatorio lussemburghese, come a lui purtroppo accadde.Anche Henriette diventa presto scrittrice in quegli anni e pubblicherà "Koenig Jerome e la sua famiglia in esilio, lettere e appunti” (Blockhaus -Lipsia 1870), un romanzo biografico sulla vita di corte del fratello di Napoleone. Intanto però suo padre, visto il passo falso del fidanzamento finito in malora, per non rischiare ulteriormente le sorti della bella figlia, la “fa” fidanzare con il Tenente Ernst von Woltersdorff, un rampollo di una famiglia benestante dell’Assia, del quale vogliamo immaginare che a Henriette sia piaciuto il solo nome (uguale al suo Ernst) e non altro.

Questa volta però ci pensa il tifo, allora malattia spesso mortale, a toglierglielo dalla vita, pochi giorni prima del programmato matrimonio a una non troppo fortunata promessa sposa.

Passare da due fidanzamenti andati a male per quel tempo era certo un bollo sociale già abbastanza importante quasi irrimediabile, ma il capoccia Von Bosse compie il suo miglior colpo di teatro.
Per non rischiare ulteriormente una figlia senza marito (e dote) la manda in sposa nel 1842, lei ha ventinove anni (per la società di quel tempo ormai già anche troppo in avanti con l’età) con, pensate un po’, un vecchio ottantenne, il Barone (già vedovo) Heinrich Viktor Wilhelm Freiherr Treusch von Buttlar-Brandenfels, Comandante in capo della città di Wolfenbuttel.
Dalla lunghezza del nome e del cognome si capisce l'importanza di questo uomo e di questo casato e la sua ricchezza che verra’ dietro a Henriette (nonché il diritto a fregiarsi del titolo di Baronessa), che la vedra’ dopo soli 5 anni, ahimè come facilmente intuibile, subito vedova.
Ci rimane alcuni scritti che parlano del suo “amorevole” dedicarsi alle attenzioni del vecchio Barone, e qui vogliamo per niente accettare un tornaconto della nostra Henriette, anzi credere in una sua sincerità pur in un matrimonio così sbilanciato nell’età, comunque di sicuro a lei imposto dal padre.
Vedova quindi e senza figli suoi Henriette continuerà a scrivere e pubblicare (e per quel tempo essere donna scrittrice non era poi così consueto e scontato) con lo pseudonimo di Ernestine von L. (questa volta è lei a scegliere E di Ernst come iniziale e L. come prima consonante di “liebe” che in tedesco vuol dire amore) e si trasferirà a vivere con i suoi cospicui averi in una bellissima magione nella elegante città di Meininger nel cuore della vecchia Prussia.


Importante per noi (e per lei) sarà la pubblicazione del libro pubblicato nei tipi di Jena dal titolo “Palazzo e Municipio” (Palast und Bürgerhaus. Hermann Costenoble, 1872) dove nella seconda parte (dopo aver trattato della vita sfortunata della principessa Carolina del Galles) Henriette pubblicherà il vecchio carteggio reciproco con il suo Ernst di quarant'anni prima e che ci svelerà a pieno l’importanza per la nostra scrittrice di tale antico, romantico rapporto.

 

Si legge a pagina 204: "Oggi le montagne mi opprimono e spesso la sera sprofondo sfinito nel divano; ma poi, Henriette mia, mi appare la tua immagine amica e il tuo pensiero mi accende l’anima e tutte le preoccupazioni svaniscono…”
Invece a pagina 217: “..la mia anima si dispiega e non sono mai stata felice come in questi giorni. Il secondo giorno del mio arrivo qui, cadeva la Pasqua e le campane della città suonavano solenni.

Non c’erano nuvole nel cielo azzurro, il sole splendeva caldo come una gemma, una gemma come te, buongiorno mio caro Ernst..”; righe trasudanti di passione ricambiata che saranno sempre presenti nella lunga vita della nostra baronessa.

 

Questo libro viene pubblicato da Henriette nel 1872 appunto, quando quasi sessantenne, sente ancora il bisogno di far rivivere in un romanzo quel suo amore lontano rimescolando vecchi ricordi dentro una passione intima forse mai sopita.

Sopraggiunge forte il tempo delle riflessioni passate in una donna forse mai doma sentimentalmente ma che immaginiamo, continua imperterrita nella propria esistenza.
Due anni dopo accade un altro fatto importante che darà di nuovo una sferzata potente alla vita della nostra Henriette, sarà l’anno del grande incendio della città di Meininger, uno dei più grandi e disastrosi incendi cittadini, come rileviamo dalle cronache del tempo.

Le città, ancora per lo più costruite in legno e senza difese antincendio, erano fin troppo vulnerabili a calamità naturali e in una notte Meininger, col fuoco propagatosi dall’incendio di un forno del pane, brucerà quasi totalmente.
Incendierà del tutto e andrà in fumo anche la bella magione di Henriette e il fuoco porterà con sé tutti i suoi averi, danaro e gioielli, mobili e libri. Nell’arco di una nottata infausta la nostra Henriette perderà ogni suo avere e le resterà solamente il titolo di Baronessa e la propria vita. Cosa da non poco comunque. Sarà il langravio Alexis von Hessen-Philippsthal-Barchfeld, presupponiamo amico di famiglia dei Baroni von Buttlar a mettere a disposizione della nostra Henriette una casa di campagna proprio nella vicina città di Barchfeld, mosso forse da compassionevole amicizia e da solidarietà di casta nel dare un’altra possibilità di vita dignitosa alla nostra nobile scrittrice.


E qui la nostra biografia si fa ancora più scarna e siamo solo capaci di immaginarci giorni di tristezza e di nostalgia del tempo trascorso, quando gli anni iniziano per lei a passare veloci.

Ma come in un ulteriore colpo di teatro, se ce ne fosse ancora bisogno, vediamo riapparire nel 1881 la nostra baronessa come accompagnatrice della giovane contessina von Schemettau in un “breve” viaggio in Italia, già allora capitale della cultura e delle arti in Europa e meta di “gran tour” per i giovani rampolli dell'aristocrazia europea.
Era consuetudine per questi viaggi che portavano ragazze adolescenti di buona famiglia in giro anche per mesi per il vecchio continente, al fine di “salvaguardare” la loro rispettabilità e onorabilità, affidarle a un “chaperon” (in antico francese letteralmente “cappellone”), cioè spesso una anziana signora quasi sempre colta, di sicuro esperta e disponibile a viaggi più o meno lunghi.

Ecco che arriva in Italia per la prima volta in qualità di chaperon la nostra Henriette a 68 anni suonati, donna matura anzi già anziana ma sempre pronta a salire sullo strapuntino di una carrozza che puzza di cavallo o in un vagone letto di prima classe affumicato da una locomotiva chiassosa e sbuffante.

Null’altro sappiamo e mai sapremo cosa avrà fatto, detto o scritto in questo “breve” viaggio nella Penisola che durerà invece otto lunghissimi anni.

Non sapremo mai se la contessina sia stata discepola perfetta o inquieta bizzosa adolescente, non sapremo mai le sensazioni che di sicuro Henriette avrà provato in quegli anni. Pompei ed Ercolano, Napoli, Capri e il Vesuvio, Roma, Firenze, la Sicilia normanna e barocca erano le mete preferite e irrinunciabili di quella nobiltà emula dei Grandi Viaggi di Goethe e Stendhal, e Henriette non fu di sicuro da meno in quegli anni. Di sicuro non pensò affatto di prendersi la decisione di rientrare nella terra natia, la nebbiosa e fredda terra prussiana, terra nella quale aveva lasciato bruciati irrimediabilmente amore e averi, trovandosi senza più legami certi se non sé stessa e i suoi ricordi.


Il sei agosto del 1889, alle ore tre e quarantacinque del pomeriggio, in una giornata immaginiamo piena di caldo afoso, mentre una locomotiva con due vagoni transita sul muraglione della ferrovia sul Serchio all’ombra della Rocca, in una casa al numero tre e non sappiamo in che via, a Ripafratta, Henriette Elisa Auguste Ernestine Von Bosse Baronessa Treusch von Buttlar-Brandenfels, muore.Finisce una vita vissuta, si chiudono gli occhi di una donna sul mondo incontrato nei suoi lunghissimi anni.
Non sappiamo riferirvi altro sul come visse e dove visse qui da noi, se non che risulta residente a Pisa, non sappiamo dirvi chi frequentò, chi fossero i suoi amici e conoscenti, se non riportarvi i nomi dei due testimoni il decesso che il giorno dopo si recarono in Comune ai Bagni di San Giuliano a dichiararne la morte; Elvira Farnesi, 38 anni, sarta di Pisa e Teodoro Della Croce, 46 anni di Molina di Quosa, guardia comunale, di sicuro estraneo alla Baronessa ma convocato sul momento come testimone.


Altro non sappiamo.

Ci rimane come ultimo atto la piramide grigia di cui all’inizio della storia che immaginiamo fu commissionata a distanza da parenti prussiani o da amici trovati da noi nella sua vecchiaia.

Rileviamo che nella scarna lapide ci sono ben due errori, uno, l’anno di nascita il 1815 anziché il 1813 e l’altro, il cognome Buthlar al posto di Buttlar, forse a riprova del fatto che chi commissionò l’opera funebre non fosse stato un conoscente troppo diretto, ma questo per noi rimane solo un dettaglio.

Rimane la fredda terra di San Martino, rimane la lunga faticosa storia di una donna nata duecento anni fa, rimane una parabola di una vita che parte da lontano e arriva ancor più lontano.

Rimane la parabola di tutto il Romanticismo tedesco che dallo Sturm und Drang, tempesta e impeto, arriva alla musa ispiratrice di un suo ultimo discepolo.

Rimane l'enigmatico tempo che non ci restituisce tutto ma che nemmeno ci oblia tutto.

Rimane il decadente questa volta luogo che è un freddo cimitero di campagna che incombe un giorno nella lotteria di una vita.

 

Ci basta osservare la piramide, lasciare un pensiero sfuggente, alzare gli occhi alla nostra campagna che in primavera si colora di fiori, alle nostre colline piene di ulivi d’argento, ai nostri monti feriti dalle cave di pietra che costruirono le nostre mura e la nostra città e le ossa dure murate con la calce di una piramide antica.

Vi giuro, da qui, non mi ero mai accorto quanto fosse romantico il nostro paesaggio.

Saluti deferenti, Baronessa Enrichetta.

 

Per la prima originale ricerca sul personaggio e sui fatti, un ringraziamento all’amica Annica Gelli.

Per la ricerca storico-documentale, un ringraziamento all’amico Gabriele Giachetti.

 

Bibliografia essenziale:

-Ernestine Von L. -König Jérôme und seine Familie im Exil, Briefe und Aufzeichnungen. Brockhaus, Leipzig 1870

-Ernestine Von L. -Palast und Bürgerhaus. Hermann Costenoble, Jena 1872

-Prinz Rosa-Stramin von Dr. Eduard Helmer, Kassel, im Verlag der J. Luckhardtschen Hofbuchhandlung, 1834.

 

Fonti Archivistiche:

-Rudolf Vierhaus (Hrsg.): Deutsche Biographische Enzyklopädie, Bd. 11-Archivio Digitale Stato Civile Comune dei Bagni di San Giuliano

 

Legenda Fotografica: 

1-Henriette Von Bosse, sposata Von Buttlar Brandenfels 2-Piramide scura, mausoleo. Camposanto di Pontasserchio 

3-Epigrafe su Piramide di Henriette Von Buthler 

4-Estratto da Enciclopedia Tedesca Scrittori di ogni tempo 

5-Koenig Jerome- Libro scritto da Ernestine von L. (Henriette Von Buttlar) 

6-Koenig Jerome- Frontespizio edizione originale del 1870 

7-Palast und Burgerhaus- Ernestine von L. -Frontespizio originale edizione 1872 

8-Castello di Schoenau presso Vienna 

9-Grande incendio di Meininger -Foto dell’epoca, 1874

10-Ernst Kock giovane

11-Ernst Kock adulto

12-Prinz Rosa Stramin -Romanzo- Frontespizio originale, 1834

13-Prinz Rosa Stramin -Romanzo- Copertina recente

14-15- Lapidi commemorative di Ernst Kock e Prinz Rosa Stramin

16-Atto di Morte Baronessa Enrichetta Von Bosse - Archivio Storico Digitalizzato del Comune di San Giuliano Terme.

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

27/4/2023 - 14:10

AUTORE:
Iris

Gentile sig. Stefano, sì può averla.

27/4/2023 - 9:36

AUTORE:
Stefano

Gentile Iris, autorizza questo Editore a fornirmi la sua mail?

stefabene@icloud.com

27/4/2023 - 8:20

AUTORE:
Iris

Buongiorno sig Stefano può rivolgermi le domande che crede, ma non so quanto posso esserle utile...proviamoci.

26/4/2023 - 22:31

AUTORE:
Stefano

Sono interessato, Gentile Iris, a porle qlc domanda. Grazie

25/4/2023 - 11:19

AUTORE:
Iris

Che storia interessante! Grazie, mi ha commosso non solo la bizzarra alterna sorte di questa donna che ha saputo adattarsi a tutti quegli improvvisi mutamenti, ma la ricostruzione della sua esistenza strettamente legata e dipendente dagli eventi e dai personaggi dell'epoca.
Per l'imput non mi meraviglio perche' un mio compagno delle elementari e autodidatta, sono anni che frequenta i cimiteri per ricostruire e capire storie linguaggi usanze che trapelano dall'osservazione accurata di lapidi e monumenti cinerari con conseguenti studi e ricerche.
Comunque sia è stato suggestivo questo viaggio a ritroso ed è proprio vero che ogni vita è unica e irripetibile!