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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
DIRITTO E LIBERTÀ - Scritto da Carmelo Palma
LA MORTE COME FINE. NAVALNY E LA NECROFILIA CRIMINALE DEL REGIME PUTINIANO

24/2/2024 - 11:17


LA MORTE COME FINE. NAVALNY E LA NECROFILIA CRIMINALE DEL REGIME PUTINIANO

DIRITTO E LIBERTÀ

Si sottovaluta sempre che i regimi totalitari sono assassini non solo perché non hanno in nessun conto la vita umana, ma anche perché hanno in gran conto la morte.

I totalitarismi sono necrofili e disseminano di morti il proprio cammino, come se fossero un crisma di potenza e di grandezza. La morte come liturgia, anzi come sacramento.
Che i regimi largheggino negli eccidi, molto oltre il limite del necessario e perfino dell’utile, non risponde solo a un principio di intimidazione degli altri, ma di affermazione di sé. Per questo i regimi non nascondono i cadaveri, come i banali delinquenti per cui la morte è solo un pericoloso incerto del mestiere, ma li esibiscono come fanno i mafiosi, i terroristi e tutte le organizzazioni criminali in cui la morte, così liberamente e sovranamente arrecata, ha in primo luogo un significato politico e diventa una paradossale, ma riconosciuta forma di “legittimità”.
Insomma, la morte nei regimi non è solo un mezzo, ma è in primo luogo un fine e anche quella di Navalny, oggi decretata dal Cremlino, non sfugge a questo destino. Putin può uccidere chiunque quando vuole e questo è un fatto che precede e eccede qualunque omicidio o massacro compiuto nel suo nome. Però, il tempo e il modo in cui Putin organizza il calendario e il mansionario dei boia è sempre, ad un tempo, di un’ostentazione sfacciata e di un significato enigmatico, come di un potere che quanto più è assoluto e visibile, tanto più diventa indecifrabile e temibile.
Tutti a chiedersi perché abbia ammazzato Aleksej Navalny proprio oggi o perché abbia fatto ammazzare Anna Politkovskaja il 7 ottobre, innaffiando di sangue il giorno del suo compleanno. E magari il perché è solo fare impazzire tutti cercando un filo logico nell’arbitrio capriccioso del padrone della vita e della morte.
È tutto mostruoso, ma anche banale, routinario e burocratico, come ogni mostruosità in cui diventa labile e indistinguibile il confine tra la morte e la vita. Ma è anche tutto terribilmente “normale”, perché la psicologia del potere assoluto risponde immeditamente alla psicologia umana molto più di quanto avvenga in sistemi politici in cui nulla – comprese le scelte di vita e di morte – è semplicemente rimesso alla volubilità del tiranno.
Sono oltre vent’anni che l’Occidente assiste all’edificazione di questo sistema di morte, di questo regime di necrofilia criminale e fino a due anni fa la grande parte dei politici europei, per non dire della quasi totalità degli italiani, ha assistito a quel che accadeva dentro la Russia nella persuasione che nulla ne sarebbe uscito, di cattivo, “per noi” e che si poteva trattare con Putin con quel tanto di superiorità e deferenza per fare buoni affari, senza timore che la peste nichilista dai laboratori del Cremlino prendesse largo per ammorbare il mondo.
Putin è arrivato alla Casa Bianca, nel cuore delle cancellerie europee, si è comprato politici, diplomatici, giornalisti, manager, influencer e accademici in ogni dove, ha mandato i suoi sgherri a somministrare polonio e altri veleni nel cuore delle nostre democrazie. E noi non l’abbiamo visto arrivare, finché non ha messo migliaia di carri armati in fila e in marcia verso Kyjv.

 Da questo punto di vista Navalny, come Anna Politkovskaja, non sta solo sul conto delle sue, ma anche delle nostre colpe.

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