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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani viene trattato un argomento basilare per la società dell'epoca, la crescita culturale della popolazione e dei lavoratori, destinati nella stragrande maggioranza ad un completo analfabetismo, e, anzi, il progresso culturale, peraltro ancora a livelli infinitesimali, era totalmente avversato dalle classi governanti e abbienti, per le quali la popolazione delle campagne era destinata esclusivamente ai lavori agricoli, ed inoltre la cultura era vista come strumento rivoluzionario. 

Sei fuori tema. Ma sappiamo per chi parli. . .
. . . non so se sono in tema; ma però partito vuol .....
Quelle sono opinioni contrastanti, il sale della democrazia, .....
. . . non siamo sui canali Mediaset del dopodesinare .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Dal 17 al 19 Maggio ore 10.00 - 20.00
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Forum Innovazione di Italia Economy" II EDIZIONE
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Valdottavo, 17 maggio
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Pisa: quartiere delle Piagge
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Pisa, 16 maggio
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Nei tuoi occhi languidi
profondi, lucenti
piccolo mio
inestimabile tesoro
vedo il futuro
il tuo
il presente
quello del tuo babbo
il passato
quello .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Giovanni Cominelli
Secondo Natale di guerra: l’Ucraina, l’Europa e il nuovo ordine mondiale

29/12/2023 - 9:28

ARCHIVIO EUROPA GUERRA E PACE IN EVIDENZA
Secondo Natale di guerra: l’Ucraina, l’Europa e il nuovo ordine mondiale

E così… è scivolato alle spalle anche il secondo Natale di guerra qui in Europa. Gli uomini di buona volontà hanno invocato in questi giorni la fine di ogni conflitto e il riconoscimento reciproco dell’umanità dell’altro. Ma a noi Europei di buona volontà tocca uno sforzo maggiore, cui ci invita papa Francesco: “ascoltare, discernere, camminare”.
Quali sono “i segni dei tempi”?
Dall’aggressione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, l’Europa è uscita dal ciclo storico di pace iniziato l’8 maggio del 1945.
Alle spalle sta la frammentazione di un ordine internazionale, composto tra il 1945 e il 1949, anno della Nato, durato fino al 1989. Le economie, le tecnologie, le culture, i movimenti di liberazione nazionale hanno, da allora ad oggi, manomesso le relazioni tra gli Stati-nazione. Emergono ora dal disordine mondiale post-1989 tre grandi potenze: una “antica”, gli USA, e due nuove: la Cina e l’India. In mezzo, potenze “locali”, dall’Indonesia, alla Nigeria, al Brasile, alla Russia… Continua ad esistere un’area semicontinentale economicamente molto sviluppata, un mercato ricco: è l’Europa, divisa in 27 Stati, e, pertanto, pressoché ininfluente rispetto alla costruzione di nuovi equilibri mondiali pacifici.


“RESTO DEL MONDO” CONTRO OCCIDENTE

Tuttavia, la faglia più profonda che si sta aprendo sotto di noi è essenzialmente quella tra “Occidente e “Resto del mondo”. Così duecentocinquanta esperti italiani, interpellati dall’ISPI.
Come sottolineato spesso da Andrea Graziosi, sotto la parola “Occidente” stanno realtà diverse e in divenire. L’Occidente di fine-Ottocento era inglese, francese e tedesco, l’Occidente post-Prima guerra mondiale era inglese, francese, americano, quello dopo la Seconda guerra mondiale è stato americano. Gli Usa hanno vinto la Seconda guerra mondiale e la Terza, quella fredda.
Dell’”Occidente americano”, di cui la NATO è una delle espressioni militari, Samuel Huntington aveva già presentito la fine in un saggio su “Foreigns Affairs” del 1993, in risposta a Francis Fukuyama, che profetizzava una società liberale universale: “L’Occidente non ha conquistato il mondo con la superiorità delle sue idee, dei suoi valori o della sua religione, ma attraverso la sua superiorità nell’uso della violenza organizzata militare. Gli occidentali lo dimenticano spesso, i non occidentali mai…. Nel mondo che emerge, un mondo fatto di conflitti etnici e scontri di civiltà, la convinzione occidentale dell’universalità della propria cultura comporta tre problemi: è falsa, è immorale, è pericolosa… l’imperialismo è la conseguenza logica e necessaria dell’universalismo”.
A correzione parziale di Samuel Huntington, Fabio Nicolucci osserva che i “non-occidentali” sono, viceversa, attratti dai nostri valori, ma odiano la nostra “governance”. Sono pieni di astio nei nostri confronti, in particolare, se parliamo di Africa.
Quel che è certo è che si stanno invertendo i rapporti di egemonia e di forza: l’Occidente storico, l’Occidente “bianco” che dal 1500 è corso alla conquista del mondo, oggi è in ritirata.


DEMOCRAZIA-AUTOCRAZIA: UN CONFLITTO REALE

L’interpretazione del conflitto, al momento pacifico, tra Usa da una parte e Cina, Russia, Iran ecc… quale contrapposizione tra democrazie ed autocrazie è considerata da qualche osservatore a sinistra solo una proiezione ideologica occidentalista e imperialista: ispirata esattamente dalla pretesa, denunciata da Huntington, di una superiorità della nostra cultura occidentale. Si sostiene che ciascuno Stato-nazione si autoregola come preferisce, si dota di proprie tavole di valore e di proprie istituzioni, mentre nessun altro Stato-nazione ha il diritto di esportare le proprie, imponendole con la forza.
Il problema però è che gli Stati-nazione non siedono in una pacifica agorà mondiale, limitandosi a discettare liberamente sul modo migliore di organizzare le loro società civili. La guerra non è ancora stata espunta dalla storia umana. Gli Stati-nazione e, prima dello Stato, gli Imperi, le tribù, i popoli hanno sempre fatto e fanno guerre di pura rapina coloniale e, soprattutto nel ‘900, guerre ideologiche, per imporre ai vicini e, se possibile, al resto del mondo la propria idea di società e di uomo, la propria civiltà.
“Democrazia” non indica solo un metodo tra i tanti possibili e tutti equivalenti per scegliere chi ci governa. Alla base del metodo democratico, sta originariamente l’Habeas corpus, cioè lo Stato di diritto, cioè un’idea della persona umana dotata delle libertà fondamentali. L’assetto istituzionale è conseguenza di quella tavola dei valori e di un’antropologia filosofica, che è l’essenza dell’Occidente storico. Il tentativo perseguito molte volte nel corso di 500 anni da potenze cristiano-occidentali di imporre quella tavola di valori con la forza economica e militare non le toglie valore il valore universale. E se quella tavola di valori, che ha generato la civiltà in cui viviamo, fosse oggi attaccata con le armi, avremmo e abbiamo il dovere di difenderla con le armi. È ciò che sta accadendo al confine tra l’Ucraina e la Russia. L’universalismo non è affatto imperialista. IL colonialismo e l’imperialismo sono un tradimento dell’universalismo.


LA CHIUSURA DELLA MENTE POPULISTA

I cittadini dei Paesi europei si illudono gravemente, se pensano che esista un ordine internazionale, nel quale la loro tavola di valori, le loro istituzioni, il loro Welfare possano durare per sempre, senza che partecipino attivamente alla costruzione di un nuovo ordine. Da Sergio Mattarella al Presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera a Mario Draghi è arrivato in quest’ultima settimana un appello stringente: trasformare l’Unione europea in un soggetto politico, capace di politica estera e di difesa, in grado di difendersi dalle minacce esterne e di esercitare un ruolo pacificatore a livello mondiale. “Stato europeo”, dice Draghi. “Stati uniti d’Europa” dicono altri. Continua, invece, a circolare in Italia e nei Paesi europei un’aria euroscettica. Essa nasce dall’ottundimento della mente europea rispetto ai cambiamenti dell’ordine/disordine mondiale. “Il popolo” dei populisti ha paura di perdere l’Welfare, se investe risorse in sicurezza e in istituzioni sovrannazionali. Le forze politiche populiste – da Fratelli d’Italia, alla Lega, al M5S a una parte della sinistra più radicale, che passa anche all’interno del PD – alimentano questo trend egoista e suicida, prigioniere di un meccanismo classico del declino: fare politica per prendere voti, invece che prendere voti per fare politica. Questo modo di fare politica, senza sguardo sul mondo globale, senza discernimento delle sfide ci farà arrancare, non camminare. Chiuderci nei propri confini non aiuterà a proteggerli.
 
Giovanni Cominelli

E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.







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