Tornano, dopo la pausa estiva, i racconti storici di Franco Gabbani.
Un articolo, come per altri in precedenza, legato interamente alle vicende personali di una persona dell'epoca, una donna che ha vissuto intensamente una vita, ragionevolmente lunga, che potremmo definire di ribellione al ruolo che ai tempi si riconosceva alle donne, in aperta opposizione ai vincoli, alle scelte e al giudizio che la società di allora le riservava.
Nessun fiore che la Natura ci dà è brutto, sia spinoso, maleodorante o strano, e se lo fosse un motivo ci sarebbe, nulla è fatto per niente.
Questo è un esempio; l’Aristolochia, nella sua specie “rotunda”.
Il nome di questa specie proviene dalle parole greche Aristos = ottimo e Locheia = parto, per l’antica credenza popolare che questa pianta avesse potuto facilitare il parto. L'epiteto specifico si riferisce alla forma rotondeggiante delle sue foglie.
È chiamata anche “erba astrologa” per la tendenza dei fiori ad orientarsi con il sole (non credo proprio perché vive nella parte più ombrosa del bosco). Fiorisce da aprile a giugno e il suo fiore, allungato a stretto imbuto e di colore violaceo, intrappola gli insetti che non riescono più ad uscire a causa di peli posti al suo interno, come le altre specie ornamentali o esotiche. È una pianta tossica, che può causare la morte per arresto cardio circolatorio, ma veniva usata per favorire le contrazioni uterine pre-parto, oppure utilizzata come abortiva, diuretica, per favorire il ciclo mestruale, per contrastare la tosse o i vermi.
”A me mi piace”, nonostante tutto, perché le sue foglie sono il cibo specifico dei bruchi di una delle più belle farfalle che abbia mai visto, la Zerynthia cassandra (Cassandra). Endemico dell'Italia, questo lepidottero era fino al 2013 considerato una sottospecie della più conosciuta Zerynthia polyxena (Polissena), che invece è distribuita più a nord, ma morfologicamente sono indistinguibili (se non per la forma dei genitali maschili).
Ma questa è un’altra storia.
(lo zanzarone fa solo da comparsa)