In questo nuovo articolo di Franco Gabbani viene trattato un argomento basilare per la società dell'epoca, la crescita culturale della popolazione e dei lavoratori, destinati nella stragrande maggioranza ad un completo analfabetismo, e, anzi, il progresso culturale, peraltro ancora a livelli infinitesimali, era totalmente avversato dalle classi governanti e abbienti, per le quali la popolazione delle campagne era destinata esclusivamente ai lavori agricoli, ed inoltre la cultura era vista come strumento rivoluzionario.
Mi son detto di buon’ora: o Erode o… coglione!
Fate vobis!
Continuiamo coi sonetti vernacolanti lasciando momentaneamente i piccoli animaletti in onore ai “nuovi ben arrivati”:
Anco ‘n capo a’ tignosi!
“Sai Nèri che sse trovassi du’ pioppini
da rifassi ‘olle sarcicce e cco’ fagioli,
venderei tordi merli e canarini,
piccioni magnani, chingh’e ttorraioli”!
“Te devi ma tiené’ d’occhio e ‘ontadini!
Vanni ghietro com’ er gatto a su’ figlioli
e ‘vand’arivi ‘n bonìfia alli stradini,
guarda ‘r pioppo rosiato dall’ ugnoli”.
“Sai Nèri che sse trovassi du’ porcini
da rifassi ar ragù con du’ taglioli,
daré via ‘r cane ‘r gatt’e ll’anatrini”!
“Te devi ‘ndà’ ‘ndove caschino e pinoli!
Lì ci saranno senz’artro ve’ funghini
intramezz’a cchi è scappato a’ mandrioli”!