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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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C'è qualcosa, un tesoro
che tutti cercano.
Non è pietra preziosa
ne' scrigno d'oro:
si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
si aggiunge .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
di Umberto Mosso
FICCATEVELO BENE IN QUELLA TESTA BACATA

11/4/2024 - 7:38

FICCATEVELO BENE IN QUELLA TESTA BACATA

 

Landini non ha né la capacità, né il coraggio di fare il sindacalista nell’interesse dei lavoratori.Per questo ha trasformato il più antico e glorioso sindacato italiano in una ameba gelatinosa il cui motto sembra essere “risparmio e comparisco.C’è una questione di squilibri salariali (uomo - donna, giovani – anziani, oltreché di alcune categorie sottovalutate come quelle scolastiche); un gravissimo problema riguardante il degradarsi della sanità pubblica (i lavoratori in condizione di farlo hanno speso nel ’23 1 miliardo nella sanità privata e sono circa 3 milioni le persone, compresi bambini e vecchi, che hanno difficoltà o rinunciato a curarsi); aumentano le tasse, per i mille balzelli del governo Meloni, ma nessuna azione efficace per ridurre quelle sul lavoro e remunerare di più quello dipendente sempre sotto la tagliola.

Da Landini silenzio, o giaculatorie da brandelli di TG.

Tutta la sua iniziativa è un referendum contro il Jobs Act, una cosa risibile prima ancora che vergognosa, basata sulla menzogna, una presa in giro dei lavoratori che non solo Landini non tutela più, ma che in questo modo vengono trattati da servi sciocchi. Allora è bene ribadire:

1. L’art. 18 non è stato cancellato da Renzi, fu modificato dalla legge Fornero proposta dal governo Monti, Bersani, Berlusconi e approvata in Parlamento col concorso pieno e convinto del PD diretto dagli avversari di Renzi, all’epoca Sindaco di Firenze;

2. Il Jobs Act non ha peggiorato la legge Fornero, lo ha migliorato implementandolo con maggiori tutele per i nuovi assunti, che Bersani aveva dimenticato preso dalla foga per l’abbraccio con Berlusconi, estendendole a tutti i lavoratori, anche a quelli delle imprese con meno di 15 dipendenti, che l’art. 18 non tutelava, ad esempio;

3. il Jobs Act non era uno spot, come sempre fatto dai governi precedenti, ma una parte fondamentale di una strategia più ampia di rilancio dell’occupazione e dell’economia, insieme con i provvedimenti di decontribuzione e di industria 4.0.

Infatti nel giro di mille giorni il governo Renzi invertì la tendenza negativa partendo da – 1,5 a + 2,2;4. soprattutto il Jobs Act ha prodotto, da allora ad oggi, perché è ancora in vigore, un aumento dell’occupazione di oltre 1milione e 700mila occupati dei quali oltre la metà a tempo indeterminato.

Smentendo la CGIL che preannunciava licenziamenti di massa con la fine delle decontribuzioni. L’occupazione, quella buona e duratura, è aumentata e grazie al Jobs Act alcune categorie, come i Riders, hanno potuto vedere riconosciuti dai tribunali i loro diritti. Semmai combatta il sindacato per far rispettare il Jobs Act. Ma Landini ha altro fa fare, gli piace coltivare zucche vuote. E invece di blaterare a vuoto sulla sanità a pezzi chieda l’impiego dei 36 miliardi del Mes Sanitario, unica possibilità per riformare il servizio pubblico.

La proposta di Renzi, nella primavera del 2020, fu bocciata da Conte che, sostenne, non vogliamo indebitare il Paese. Intanto meditava di indebitarlo per 200 miliardi col Superbonus. E gli stessi in lista d’attesa magari lo votano.

Con Conte e Shlein fanno un bel trio di grillotalpe, con la sinistra che scava sotto terra e si nasconde mangiando le radici delle buone piante in superfice.

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11/4/2024 - 14:05

AUTORE:
Dispetto

Il decreto, modificando l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, dispone che in caso di licenziamento senza giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro dovrà versare al lavoratore dipendente un indennizzo pari a due mesi di stipendio per ogni anno di lavoro nell'azienda, da un minimo di 4 a un massimo di 6 mesi di indennizzo per le aziende con meno di 15 dipendenti e da 12 mesi a 24 mesi di indennizzo per le aziende con più di 15 dipendenti.
Secondo un comunicato diffuso il 26 settembre 2018 dall'Ufficio Stampa della Corte Costituzionale (emesso in attesa del deposito della sentenza)[10][11][12], la Consulta ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo n. 23/2015, nella parte non modificata dal successivo decreto-legge n. 87/2018 (cosiddetto "Decreto Dignità"), in merito al criterio di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato[11] determinata soltanto in base all'anzianità di servizio[13][14][15].

Con successiva sentenza n. 150 del luglio 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 4 del D.Lgs. 23/2015 per violazione dei principi costituzionali di eguaglianza, ragionevolezza e tutela del lavoro, limitatamente alla parte in cui, per la determinazione dell'indennità minima da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo per vizi formali o procedurali fa esclusivo riferimento all'anzianità di servizio.

Consulta, sentenza n. 22/2024
La sentenza n. 22/2024 ha abrogato l’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola “espressamente”. Ciò ripristina l'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro per tutti i casi di licenziamento nullo, come era già previsto dalla legge delega, inclusi anche quelli per i quali il Jobs Act o la norma imperativa non prevedono espressamente un divieto di licenziamento a pena di nullità

E queste sono solo alcune delle risposte che nel corso degli anni, sia i sindacati che la magistratura, in base ai ricorsi presentati dalle organizzazioni dei lavoratori, per non parlare delle sentenze della Corte Europea, sono state prodotte contro il tanto elogiato decreto.
La cosa che ancora non si è capita è : ma le tutele crescenti, quali erano ?