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Domenica 12 maggio torna la Fiera di Paese a Migliarino
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Comune di Vecchiano
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A cura di Erminio Fonzo
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di David Allegranti
Riforme, qualcosa si muove anche nel centrosinistra: la proposta Ceccanti

28/11/2023 - 9:02


Riforme, qualcosa si muove anche nel centrosinistra: la proposta Ceccanti

ROMA (Public Policy) – Qualcosa sulle riforme si muove nel centrosinistra, finora rimasto inchiodato alle rivendicazioni della segreteria Schlein, che sul testo del premierato ha opposto un fiero e secco no perché foriero di derive autoritarie varie ma non eventuali. Stefano Ceccanti, docente di Diritto pubblico comparato alla Sapienza di Roma, ex parlamentare del Pd, da settimane spiega – insieme al collega, Francesco Clementi – che si può dire no a questa riforma senza essere contrario alle riforme.

Nel fine settimana, al convegno di Libertà Eguale, che si è svolto a Orvieto, Ceccanti ha proposto un articolato sul premierato non elettivo alternativo a quello predisposto dal Governo Meloni. E non casualmente a Orvieto è stato riproposto un intervento di Giorgio Napolitano del 2005 a Libertà Eguale, sempre a Orvieto, in cui invitava rispetto al progetto di Berlusconi di riforma costituzionale che fu poi bocciato nel 2006 a non limitarsi a dire No attestandosi sullo status quo.
“Il mio intervento consiste in una precisa proposta redatta in articoli come testo alternativo a quello predisposto dal Governo nella convinzione che occorra fornire un’alternativa innovativa in positivo, una ragionevole manutenzione istituzionale, sulla scia delle elaborazioni del centrosinistra sul premierato dato che, con tutta evidenza, la difesa dello status quo non appare una linea minimamente sostenibile”, ha spiegato Ceccanti. “Ricordiamo in particolare che la Tesi 1 dell’Ulivo del 1996, la base fondativa del centrosinistra nel secondo sistema dei partiti, operava tre scelte tuttora valide: situava anzitutto le riforme istituzionali all’inizio del programma, considerandole quindi come strumento necessario per perseguire le varie riforme nei vari ambiti; invitava a elaborarle come patto comune tra gli schieramenti; proponeva di adottare ‘una forma di governo centrata sulla figura del primo ministro investito in seguito al voto di fiducia parlamentare in coerenza con gli orientamenti dell’elettorato’ prevedendo ‘a tal fine… sulla scheda elettorale, l’indicazione – a fianco del candidato del collegio uninominale – del partito o della coalizione alla quale questi aderisce e del candidato premier da essi designato’”.
In continuità con quell’impostazione, ha detto Ceccanti, “la proposta qui esposta, al di là della concreta redazione delle norme, sempre discutibile quando si scende dalle scelte di fondo a norme puntuali, si basa su due scelte di fondo”. La prima è la seguente: “Al di là del fatto che si voglia costituzionalizzare in parte la formula elettorale o meno, un modello di premierato, che ha alla sua base la legittimazione popolare di maggioranze e Governi, è legato anzitutto a una legge elettorale a prevalenza maggioritaria. La prevalenza maggioritaria porta alla legittimazione diretta di una maggioranza, il doppio turno è la soluzione più ragionevole quando si parta da una situazione di frammentazione, dando all’elettore due possibilità di scelta, specie quando si decida di adottare meccanismi premiali”.

La seconda è la seguente: “Per disincentivare la caduta della maggioranza e del Governo legittimato dagli elettori senza adottare modelli troppo rigidi rispetto al Parlamento e al capo dello Stato, occorre adottare, con qualche ragionevole adattamento, le soluzioni previste nel testo costituzionale tedesco su fiducia, proposta di revoca, sfiducia, questione di fiducia e scioglimento”.
Questa la proposta di Ceccanti: l’articolo 1 (nuovo articolo 55) prevede l’adozione di sistemi elettorali selettivi congegnati in modo da produrre maggioranze omogenee tra Camera e Senato, con parlamentari collegati a candidati indicati sulla scheda alla carica di primo ministro.

Nel caso in cui il sistema comporti un premio in seggi per l’assegnazione del premio è richiesta la maggioranza assoluta dei voti validi, anche facendo ricorso a un eventuale secondo turno elettorale. Sulle leggi elettorali è ammesso il ricorso preventivo alla Corte costituzionale. È stabilito un tetto di due mandati consecutivi per il primo ministro. Il testo consente altresì la seduta comune delle Camere anche sulla base di leggi ordinarie, superando la tassatività odierna che la limita alle sole fattispecie individuate dalla Costituzione.

L’articolo 2 (nuovo articolo 88) esclude l’elezione anticipata di una sola Camera e inserisce un meccanismo di possibili elezioni anticipate quando il primo ministro sia stato sconfitto su una questione di fiducia, a meno che entro dieci giorni non sia scelto a maggioranza assoluta un nuovo primo ministro. Questa previsione corrisponde in sostanza all’articolo 68 della legge fondamentale tedesca. L’articolo 3 (nuovo articolo 92) cambia denominazione da presidente del Consiglio a primo ministro, inserisce la proposta di revoca dei ministri, stabilisce la modalità di nomina del primo ministro indicato prima del voto a cui sia legata una maggioranza di parlamentari, quindi legittimato direttamente dagli elettori anche se non eletto direttamente, e i casi in cui possa essere nominato un altro primo ministro a maggioranza assoluta. Corrisponde, nella sostanza, con alcuni adattamenti, agli articoli 63 e 64 della legge fondamentale tedesca (rapporto fiduciario che si instaura solo col primo ministro da parte di un’unica assemblea parlamentare, primo ministro che può proporre nomina e revoca dei ministri).

L’articolo 4 (nuovo articolo 94) parlamentarizza le dimissioni volontarie e inserisce la mozione di sfiducia costruttiva. Corrisponde in sostanza all’articolo 67 della legge fondamentale tedesca.
La novità introdotta da Ceccanti non è di poco conto, per il centrosinistra, che finora non ha elaborato niente in risposta all’idea di riforma di Meloni, sulla quale peraltro c’è dibattito anche nel destra-centro. Il filosofo Marcello Pera, senatore di Fratelli d’Italia, ex presidente del Senato, critico sul premierato, parlando con Quotidiano Nazionale, nei giorni scorsi aveva invitato i riformisti del Pd a farsi sentire e a non dire soltanto dei no: “Ho sentito la segretaria del Pd. Ha detto che Meloni vuole ‘comandare e non governare’. Ho l’impressione che dentro il Pd si stiano dimenticando la storia recente della sinistra. Perché il disegno di legge di un premierato molto forte lo presentò proprio il senatore Cesare Salvi nella commissione bicamerale di D’Alema.

 Come è possibile che ora se ne dimentichino? Anche D’Alema, come Renzi, non fa più parte del loro bagaglio?”. Le prime risposte alle domande di Pera, insomma, stanno arrivando.

(Public Policy)
@davidallegranti

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