Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Due piccole creature della cucina nostrale, tese a esaltare le caratteristiche peculiari di due tipi di cavolo (la verza, detta qui cavolo bianco, e il cavolo nero (in antico detto brenciulo, nome che permane in area vecchianese).
La selezione darwiniana delle procedure di preparazione trova a Calci una particolare via, posto che il regista della coniugazione dei sapori è l'olio, in abbondanza (altrove, e a confronto, la zuppa pare più risciacquatura di tegame).
Quindi, dicevo, non un pastone dove dentro ci vanno tutti i cavoli possibili, ma due cose distinte, giocando proprio sulle caratteristiche delle due varietà prese in esame: e il gioco cominciava, e comincia, già dal soffritto. Cipolla, tanta, aglio, odori (carota, sedano, prezzemolo e basilico) nel soffritto della prima, prevalentemente estiva, aglio schiacciato, pepe e peroncino (chi lo ama) nella seconda. Sull'uno e sull'altro, il cavolo. Di quello bianco, si fa lo stracotto, cottura molto lenta, dell'altro si fa la strascicatura, a fargli prendere il color nero, aggiungendo poi il segreto dell'una e dell'altra: nella prima: il pepolino, varietà di timo, e nella seconda il finocchietto selvatico secco, che con il nero va a nozze. Entrambi, senza aver paura di esagerare.
L'olio di cottura, abbondante, si incarica del resto. Quando l'uno e l'altro cavolo dimostrano di esser pronti (per il cavolo bianco è più lunga,) si fa il passato dei fagioli, che abbiamo fatto prima cuocere in acqua salata, spicchio d'aglio, pepe a grani, tanta salvia e sale. Che fagioli? Piattella pisana, almeno per la metà, cannellini e borlotti, dividendosi la metà in proporzione 2 a 1, e quindi uguale per le due zuppe. Nel passato, inserire anche doppio concentrato di pomodoro, versando il tutto nello stracotto e nello strascicato, assaggiando e correggendo con zucchero l'eventuale acidità. Lasciar cuocere, ma con un occhio sempre al tegame, che il fagiolo è vigliacco: attacca a tradimento. Mentre quella di cavolo nero in un'ora se la leva, per l'altra il tempo è più che doppio. Ma la permanenza in lunga cottura complice l'olio abbondante, crea l'amalgama per cui alla fine, tutto è fuso in un'unica risultante di sapori.
A quel punto, bollente, è pronta per essere sminestrata: si prende il pane, lievitato naturale, di farine grosse (tipo 2), di grani toscani "resuscitati" dal dimenticatoio, si taglia il pane a fette sottili di un cm. max. e si coprono nella zuppiera con la minestra, strato per strato, e colmando , arrivati quasi alla sommità della zuppiera, con sola minestra, che sarà piano piano assorbita dal pane.
Nelle foto, l'esempio del risultato. Invito tutti coloro ai quali ho concesso "la grazia" di questa pietanza, ad esprimersi.
Sarà criterio selettivo per ulteriori inviti.