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La Pro Loco Ripafratta “Salviamo La Rocca” organizza per sabato 18 maggio una conferenza dal titolo “Crocevia di cammini - Il confine pisano-lucchese tra itinerari e cammini, beni storici, turismo sostenibile e volontariato culturale”. L’evento si terrà a Villa Roncioni, nel borgo di Pugnano, comune di San Giuliano Terme, alle ore 10

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di Mario Lavia
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di Biancamaria Coli seg. PD Circolo di Nodica
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di Umberto Mosso
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IMMAGINA San Giuliano Terme
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Crollo mura di Volterra; mozione di Pieroni (Pd)
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A cura di Erminio Fonzo
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da Museo del Bosco
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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Dal 17 al 19 Maggio ore 10.00 - 20.00
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Forum Innovazione di Italia Economy" II EDIZIONE
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Valdottavo, 17 maggio
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Pisa: quartiere delle Piagge
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Pisa, 16 maggio
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
di Claudia Fusani (a cura di Bruno Baglini, red Voce del Serchio)
Tra non risposte, omissioni e mezze verità: fact checking su tre ore di risposte della premier

5/1/2024 - 12:35

Tra non risposte, omissioni e mezze verità: fact checking su tre ore di risposte della premier

Molto vaga sui dossier economici che sono quelli più urgenti: “Taglieremo la spesa, non aumenteremo le tasse, Privatizzazioni per venti miliardi in tre anni”. Rassicurante con gli alleati: “Tra di noi tutto bene” e difende Salvini. Europee: “Mi candido se lo fanno anche gli altri leader”. Manca però la visione di paese. Una conferenza da leader della maggioranza e non da capo del governo

di Claudia Fusani   05-01-2024 - 08:09
Nel combo varie espressioni di Meloni durante la conferenza stampa (Ansa)

Chiude un anno difficile, ne inizia un altro con ancora maggiori sfide a livello interno ma soprattutto internazionale, aspetti la conferenza stampa dal 21 dicembre, arrivi a oggi a forza di rinvii ed è ovvio che sarebbe stato assai più difficile scansare domande in quei giorni, ti aspetti che almeno ne esca un’idea di paese, un progetto politico, una visione collettiva. Nulla di tutto questo. Siamo andati alla conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni armati delle migliori intenzioni: ascoltare, prima di tutto, non fare polemiche su argomenti laterali, fissare l’attenzione sui dossier che contano, economici e sociali. Il Presidente Mattarella ne ha elencato alcuni nel discorso di fine anno: la sanità, il lavoro mal pagato e non qualificato al netto del fatto che aumentino i tassi dell’occupazione, i giovani delusi, gli studenti non motivati, gli anziani. E invece nulla.
O, meglio: la premier prende voto 3; la leader della maggioranza prende 7 a forza di dire - e sappiamo tutti che non è vero - che va tutto bene, che la maggioranza è forte e coesa.

Così ancora una volta, dopo il secondo rinvio (quanto sarebbe stato più scomodo l’incontro con i giornalisti il 21 o il 28 dicembre) la conferenza stampa di fine anno della Presidente del Consiglio invece di essere un momento della verità al servizio dei cittadini si è trasformata in tre ore di pura propaganda. Il momento della verità oggi era più che mai necessario perché Meloni non parla dal 18 dicembre e in questo paio di settimane è successo di tutto tra Mes, Patto di stabilità, legge di bilancio, inchiesta Anas, discorso del Capo dello Stato e il deputato sparatore eletto con Fratelli d’Italia. Invece sono state oltre tre ore di parziali verità, non risposte quando palesi bugie. Addosso un tailleur pantaloni color panna, la premier ha tenuto per tre ore e quattro minuti compresa la pausa pipì (“scusate ma non riesco per altre tre, quattro domande, devo andare a fare la pipì, mi perdonate vero”), è stata spesso accigliata, sguardo altrove, qualche smorfia, molti salti logici e qualche oggettiva falsità.
Una premessa
E’ necessaria una premessa: la formula della conferenza stampa, organizzata da Ordine dei giornalisti e Stampa parlamentare a cui va il ringraziamento per garantire ogni anno questo importante appuntamento, prevede che il giornalista non possa in alcun modo commentare la risposta ricevuta - esauriente oppure no, soddisfacente oppure no, non pertinente - perché in questo modo si toglierebbe spazio agli altri colleghi sorteggiati (in genere più di quaranta). Con questa formula, senza contraddittorio, un abile leader politico sa come fare lo slalom tra problemi veri altri meno urgenti, tra il rinvio dell’assunzione di responsabilità e la negazione del problema. Dice quello che vuole che tanto nessuno lo ferma. Meloni ci sa aggiungere anche un po’ di vittimismo mescolato al virus dell’accerchiamento: “Ogni giorno mi devono far pagare qualcosa”. Un Presidente del Consiglio risponderebbe, invece, nel merito ad ogni domanda. Semplicemente perché è il suo dovere.
Tasse, risorse, regole europee
Questi temi sono stati al centro di almeno cinque domande, a cominciare dalla prima. Sono il cuore del programma di governo, delle ultime settimane e certamente dei prossimi mesi. Dove trovare le risorse per il 2025, dossier a cui il governo deve lavorare subito perché in aprile, tra 90 giorni, dovrà presentare il Documento di economia e finanza (Def)? “Eh ma abbiano appena chiuso la legge di bilancio, ci dia tempo no” ha provato a scherzare la premier “dimenticando” che la programmazione è triennale e i fondamentali devono essere chiari per i tre anni. Altrimenti non si chiamerebbe programmazione. Servono 32 miliardi solo per confermare le misure tanto esaltate in questa legge di bilancio (taglio del cuneo, riduzione Irpef, sconto canone Rai), rispettare le nuove regole europee sul Patto di stabilità (riduzione di un punto di deficit e politiche invariate). In questi 32 miliardi - da trovare - non rientra assolutamente altro a cominciare dalla lista di urgenze indicate dal Capo dello Stato nel discorso di fine anno: soldi alla sanità, per gli stipendi che sono poveri e il lavoro qualificato, per i giovani e per gli studenti.
La premier è arrivata a rinnegare la logica a pacchetto (dal contenuto del Patto di stabilità dipendeva anche il voto del il Mes) di cui ha invece parlato per mesi. E’ stata vaga sulla necessità o meno di una manovra correttiva già in aprile: “Non lo sappiamo ancora, è prematuro” ma tutti gli analisi dicono che è più che probabile visto lo stato dei conti pubblici. E vaga soprattutto sulla reperibilità delle risorse: dove le prenderà, più tasse o più tagli alla spesa pubblica? Meloni si è un po’ stupita per queste domande ripetendo: “E’ presto, c’è tempo per pensarci”. Ha detto di preferire il taglio della spesa pubblica (“abbiamo fatto un taglio di 7 miliardi”) all’aumento delle tasse: peccato che nella legge di bilancio appena approvata tra ritorno dell’Iva in bolletta, ritorno al 22% su beni per la prima infanzia e altre misure ci sono ben nove microtasse in più. Ha suggerito di essere “un po’ positivi come suggeriscono l’andamento di spread, indici di borsa, tasso di occupazione”. Le risorse arriveranno da crescita (“abbiamo dati migliori dello 0,6 di Bankitalia”), riduzione “voglio sperare” dei tassi della Bce “che incidono così tanto sulla nostra spesa per interessi”, privatizzazioni, ben venti miliardi in tre anni.
La bugia: i tagli di sette miliardi hanno riguardato per lo più enti locali (stanno venendo fuori in questi giorni uno dopo l’altro: a Firenze hanno tolto due milioni all’Istituto degli Innocenti, da secoli un presidio per l’infanzia e le famiglie), comuni, province e regioni che si trovano con tagli ai servizi, ad esempio il trasporto pubblico per cui dovranno a loro volta reperire risorse. Il taglio che la premier porta ad esempio riguarda le detrazioni delle famiglie (i 260 euro), la previdenza, la sanità (i payback) poco o nulla i ministeri che invece continuano ad ingrassare con personale in aggiunta (due milioni in più all’Agricoltura dopo che aveva già fatto incetta di personale nei mesi scorsi). Le mezze verità: i 20 miliardi di privatizzazioni previsti non è chiaro ancora da dove possano arrivare. Magari Poste, forse Ferrovie, non si parla di Rai (“Telemeloni? Ma per favore. La Rai è la principale azienda culturale di questo paese, guai paragonarla a tv private generaliste”). Una cosa è certa: “Non faremo regali miliardari ad imprenditori bene inseriti. I privati potranno entrare in quota minoritaria, lo Stato continuerà a controllare quello che è strategico”.
Garantismo a la carte
Sul caso Pozzolo la premier sperava - forse - di poter iniziare la conferenza stampa dando così quella che poteva sembrarle una notizia. In realtà ha detto il minimo sindacale su una vicenda vecchia di tre giorni e su cui avrebbe dovuto commentare subito. Qui è il tempismo della risposta ad essere sbagliato. “Chi detiene un’arma deve essere responsabile, Pozzolo non lo è stato. Ho dato mandato ai Probi viri del partito di valutare l’espulsione”. Non una parola sul fatto che il fedelissimo Delmastro si trovi spesso al centro di situazioni come minimo border line; che non è opportuno coinvolgere la scorta (polizia penitenziaria) in feste private; che il deputato di Fdi abbia mentito più volte in 48 ore. “Un problema con la mia classe dirigente? Sono abbastanza stufa di questa critica”.
Il tema emerge anche parlando dell’inchiesta Anas. Difende Salvini: “Non vedo perchè debba andare in aula, i fatti sono relativi al precedente governo”. Dimentica del tutto il ruolo del sottosegretario Freni, lega, sottosegretario all’economia nel passato governo e oggi, e su sui, per quanto non indagato, stanno emergendo profili poco esaltanti (richieste di varie utilità alla società del giovane Verdini). “Non ho nulla da temere perchè lobbisti e affaristi con noi hanno vita difficile. Anzi, non escludo che molti attacchi nascono anche da questo”. Quando poi le viene chiesto - due ulteriori domande - di spiegare meglio a cosa si riferisca, ha tagliato corto: “Non sono ricattabile vuol dire che non mi spavento, io sono il premier e decido io, non mi faccio indirizzare in alcun modo nelle scelte, nè con modi legittimi nè illegittimi. Non mi spavento, preferisco cento volte andare a casa. Questo non vuol dire che altri lo facciano. Su questo non ho altro da dire”.
Meloni ha poi detto di non aver mai chiesto le dimissioni di nessuno. Falso. Lo ha appena fatto in questa stessa conferenza stampa a proposito del giudice contabile Degni (“nominato da Gentiloni”) che in un post social ha attaccato il centrosinistra perchè ha accettato la legge di bilancio così com’era, senza fare ostruzionismo e senza arrivare all’esercizio provvisorio. “Non sta a me die cosa fare, mi chiedo però come uno così possa garantire la terzietà nell’esercizio delle proprie funzioni. Cosa ha da dire la sinistra su questo?”.
La premier quando era capo dell’opposizione ha chiesto le dimissioni ogni volta che ha potuto. Ai tempi del governo Renzi le pretese, e le ottenne, dell’allora ministro Guidi sulla base di un’inchiesta (Tempa rossa) che si sgonfiò in poche settimane.
Premierato e altre riforme
Sulla riforma costituzionale si è limitata a dire che è nel programma del centrodestra, che serve a dare stabilità, che non vengono toccati i poteri del Presidente della Repubblica e che, in ogni caso, “il referendum non riguarderà me e il mio futuro politico. Non faccio quello che fece Renzi”. Neppure un cenno al fatto che fior fiore di costituzionalisti dicono il contrario nel momento in cui il Capo dello Stato avrà gioco forza meno potere non essendo eletto del popolo come il premier e non potrà più gestire le crisi di governo che avranno un iter obbligato. Al tempo stesso però dice anche di non aver messo testa alla legge elettorale: “Vedo solo due condizioni: le preferenze e lo sbarramento per aver accesso al premio di maggioranza”. Come se metterlo al 25% o al 40% fosse la stessa cosa. In questo caso non si tratta di bugie ma di omissioni e parziali verità. Gravi perchè mandare avanti la riforma costituzionale senza aver chiarito la legge elettorale è un azzardo. La premier ha tenuto il punto anche sulle Autonomia (“sarà legge nei primi mesi dell’anno”) e sulla riforma della giustizia, cioè sulla separazione delle carriere tra giudici e pm. Un’altra riforma costituzionale che impegnerà il Parlamento in quattro diverse letture. E’ convinta, lo dice, che sia questo il modo per risolvere il problema della giustizia in Italia, una delle prime cause con la burocrazia, che tiene lontane imprese e investimenti. Non una parola invece sul fatto che servirebbero più personale e più mezzi per far funzionare gli uffici. “Attrarre gli investimenti stranieri (alla luce anche delle incertezze di Intel, ndr) è qualcosa su cui ci dobbiamo impegnare. Lo farò nell’anno appena iniziato”.
Immigrazione
Anche qui, più omissioni che bugie. Il Piano Mattei ancora non sappiamo in cosa consista (“non voglio dirlo qua”). Sono “consapevole che i risultati di questo anno non sono quelli attesi. Il nuovo Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo va bene ma non è la soluzione che consiste nel limitare il più possibile le partenze per avere in cambio un’immigrazione qualificata come quella prevista dal decreto flussi per tre anni”. Peccato che quel decreto non funzioni visto che solo il 30% riesce poi ad avere un contratto di lavoro stabile. “E’ vero - ammette – dobbiamo semplificare e potenziare. Lo faremo”.
Su Europa, Draghi e Eloon Musk
Non ha ancora deciso cosa fare circa la candidatura alle Europee (“dipende dagli altri leader della coalizione, è corretto farlo insieme, a me piace sempre il confronto con le urne”), lascia sospesa la candidatura di Draghi (“inutile adesso il totonomi, il tema adesso è quale Europa vogliamo” e la sua non è quella federale che ha in mente l’ex premier ), apre a tutte le coalizioni “tranne Afd e Socialisti” pur di “cambiare le cose in Europa” ricordando il caso del Pis polacco (nei Conservatori che lei presiede) che votò Ursula von der Leyen. Cerca di ridimensionare Eloon Musk (“un visionario che è giusto conoscere”), che invece ha più volte invitato a palazzo Chigi oltre che alla festa del partito.
Chi sperava che da questo primo appuntamento dell’anno venisse fuori il progetto e la visione del Capo del governo per l’anno che verrà, è rimasto deluso. Chi cercava la leader della maggioranza, abile a mettere nel mirino l’avversario politico (attacchi e sarcasmo con Pd e Cinque stelle) e a fare la vittima ha trovato una Giorgia Meloni in perfetta forma.

Ha detto che tra loro va tutto bene e che “non ci sarà alcune rimpasto”. Quasi stucchevole.









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