L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Ho conosciuto Nicla Menchi perché ho letto un articolo sulla Voce del Serchio scritto il 17/9/2023 dalla mia amica Gavia intitolato “ Un Pezzo di Pane” Questa donna di 98 anni mi ha incuriosita subito e, così con Gavia sono andata a conoscerla nella sua Casetta delle Selve, un luogo misterioso rimpiattato nel verde bosco. La grande terrazza che ci ha ospitate nella bella giornata di sole, costeggia i monti e lo sguardo si smarrisce nella piana fino ad arrivare all’orizzonte dove si intuisce il mare. La casa non è più allo splendore di un tempo perché Nicla ormai non ci vede più e poiché era lei a fare e disfare il tutto, adesso la casetta si mostra agli ospiti con un po’ di nostalgia e malinconia nel cuore ma esprime ancora tutta la sua vitalità.C’è un bell’articolo del30/6/2018 sulla Voce del Serchio proprio dedicata alla casetta delle Selve La "Casetta delle Selve" Nicla si è fatta attendere perché voleva essere come sempre bella per i suoi ospiti, e così mi è apparsa: vivace, splendente come una stella del firmamento, camminava con gli occhi della memoria, gli abiti deliziosamente intonati sul rosa e lilla e un cappello di paglia a ricoprire i suoi corti capelli con un mazzo di fiori al lato della testa, la rendevano giovane ed esuberante. La mia amica le ha regalato il pane fresco che per Nicla un pezzo di pane è il grande miracolo della vita e, sedendosi lo ha abbracciato tenendolo in collo tutto il tempo dell’intervista, sgranocchiando la crosta ancora calda, gustando il profumo e la sua bontà. Le ore sono volate presto dopo tante domande fatte lei a me e io a lei, ho visitato la casa alla quale Nicla ha dato vita con quell’amore che solo una madre può dare alla propria creatura.Un’espressione di grande gusto e di raffinato artigianato, che Nicla ha reso possibile lavorando con le proprie mani all’arredamento, ai quadri dipinti che ammiriamo alle pareti; e poi sulle coperte, tappeti e molti, molti oggetti altri creati da lei stessa nel tempo. Sono tornata a casa dopo quelle ore ed ero esausta, perché conoscere Nicla è stato sconvolgente come una tempesta dopo una pioggia estiva che fa risaltare nel cielo i colori brillanti di un arcobaleno. Io ero soddisfatta come dopo aver mangiato frutti estivi succosi e gustosi appena colti dall’albero. Mi sono sentita nutrita dai racconti di una vita vissuta per un secolo. La mia testa era piena di parole da elaborare, un turbinio di emozioni da ricollocare, poiché la percezione era di avere appena conosciuta una donna che ha continuato a sbocciare per tutto il corso della sua lunga vita, si è attivata rinnovata e si è aperta al meraviglioso.Nel fluire degli eventi ho letto tutti i suoi libri e tutto quello che hanno scritto su di lei, per meglio interpretare le parole da lei dette nella la sua intervista e che io dovevo trascriverle per voi care lettrici e cari lettori. Mi prodigherò perché i suoi scritti siano consultabili anche nella biblioteca comunale di Vecchiano come contributo alla conoscenza di questa donna dalla vita avventurosa nella sua semplicità.
Cominciamo subito con questo suo raccontare di Nicla della sua vita:
Io, sono nata il 28 febbraio del 1927, nata da mamma Irene Corsini e babbo Giuseppe Menchi a Cireglio, sulla montagna Pistoiese. Mi hanno chiamata Nicla, mi fecero nascere all’ospedale di Pistoia perché la mia mamma era una donna povera e non poteva pagare né la levatrice né il dottore.
In quel giorno che nacqui io, all’ospedale, le infermiere e i dottori accolsero le urla vigorose anche di altre due bambine e tre bambini.
Il mio babbo lavorava in Corsica e per un incidente sul lavoro diventai orfana di padre a circa tre anni, mia madre cominciò a lavorare a servizio come serva lontana da casa così come si faceva a quei tempi io rimasi in famiglia dei nonni materni.
Più tardi la mia mamma si accompagnò con Amedeo, lui era un falegname e mi adorava, era una persona meravigliosa. Nonostante si amassero non si sposarono mai, perché altrimenti mia madre avrebbe perso la pensione di mio padre che era l’unica cosa rimasta di lui. La pensione la riscosse fino a 101 anni e con soddisfazione.
Ammiravo il mio patrigno, perché era un artigiano, da un pezzo di legno riusciva a tirar fuori un capolavoro io pensavo che fosse un mago. Il mio osservare tutti lavorare con le mani, aggeggiare, vangare, potare, innestare, fare… per costruire mi ha permesso di trasformare la mia curiosità in imparare a fare tutto.
Ogni compito che mi assegnavano i grandi, io cercavo di farlo al meglio delle mie possibilità e, il lavoro alla fine era sempre encomiabile. Quando ad esempio la maestra usciva di classe e mi lasciava come capo classe, tutte e tutti i miei compagni stavano buoni ad ascoltarmi perché io mi mettevo a raccontare le storie più strane. Mi rispettavano perché ero molto brava nello studio e aiutavo chi non comprendeva le lezioni, spesso e volentieri facevo copiare i miei compiti alle bambine dietro il mio banco… io ero proprio contenta di essere utile. Tutto per me era spontaneo come quando in una giornata nuvolosa poi piove.
Sentendo il bene che mi volevano i miei parenti e le persone intorno a me ho sviluppato la fiducia in me stessa, e piano piano ho accettato le sfide della vita, superandole con la mia forza e il mio coraggio, sono cresciuta accrescendo le mie qualità spesso inaspettate. Ero e sono ancora grata alla vita per avermi dato tanto di tutto, nel bene e nel male.
Questa grande attenzione nei miei confronti mi faceva sentire amata. La presenza di mia nonna nella mia vita è stata fondamentale, mi ha messo le radici e mi ha fatto crescere le ali per volare. Purtroppo in tempo di guerra ho perso troppo presto la mia nonna e con lei sono morti molti dei miei cari.
Ogni giorno è stato per me un’avventura, più delle volte (in senso metaforico) mi sono ritrovata a scegliere un albero pieno di spine e scansarle tutte per trovare un punto dove un germoglio faceva spuntare un fiore anziché una spina, ecco quel fiore mi ricompensava e mi perdevo nei suoi colori e i suoi profumi, lì vedevo quello che non c’era; leggevo la vita come se fosse una poesia.
Sicuramente il dopo guerra ha contribuito ad un cambiamento profondo nella vita sociale delle donne, e questo mi ha dato la possibilità di emanciparmi come persona, ero una ragazza bella ed intelligente, mi sposai con un pittore, ma il mio matrimonio è durato solo qualche anno. Imparai molto da quella esperienza.
La crescita economica dell’Italia mi permise sempre di lavorare. Prima lavoravo a Pistoia poi però mi spostavo in treno a Castelvecchio Pascoli e viaggiando incontrai il dottor Marcucci proprietario di tanti terreni. Conoscendomi mi trovò vivace e ingegnosa e per questo volle che lavorassi con lui in ufficio, i miei compiti erano i più diversi, avevo occhio e mani e sapevo affrontare e risolvere ogni problema che nasceva sul lavoro.
In quel periodo di indipendenza economica collocata in un ambiente misto tra donne e uomini cominciai a cucirmi delle gonne a pantaloni per sentirmi meglio a mio agio sul lavoro.
E siccome da cosa nasce cosa, presi a cucirmi vestiti, cappotti, abiti da sera, a far la maglia, a farmi le scarpe, a fare l’uncinetto, a ricamare, a farmi i cappelli, nel giro di mezzora se osservavo io imparavo a farlo. Non c’era una cosa che io non sapessi fare. Desideravo imparare, osservavo e poi facevo, riproducevo aggiungendo la mia fantasia e creatività.
La storia della mia povertà non mi faceva pensare troppo, le difficoltà, la sofferenza e la solitudine mi davano l’impulso a iniziare ogni giorno pensando alla continua evoluzione degli eventi e il continuo cambiamento che avveniva in me e… andavo avanti
Sono cresciuta all’aria aperta ed è stato un grande privilegio, perché giocando e osservando l’ambiente esterno ho imparato saper aspettare, il cambio delle stagioni e quello che ognuna di loro mi regalava ogni anno. In natura ho conosciuto il piacere del silenzio per poter ascoltare i suoni di un linguaggio diverso da quello degli esseri umani. In natura a contatto con gli animali in alcuni momenti avevo la sensazione immensa di essere libera.
Forse è per questo che con il tempo mi sono sentita depositaria di un sapere da condividere.
Negli anni quando ho voluto dipingere ho dipinto, quando ho voluto scrivere ho scritto, quando ho voluto fare le marmellate ho fatto le marmellate, e quando ho visto questa casa poggiata sulla roccia ho deciso che sarebbe stata la mia dimora, nel tempo anche un rifugio per le persone di tutto il mondo, diventando così una albergatrice a più di sessant’anni.
Non c’è stato un momento di esigenze, c’è stato solo grandi desideri. Io non ho mai fatto niente per sembrare, io sono sempre stata me stessa, ho sempre agito con una grande libertà esistenziale, dove la mia intimità aveva la necessità di manifestarsi. Tutto nasceva spontaneamente ad una età avanzata è arrivato anche lo scrivere i libri e pubblicarli, libri dove i miei pensieri, le mie immaginazioni hanno preso vita, si sono messe in fila aspettando il loro turno per volare in alto e diventare parole, quel linguaggio affascinante che io ascoltavo da piccola dalla bocca di mio nonno che leggeva giornali e libri di grandi scrittori antichi.
Io oggi mi commuovo, come in questo momento in cui tu Paola di Spazio Donna mi stai intervistando, perché la gente mi accoglie come una donna importante, sono chiamata sui palchi per delle premiazioni, sono lusingata con parole e fatti, mi sento una regina e tanto sono grata all’universo per quello che mi ha insegnato. Faccio parte di quella testimonianza di una vita vissuta semplicemente, partendo dalla condizione di non avere nulla, che ha contribuito a incoraggiare la mia buona volontà per fare anche di più.
Oggi all’età di novantotto anni sono molto soddisfatta della mia vita, degli incontri della mia casa che rimarrà a promuovere l’amore che ha motivato il mio camminare su questa terra. Potranno accedervi tutte e tutti coloro che sentiranno il richiamo alla semplicità, la bellezza, la natura, l’arte perché queste sono una vera cura per le nostre anime.
Consiglio a tutte le donne di avere fiducia in loro stesse nelle loro qualità e capacità e di trovare il modo di poterle esprimere.
Concludiamo questa intervista con un -arrivederci a presto!-
Per conoscermi meglio le persone possono leggere i miei libri dove mescolo la realtà con la fantasia, “Il quadernone di Nicla” “Soprattutto buonu(a)more”, “Il triangolo e... altre geometrie” “La casa chiacchierina e i racconti di 'lei'”.
Voglio ringraziare a nome di tutte le lettrici e i lettori Nicla, per questo suo atto generoso di raccontaci la sua vita in modo più intimo.
Paola Magli