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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
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È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Mario Lavia
Tafazzissmo forte-Il disfattismo fatalista del Pd e le riforme istituzionali a convenienza

5/2/2024 - 9:18

Tafazzissmo forte-Il disfattismo fatalista del Pd e le riforme istituzionali a convenienza


Il partito di Schlein da sempre vuole rafforzare i poteri del premier, ma adesso tentenna perché pensa che rivincerà Meloni, comunicando all’esterno e all’interno di non avere una vera possibilità di competere alle elezioni

C’è qualcosa di paradossale nell’atteggiamento mentale del Partito democratico sul premierato. Da sempre favorevole al rafforzamento della figura del presidente del Consiglio (nelle Tesi dell’Ulivo e nel testo Salvi della Bicamerale D’Alema), adesso è come se avesse paura di lavorare per il re di Prussia dotando Giorgia Meloni di prerogative ancora più ampie, sia con l’elezione diretta ma anche con la semplice indicazione sulla scheda elettorale. Insomma, l’idea è giusta ma non con la leader della destra in campo. Un’obiezione a questo modo di pensare è che se una certa riforma è ritenuta opportuna lo è per il Paese e non per questo o quel leader; ma l’aspetto psico-politico più inquietante è un altro, cioè che pensandola in questo modo il Pd comunica a se stesso e quindi anche fuori che Meloni vincerà le prossime elezioni – da qui discende la paura di darle troppo potere – mentre avrebbe più senso dire: è opportuno dotare il premier di maggior peso anche perché la prossima volta a palazzo Chigi andremo noi. 
È ovvio che il realismo obblighi il partito di Elly Schlein a fare i conti con una situazione che attualmente vede il centrosinistra in grande difficoltà rispetto alla destra meloniana. Ma questo non dovrebbe condurre un partito serio ad augurarsi che le riforme non si facciano perché agevolerebbero la presidente del Consiglio in carica: sarebbe la riproposizione della vecchia logica del tanto peggio tanto meglio. 
Il che non significa che si debba aderire alla molto pasticciata proposta del governo. Vuol dire però disporsi a una battaglia parlamentare con buoni emendamenti attorno ai quali costruire una massa critica decisiva e cercando di insinuarsi tra le perplessità in seno alla stessa maggioranza. Invece talvolta sembra predominare un atteggiamento controvoglia, «non c’è niente da fare», scegliendo nient’altro che la via del referendum nella convinzione di farne la madre di tutte le battaglie contro la destra, una specie di tempi supplementari delle elezioni politiche con in campo Meloni contro Resto del mondo. Una consultazione dunque tutta politica, magari impropriamente giocando la carta-Mattarella (se passa la riforma il presidente della Repubblica conterà meno del presidente del Consiglio) facendo credere che egli potrebbe dimettersi – ipotesi che non esiste. 

Questo atteggiamento mentale un po’ fatalista, non vorremmo dire disfattista, si scorge nelle parole non ufficiali di tanti esponenti dem, di cui si coglie lo smarrimento più generale davanti al vicolo cieco di una strategia delle alleanze indecifrabile – né con Conte né senza Conte – che di fatto cristallizza il ruolo marginale del Pd nel quadro politico. Di qui un senso di impotenza. Quasi di rinuncia. Aspettando i tempi supplementari, se mai verranno.





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Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

6/2/2024 - 16:56

AUTORE:
Dispetto

...c'è sempre un referendum in agguato...

5/2/2024 - 13:44

AUTORE:
Elettore

...già nel 2016 Berasani rispose a Renzi: con la tua riforma succederebbe come per i sindaci che chi perde va a casa ed io a casa non voglio andare e però badò bene di votare si in Parlamento per 5 volte altrimenti il governo guidato dal suo segretario cadeva e tutti a casa.
Ricordo che Bersani non vinse le elezioni ma si ritrovò Letta suo vice (che le elezioni le aveva perse insieme a Bersani) PdC e pure nel governo di emergenza nazionale (senza elezioni) guidato da Draghi il PD e LeU ebbero 9 ministri.
Apparte alcune importanti modifiche che il disegno Renzi/Meloni han proposto, ma Meloni ha già risolto senza mettere il nome del candidato primier sulle schede elettorali; se perdeva con Letta il problema non la riguardava ma per parte sua stabilì una soluzione semplice: chi ha più voti è il naturale candidato PdC e li il PdR non poteva che accettare la proposta fatta anche dai "perdenti" Salvini e Berlusconi in favore di Giorgia Meloni.