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Anche per il 2024 si terrà il concorso ideato da MdS Editore dedicato al territorio e all'ambiente, attraverso le espressioni letterarie ed artistiche delle sezioni Racconto, Poesia, Pittura.tpl_page_itolo di quest'anno sarà "Area Protetta".Per questa dodicesima edizione, oltre al consueto patrocinio dell'Ente Parco Regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, che metterà a disposizione la bella sala Gronchi per la cerimonia di premiazione, partner dell'iniziativa saranno la Sezione Soci Versilia-Valdiserchio di Unicoop Firenze e l'associazione La Voce del Serchio.

Comune di San Giuliano Terme - comunicazione
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Prefettura di Pisa – Ufficio Territoriale del Governo
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Massimiliano Angori
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. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....

per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com

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Forza Italia Provincia di Pisa
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Di Umberto Mosso
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IMMAGINA San Giuliano Terme
I nostri candidati
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di Danilo Di Matteo
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da Museo del Bosco
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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C'è qualcosa, un tesoro
che tutti cercano.
Non è pietra preziosa
ne' scrigno d'oro:
si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
si aggiunge .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
di Mario Del Pero
Gli Usa e i tre cerchi della crisi

27/10/2023 - 10:27


Gli Usa e i tre cerchi della crisi


La crisi scatenata dalla brutale azione di Hamas del 7 ottobre sembra svilupparsi entro tre cerchi concentrici e strettamente interrelati: quello globale, quello regionale e quello locale. Con un solo attore, gli Stati Uniti, chiamato a confrontarsi con ognuno di essi.
La dimensione locale rimanda a questa nuova, terribile fase del conflitto israelo-palestinese. La risposta israeliana ai massacri perpetuati da Hamas è stata, e continua a essere, molto severa. I suoi obiettivi sono chiari: punire duramente Hamas, decapitandone leadership e quadri, e demolendone le infrastrutture; riaffermare la preponderante superiorità militare israeliana; nel farlo, ripristinare la credibilità dell’effetto deterrente di tale superiorità, in parte minata dall’incapacità di prevenire l’attacco del 7 ottobre. Gli Usa condividono questi obiettivi e forniscono mezzi e intelligence per permetterne il raggiungimento. Ma invitano Israele a rispettare una qualche minima proporzionalità della risposta che peraltro stride con la dottrina della rappresaglia israeliana, fondata invece sulla valenza preventiva della non-proporzionalità (per la quale la portata devastante dell’azione serve non solo a indebolire strutturalmente la controparte, ma anche a inibire future aggressioni). Crescenti sono le sollecitazioni statunitensi all’alleato israeliano – ultime in ordine di tempo quelle dell’ex Presidente Barack Obama – a rispettare il diritto internazionale e di guerra, e a limitare azioni che alimentano un’emergenza umanitaria già drammatica, rendendo ancor più difficile l’azione della diplomazia e alimentando l’ostilità del mondo arabo e di tanta parte di quello terzo.
Lo fanno, gli Usa, con un occhio innanzitutto al secondo cerchio di questa crisi, quello regionale. Il rischio di un’escalation è qui altissimo. E la storia ci ricorda che la spirale che trasforma conflitti potenzialmente circoscritti in guerre più ampie e drammatiche può generarsi anche in modo accidentale e non pianificato. Laddove Israele fosse chiamato a operare militarmente su più fronti – Gaza, alla frontiera con il Libano, nella stessa Cisgiordania per reprimere proteste e scontri – gli Usa si troverebbero sia a dover incrementare il loro sostegno all’alleato sia a fronteggiare la prospettiva di un diretto intervento dell’Iran, con gli alleati arabi di Washington che difficilmente fornirebbero aiuto. La dimensione regionale si manifesta però anche in un altro ambito, strettamente politico e diplomatico. Dove il grand design statunitense finalizzato a promuovere un dialogo arabo-israeliano che si sarebbe dovuto estendere alla stessa Arabia Saudita viene ora al meglio congelato. La questione israelo-palestinese torna insomma ad alimentare tensione e contrapposizione tra Israele e mondo arabo, complicando di molto la mediazione americana.
Con tutti i pericoli che ne conseguono. E con un effetto sul terzo e ultimo cerchio, quello globale. Su questo è opportuno, invero indispensabile, sottrarsi alle visioni allucinogene di una certa geopolitica – che immagina grandi cabine di regia del disordine mondiale a Mosca e addirittura a Pechino – o a letture molto binarie che leggono quanto sta accadendo come parte di una contesa planetaria tra democrazia e autoritarismo. Ciò premesso, i riverberi internazionali più ampi di questa crisi sono plurimi e in parte già visibili. Per l’amministrazione Biden diventa più difficile conciliare l’impegno su un nuovo fronte con la continuazione della politica di aiuti massicci all’Ucraina, e la retorica sovraccarica (e non poco problematica) utilizzata dal Presidente nel suo ultimo discorso al paese rimanda anche alla necessità di mobilitare l’opinione pubblica ed evitare le scelte richieste da parte del fronte repubblicano. In parallelo, diventa più difficile, molto più difficile, realizzare quello sforzo diplomatico promosso negli ultimi anni in risposta alla relazione sempre più stretta tra Iran e Russia da un lato e all’avvicinamento tra la Cina e l’Arabia Saudita dall’altro. E almeno sul breve, evidenti sono i vantaggi che ne possono trarre alcuni avversari di Washington, Russia su tutti.
I tre cerchi, si diceva, sono strettamente interdipendenti e si condizionano l’uno all’altro. È però quello minore, oggi, a essere decisivo, che le dinamiche, le forme e i tempi dell’azione militare israeliana a Gaza costituiscono la variabile cruciale destinata a influenzare tutte le altre. 
Il Giornale di Brescia, 25 ottobre 2023

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