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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani viene trattato un argomento basilare per la società dell'epoca, la crescita culturale della popolazione e dei lavoratori, destinati nella stragrande maggioranza ad un completo analfabetismo, e, anzi, il progresso culturale, peraltro ancora a livelli infinitesimali, era totalmente avversato dalle classi governanti e abbienti, per le quali la popolazione delle campagne era destinata esclusivamente ai lavori agricoli, ed inoltre la cultura era vista come strumento rivoluzionario. 

. . . altrimenti in Italia tutto il potere centrale .....
Sei fuori tema. Ma sappiamo per chi parli. . .
. . . non so se sono in tema; ma però partito vuol .....
Quelle sono opinioni contrastanti, il sale della democrazia, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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IMMAGINA San Giuliano Terme
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di Umberto Mosso
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di Riccardo Maini (vedi risposta al sig. Bertelli)
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Comunicato congiunto FdI, Lega, FI.
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“Interrogazione del consigliere provinciale Roberto Sbragia”
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Ripafratta, 25 maggio
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di Fabiano Corsini
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Prato
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Dal 17 al 19 Maggio ore 10.00 - 20.00
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Forum Innovazione di Italia Economy" II EDIZIONE
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Nei tuoi occhi languidi
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Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Maurizio Stefanini
Le sanzioni servono L’export di gas russo ha toccato il minimo storico e il rublo è in caduta libera

8/7/2023 - 13:35

Le sanzioni servono L’export di gas russo ha toccato il minimo storico e il rublo è in caduta libera

 

 Mosca ha venduto solo 12,1 miliardi di metri cubi di metano nei Paesi europei nella prima metà del 2023, perdendo così il mercato che rappresentava la sua principale fonte di entrate e provocando il crollo della moneta nazionale

Perdendo i tre quarti del proprio volume, l’export di gas russo verso l’Europa ha raggiunto il suo minimo da cinquanta anni.  «Il “ponte del gas” Russia-Europa, costruito ai tempi di Leonid Breznev e che per oltre mezzo secolo ha fornito al Cremlino superprofitti energetici, è stato infine consegnato alla pattumiera della storia», commenta il Moscow Times. Il dato evidentemente ha molto a che fare con un altro record storico. Quello di debolezza del rublo.

Secondo Reuters, nella prima metà del 2023 Gazprom avrebbe infatti pompato solo 12,1 miliardi di metri cubi di gas nei Paesi europei. Praticamente, con l’attacco all’Ucraina, Vladimir Putin ha perso il mercato che rappresentava la sua principale fonte di entrate.  Secondo il ministero dell’Economia, il prezzo medio del gas ai Paesi non Csi (“Comunità degli Stati Indipendenti”) nel 2022 era di ottocentotrenta dollari per mille metri cubi, mentre le forniture all’Europa potrebbero portare a Gazprom circa cinquantadue miliardi di dollari. Secondo l’analista di Bcs Ronald Smith, il prezzo medio delle forniture di gas russo quest’anno scenderà a quattrocentoquarantacinque dollari per mille metri cubi, mentre le esportazioni verso l’Europa e la Turchia scenderanno a cinquanta miliardi di metri cubi. Se Gazprom mantiene il volume delle consegne in Turchia al livello dello scorso anno – circa ventidue miliardi di metri cubi – l’Europa avrà ventotto miliardi di metri cubi e le entrate di Gazprom si ridurranno a 12,5 miliardi di dollari.

La dinamica indirettamente simile del calo dei ricavi delle esportazioni di Gazprom è confermata dai dati sul pagamento dei dazi all’esportazione al bilancio della Federazione Russa. Dall’inizio dell’anno, Gazprom non ha rivelato il volume delle esportazioni e il prezzo di vendita del gas ai paesi non Csi. Lo scorso anno, secondo il gruppo, i suoi ricavi dalla vendita di gas per l’esportazione, comprese accise e dazi doganali, sono aumentati del ventotto per cento a 7,3 trilioni di rubli a causa degli alti prezzi spot nel mercato europeo, che hanno compensato il calo delle forniture. Insomma, il sessantatré per cento di tutte le entrate. Le consegne di Gazprom in Cina quest’anno sono previste per un importo di ventidue miliardi di metri cubi, ovvero il quarantadue per cento in più rispetto allo scorso anno. Ma la loro crescita non compensa il calo delle esportazioni verso l’Europa. Al picco dei volumi di esportazione di Gazprom nel 2017-2019, le forniture del gruppo verso l’Europa avevano infatti superato i 170-175 miliardi di metri cubi, rappresentando oltre l’ottanta per cento delle vendite di gas ai Paesi non Csi.

Nel frattempo, appunto, giovedì il rublo è crollato a oltre centodue contro l’euro e novantatré contro il dollaro, toccando un nuovo minimo di quindici mesi. Da cui sarcasmi sulla raggiunta «parità» tra rublo e euro: nel senso di centesimo di euro. È effetto di un deprezzamento durato mesi che è stato ulteriormente aggravato il mese scorso, quando la rivolta armata di Yevgeny Prighzohin ha gettato i mercati nel panico. Ma la Banca Centrale russa ha ammesso giovedì che la ragione di lungo periodo per l’indebolimento del rublo è stato il calo dei proventi delle esportazioni. «Vediamo che quando il nostro tasso di cambio si indebolisce, sorgono varie cospirazioni su come [il rublo] sia deliberatamente indebolito per aumentare le entrate di bilancio… Ma dobbiamo guardare, prima di tutto, alle dinamiche del commercio estero», ha detto il governatore della Banca centrale Elvira Nabiullina.

Nabiullina è considerata una tecnocrate di altissima esperienza, che dopo lo scoppio della guerra è stata costretta a restare in carica suo malgrado ma è riuscita comunque a ammortizzare di un po’ i contraccolpi della crisi. Ha dunque spiegato come il rublo, dopo essere crollato oltre cento contro il dollaro quando è scoppiata la guerra in Ucraina, è riuscito a rafforzarsi lo scorso anno grazie a un’impennata dei proventi delle esportazioni e un calo delle importazioni. Tuttavia, ora la situazione si è invertita, poiché un forte calo delle esportazioni significa che molta meno valuta estera sta entrando in Russia.
«Se confrontiamo il conto corrente positivo nel primo trimestre [del 2023], rispetto al picco dello scorso anno, è diminuito di cinque volte, quindi il tasso variabile sta cambiando sotto l’influenza del commercio estero», ha aggiunto la Nabiullina.

Il rublo è stato scambiato con estrema volatilità nei sedici mesi trascorsi da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, mentre l’Occidente ha preso di mira le riserve di valuta estera di Mosca e le cruciali esportazioni di energia attraverso sanzioni progettate per paralizzare l’economia russa. La Nabiullina ha evidenziato i potenziali rischi inflazionistici derivanti dal continuo deprezzamento del rublo, sottolineando che di tali fattori si terrà conto durante la prossima riunione della Banca Centrale dove si deciderà se adeguare il tasso di riferimento, fermo al 7,5 per cento da settembre.





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10/7/2023 - 17:35

AUTORE:
Andrea

I vincoli delle sanzioni.
Questi dati non devono far dimenticare che le sanzioni sono soggette a vincoli non indifferenti. Non possono colpire in profondità prodotti chiave di varia natura in cui la Russia è rentier per la sua posizione nei mercati, pena lo sconvolgimento delle catene del valore globale: dall’oro all’uranio, dai diamanti al rame, passando per i fertilizzanti, ci sono settori dove le maglie sono ancora ampie. E in quest’ottica si preannuncia una difficoltà nell’estensione delle sanzioni stesse.

Se l’efficacia delle sanzioni alla Russia fosse una funzione potremmo definirla a forma parabolica: lieve nel breve periodo, crescente nel tempo ma con un vertice dato dai vincoli strutturali a cui sarà destinata a seguire un mordente minore legato alla capacità di adattamento di Mosca all’economia di guerra, alle mutate dinamiche del mercato globale e alla stessa capacità dell’Occidente di resistere ai costi – non indifferenti soprattutto per l’Europa – che mantenere un regime duro impone.

Nel 2014-2016 le sanzioni devastarono l’economia russa ma non la travolsero e Mosca dal 2017 al 2021 è riuscita a rilanciarsi. Oggi sanzioni ancora più dure stanno scontrandosi con la mobilitazione para-bellica del sistema industriale russo, con il legame con gli andamenti del conflitto sul campo e con un sistema globalizzato che ha preso le misure e lucra sulla rottura dei rapporti russo-occidentali. Chi cederà per primo? L’economia russa farà crac depotenziando la capacità di rifornimento della guerra in Ucraina? O l’Europa e gli Usa dovranno scontrarsi con l’impossibilità di mantenere un regime duro se l’inflazione resterà alta e la recessione colpirà l’Occidente? Dalla risposta a queste domande dipenderà chi vincerà il “gioco del pollo” delle sanzioni. Occorre capire quanto in là nel tempo la parabola avrà il suo flesso. E la scommessa russa è che questo si raggiunga il prima possibile. Ma prima di due anni di piena applicazione la storia recente insegna che è ancora prematuro dare giudizi definitivi.

Perché l’economia russa non crolla
Oggi la Russia sta subendo una dinamica paragonabile sotto diversi punti di vista. Le sanzioni si dimostrano più incisive sul medio periodo: le statistiche della Banca mondiale mostrano infatti che il dato reale di calo dell’economia russa è, paradossalmente, compensato proprio dalla guerra a Kiev. “Secondo la Banca mondiale, nel 2021 uno dei principali motori della crescita del Pil reale russo erano stati i consumi privati (+4,8%), mentre nel 2022 i consumi privati erano previsti in calo del 4,5%”, nota l’Economic Observatory.

Il calo del Pil reale russo nel 2022 è stato contenuto al 2022 ma “una combinazione di alta inflazione e una forte deviazione dell’attività economica verso la spesa pubblica, in particolare per la difesa (che dovrebbe rappresentare il 30% del bilancio pubblico nel 2023), mostra come una combinazione di continui sforzi bellici e sanzioni stia avendo un impatto significativo sul tenore di vita in Russia”. In altre parole, la guerra genera Pil che poi va “in fumo” sotto forma di impegno bellico in Ucraina, e questo deperisce i consumi privati, gli investimenti industriali e il benessere della popolazione.