Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
SERVIREBBE?
Le Regioni erano state pensate dai costituenti come articolazioni di uno Stato decentrato. Dovevano servire da cerniera tra le Istituzioni nazionali e un nuovo sistema di governo che avesse i Comuni come motori dello sviluppo territoriale locale.
Per questo alle Regioni furono attribuiti poteri di programmazione e controllo, non di gestione.
Viceversa nel corso degli anni le Regioni, con la complicità di parlamenti e governi senza uno straccio di visione sulla trasformazione futura dello Stato nel contesto europeo e globale, si sono trasformate in un ibrido istituzionale, acquisendo poteri di gestione a danno dei Comuni, che si sono visti sottrarre poteri e risorse.
L’esempio più macroscopico è il Servizio Sanitario Nazionale, la cui gestione era attribuita dalla riforma sanitaria ai Comuni, che dovevano partecipare da protagonisti alla programmazione dei servizi per tramite delle Regioni, che invece sono stati esautorati da modifiche di legge successive è finendo in mani regionali.
Oggi, l’abbiamo verificato con la pandemia e lo costatiamo nell’assenza di servizi - specie di prevenzione – diffusi nei territori, abbiamo venti differenti servizi regionali, con risorse mal distribuite e in molti casi mal gestite, con spese ineguali come i livelli di assistenza che producono ineguaglianza di trattamento ai cittadini.
Sarebbe servito più potere di programmazione e controllo al centro e maggiore gestione decentrata ai Comuni. Invece sono state cancellate le Province che hanno, singole o associate, la dimensione territoriale più adatta al raccordo tra Stato e Autonomie Locali.
Questo è avvenuto, detto all’osso, perché le forze politiche di più salda cultura autonomista, collocate in specie a sinistra, hanno ceduto all’assalto della Lega che speravano di contenere elettoralmente approvando una serie di riforme sbagliate, come quella del Titolo V della Costituzione. Si è consentito alle Regioni di esercitare un nuovo centralismo oppressivo per gli Enti Locali, un freno allo sviluppo economico locale, una fonte di spreco finanziario e di tasse ulteriori per i cittadini.
Siamo talmente abituati a questo scempio che chiamiamo governatori i presidenti regionali, un titolo inesistente.
Ora la Lega, profittando dello smottamento politico e istituzionale che le è stato regalato sperando stupidamente che se ne saziasse, mette sul piatto lo sfascio finale con la modifica costituzionale che consentirebbe la, così detta, Autonomia Differenziata.
Basta questa definizione per capire che un Paese come il nostro, dove molto è da ricucire, dove in ampie zone la coesione sociale è inesistente o a rischio, dove ci sono acute disuguaglianze da superare, per capire che la ricetta è letale. Anche alcuni “governatori” di sinistra hanno deciso di lasciarsi andare alla corrente dell’ognun per sé.
La destra nazionalista di Meloni ha deciso di svendere la sovranità della sorella Italia per non perdere il potere che l’appoggio della Lega le garantisce. Saluti romani a Roma e competizione rinviata nei pezzi sparsi.
Servirebbe ricordare la riforma costituzionale del 2016 che avrebbe posto un argine anche a tutto questo? Servirebbe dire che se quella riforma fosse stata approvata oggi avremmo più sostegno nella difesa dell’unità nazionale?
Servirebbe capire che, allora, votare in modo irragionevole ha interrotto un processo di riforma dello Stato che è andato solo a vantaggio della destra?