none_o


L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Di Gavia
none_a
di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
none_a
di Mollica's
none_a
Di Siciliainprogress
none_a
C'è qualcosa, un tesoro
che tutti cercano.
Non è pietra preziosa
ne' scrigno d'oro:
si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
si aggiunge .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
di Ugo Magri
Ring costituzionale. Meloni e Schlein non vogliono una riforma, ma un trionfo

15/4/2024 - 9:02

Ring costituzionale. Meloni e Schlein non vogliono una riforma, ma un trionfo

L’impossibilità di mediare sul premierato. Entrambe contano sul referendum per spazzare via l’altra. Così avremo una pessima Costituzione oppure l’immobilismo. Il ruolo disarmato di Pera

C’è una voce che grida nel deserto delle riforme, ma nessuno le dà retta. La Cassandra inascoltata si chiama Marcello Pera e, per quanto di mestiere non faccia il giurista (ha insegnato Filosofia della Scienza) con la Costituzione ha una certa familiarità se non altro perché è stato seconda carica della Repubblica tra il 2001 e il 2006. Conosce le regole “da dentro”, oltre che sui tomi accademici. Alle scorse elezioni si era illuso di poter dare una mano come senatore dei Fratelli d’Italia, salvo constatare che lì vige una disciplina ferrea, sconosciuta all’allegro mondo berlusconiano (insieme con Lucio Colletti, Saverio Vertone, Giorgio Rebuffa e Piero Melograni, Pera era stato uno dei “professori” che il Cav esibiva come fiore all’occhiello). Una persona sola decide per tutti, Giorgia Meloni. Se lei imbocca una strada, gli altri la seguono perfino giù dal burrone. Come nel caso della riforma costituzionale.


Pera ha obiettato che l’impianto traballa, il disegno di legge è pieno di strafalcioni. Non è il primo e nemmeno l’unico a nutrire riserve sul premier direttamente eletto; una trentina di esperti sfilati al Senato hanno detto di molto peggio. Ma il professore, che della Commissione affari costituzionali fa parte, è andato oltre alle critiche. Ha presentato alcune proposte per rattoppare le falle. Emendamenti ispirati al buonsenso, prima che alla dottrina anglosassone di cui Pera è cultore. Formule migliorative, insomma. L’hanno guardato con occhi strani, della serie “il Capo non è d’accordo, chi te lo fa fare”. Lui però ha insistito perché non ha nulla da perdere, autostima a parte; come d’incanto, s’è ritrovato solo; nel deserto appunto. Quando interviene, non vola una mosca. Nessuno osa obiettare (pochi dei commissari sarebbero in grado) ma è come se Pera parlasse a un muro. Ascoltano, poi fanno il contrario. E fin qui nulla di strano: laddove vige il culto del Capo, l’indipendenza è scambiata per cattivo carattere. Funziona così da che mondo è mondo.


L’aspetto curioso è un altro: il prof non se lo filano nemmeno a sinistra, perfino quando ne avrebbero convenienza. E qui c’è da porsi qualche interrogativo. Per esempio, nei giorni scorsi Pera ha proposto lo Statuto delle opposizioni che consiste, o consisterebbe, in una serie di garanzie da inserire nella futura Carta, tra i pesi e i contrappesi di cui ogni democrazia ha bisogno per non precipitare nella tirannide. Da destra hanno detto subito no, gli sconfitti si arrangino, chi vince le elezioni comanda e stop (fa parte in fondo del loro Dna). La vera sorpresa è venuta dall’altra parte, con il “vade retro” del Pd che ha respinto la proposta di Statuto come se fosse veleno. Nella maggioranza, ovviamente, si sono fregati le mani e hanno silenziato Pera: “Lo vedi? I Dem non hanno la minima intenzione di dialogare. Tanto vale procedere come treni”. Il piano è di approvare la riforma in prima lettura entro le elezioni europee in modo che nei comizi Giorgia possa dire: “L’ho promesso, l’ho fatto”.


Cambiare il testo, a quel punto, diventerà difficile. Sulla carta si potrebbe, in seconda lettura; ma bisognerebbe ricominciare daccapo e ciò richiederebbe una volontà politica che le protagoniste non hanno, semmai il contrario. Tanto la premier quanto Elly Schlein si sono date già appuntamento al referendum, quando sarà, convinte entrambe di vincerlo facile. Giorgia è sicura che il popolo risponderà “presente”: come potrebbe rifiutare l’offerta di scegliersi il leader anziché farselo imporre dai partiti, dall’Europa, dai “salotti buoni” e, caso limite, dall’inquilino del Quirinale che sceglie i “tecnici”? Elly punta invece sulla demonizzazione, sulla denuncia del nuovo fascismo, sulla smania di potere della “Ducetta” da contrastare in qualunque modo.


Alla prima, cioè Meloni, non importano i cosiddetti dettagli. Interessa che nella riforma ci sia il premier direttamente eletto, da esibire come uno scalpo. Quello è imprescindibile, costi quel che costi. Se l’opposizione ci sta, bene; altrimenti pazienza, ne farà a meno e tanti saluti. L’altra, Schlein, ragiona specularmente; quasi che migliorare il pastrocchio per lei significhi contaminarsi e assumerne la responsabilità. Per cui se ne tiene alla larga e le proposte migliorative, quelle alla Pera per intendersi, o dei giuristi vicini al Pd, vengono viste come fumo negli occhi perché Elly scommette tutto sull’”effetto Renzi”, ovvero la sicumera del presunto vincitore. Matteo, come Meloni, era sicuro di intascare il referendum confermativo e invece sappiamo come andò a finire.

 
O l’una o l’altra, chiaramente, si sbaglia. L’esito sarà un tiro di dadi condizionato da mille variabili, impossibili da prevedere adesso. L’unica certezza è che, in entrambi i casi, avremo un pessimo risultato. Una riforma scritta con i piedi che i costituzionalisti bocciano all’unanimità; oppure, in alternativa, l’immobilismo perpetuo condito dalla retorica della Costituzione “più bella del mondo”.

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri