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Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.

Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"

. . . lo sai che lo diceva anche la mia. Però al .....
Bimbo lasciala sta la geografia, studia l'agiografia. .....
. . . niente, mi sa che bisogna riformare l' ISTAT. .....
. . . ci sono più i premi di una volta.
Quest'anno .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Emanuele Cerullo
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Libero caro
mio dolce tesoro
più ti guardo, ti "esploro"
più sembri un capolavoro
Un'inesauribile fonte
di emozioni
una sorgente
un erogatore .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Euromaidanpr Italia
Boris Johnson Se l'Ucraina caddesse, sarebbe una svolta catastrofica nella storia...

19/4/2024 - 20:37

𝐁𝐨𝐫𝐢𝐬 𝐉𝐨𝐡𝐧𝐬𝐨𝐧 "𝐒𝐞 𝐥’𝐔𝐜𝐫𝐚𝐢𝐧𝐚 𝐜𝐚𝐝𝐞𝐬𝐬𝐞, 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐜𝐚𝐭𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 – 𝐞 𝐮𝐧’𝐮𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐭𝐨𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥’𝐎𝐜𝐜𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞… 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐝𝐢𝐚𝐯𝐨𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐞𝐫𝐨𝐢𝐜𝐚 𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐞 𝐚𝐫𝐦𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐮𝐢 𝐡𝐚 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨?


| un editoriale su DailyMail

"Ma perché il ritardo? Che diavolo ci è preso? Se la guerra in Ucraina finirà in un disastro, sarà solo per una ragione: la deriva incerta e vacillante dell’Occidente. Ogni mese che aspettiamo è un mese in cui sempre più bambini ucraini vengono bombardati e uccisi.Ogni settimana in cui non riusciamo a fare ciò che è ovvio – e a dare agli ucraini le armi di cui hanno bisogno – è una settimana in cui Putin si avvicina alla sua disgustosa ambizione, quella di torturare a morte un paese europeo.Ogni giorno cresce la pressione sugli ucraini , eppure la soluzione è a portata di mano.Sappiamo cosa fare. Lo abbiamo già fatto e possiamo farlo facilmente di nuovo"...

C'è il passaggio di Johnson che descrive perfettamente il sonno dell'Occidente: "Stiamo privando" l'Ucraina, "per ragioni che non capisco, degli scudi protettivi di cui hanno bisogno. Ci sono circa 100 sistemi Patriot sparsi per l'Europa che non fanno nulla. Perché? Se continua così - i continui bombardamenti russi, le forniture insufficienti agli ucraini - c'è il rischio concreto che Putin riesca a organizzare una sorta di sfondamento quest'estate e a portare i suoi blindati, ancora una volta, a Kyiv. Che cosa significherà, dopo tutto quello che abbiamo detto agli ucraini - che "gli copriremo le spalle per tutto il tempo necessario"? Siamo chiari: se l'Ucraina cade, non sarà solo un disastro per quel Paese innocente.Sarà un'umiliazione totale per l'Occidente - la prima volta nei 75 anni di esistenza della NATO che questa alleanza finora vincente viene completamente sconfitta - e sul suolo europeo.

Una sconfitta dell'Ucraina inaugurerebbe una nuova era di paura in tutta l'area euro-atlantica, mentre Putin continua la sua opera di ricostruzione dell'impero sovietico: dai Paesi Baltici alla Georgia, alla Moldova, all'Asia centrale, all'Artico.Sarà un momento terrificante per il popolo di Taiwan e il segnale più chiaro possibile alla Cina che l'Occidente ha perso la forza di volontà di proteggere la democrazia. Sarà un punto di svolta nella Storia, il momento in cui l'Occidente perderà definitivamente la sua egemonia post-bellica, il momento in cui i confini ovunque saranno improvvisamente messi in palio e l'aggressione si rivelerà vantaggiosa. E tutto a causa della mancata difesa dell'Ucraina"

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#StandWithUkraine #WinWithUkraine #ArmUkraineNow #Stoprussia 

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21/4/2024 - 20:14

AUTORE:
a.nalfabeta

abramovic giocava nel chelsea...nel celtik ci giocava il su cugino

19/4/2024 - 23:14

AUTORE:
BdB - Estimatore di Gorbaciov e non del macellaio

...il trattativista miliadario Abramovic (quello del Celtik- ( Celsea, ndr) 9ir padrone no rgioatore) che appunto faceva parte nei primi giorni a quel tavolo...abbia ricevuto una gozzatella di polonio, pochino pochino ma decisivo per stare cheto, mentre altri oligarchi discordi ora sono a veder crescere le margherite dalla parte delle radici ed arrivare fin qui a quasi 1000 giorni di guerra (chiamata operazione speciale e non guerra) perchè il termine guerra era bandito dal trattato Russia-Ucraina firmato da Hltisin e Clinton per la riconsegna delle 190 bombe atomiche russe dislocate in Ucraina e da li si stabilì che la Russia non poteva mai più dichiarare guerra a quel libero stato.
Vado per sentito dire e non certo su Wikipedia ma il mondo sa che pronunciare la parola guerra della Russia che sta facendo al'Ucraina se detta da un russo in Russia si becca 18 anni di galera.
amen.

19/4/2024 - 22:13

AUTORE:
Aut. Salvatore Cannavò ( Bertelli )

Documenti inediti su “Foreign Affairs”
18 Aprile 2024

L’articolo è definitivo già nel titolo: “I colloqui che avrebbero potuto porre fine alla guerra in Ucraina”. La collocazione, la prestigiosa rivista di politica internazionale Foreign Affairs, fa il resto. L’ampio e dettagliato resoconto pubblicato martedì 16 aprile aiuta a capire quello che in pochi ripetono inascoltati da due anni: subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina si era aperta la possibilità di un accordo. Quella finestra è stata chiusa di colpo intorno al mese di maggio da diversi fattori su cui è bene continuare a confrontarsi.

“Verso la fine di marzo 2022, una serie di incontri di persona in Bielorussia e Turchia e impegni virtuali in videoconferenza avevano prodotto il cosiddetto Comunicato di Istanbul – scrive la rivista Usa – che descriveva un quadro per una soluzione”. I due autori, Samuel Charap e Sergey Radchenk, hanno esaminato “i progetti di accordi scambiati tra le due parti”, condotto interviste con diversi partecipanti ai colloqui “ai quali abbiamo concesso l’anonimato”, esaminato numerose interviste e dichiarazioni contemporanee e più recenti di funzionari ucraini e russi.

Nonostante l’obiettivo della “denazificazione” del Paese, Mosca inizia a cercare subito un compromesso. Forse capisce che la guerra non è “quel gioco da ragazzi” che ci si aspettava. Anche Zelensky, “ha espresso un interesse immediato per un incontro personale con Putin”. I colloqui iniziano il 28 febbraio “in una delle spaziose residenze di campagna di Lukashenko”. “La delegazione ucraina era guidata da Davyd Arakhamia, il leader parlamentare del partito politico di Zelensky, e comprendeva il ministro della Difesa Oleksii Reznikov, il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak e altri alti funzionari. La delegazione russa era guidata da Vladimir Medinsky, consigliere senior del presidente russo.

Dopo le prime richieste dei russi, che agli ucraini appaiono una capitolazione, e mentre la posizione dei primi sul campo peggiorava, “il 3 e il 7 marzo, le parti hanno tenuto un secondo e un terzo ciclo di colloqui, questa volta a Kamyanyuki, in Bielorussia” sempre senza esiti positivi. Il 14 marzo Zelensky pubblica un messaggio su Telegram in cui chiede “garanzie di sicurezza normali ed efficaci” e così fa il suo consigliere Podolyak.

Le delegazioni tornano a incontrarsi di persona il 29 marzo, a Istanbul, in Turchia. “Lì, sembrava che avessero raggiunto una svolta”. Esce infatti un “comunicato congiunto” i cui termini vengono descritti dai comunicati di entrambe le parti ma Foreign Affairs ottiene la bozza completa del testo: “Secondo i partecipanti da noi intervistati, gli ucraini avevano in gran parte redatto il comunicato e i russi avevano provvisoriamente accettato l’idea di utilizzarlo come quadro per un trattato”. Questo prevedrebbe che l’Ucraina sia “uno Stato permanentemente neutrale e non nucleare” rinunciando ad aderire “ad alleanze militari o di consentire basi militari o truppe straniere sul suo territorio”. Il comunicato poi elencava come possibili garanti “i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (compresa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia”. In caso di attacco all’Ucraina “tutti gli Stati garanti sarebbero obbligati, previa consultazione con l’Ucraina e tra di loro, a fornire assistenza”. Come nota la rivista, si tratta di obblighi “enunciati con molta maggiore precisione rispetto all’articolo 5 della Nato”. Il comunicato di Istanbul invitava poi le due parti “a cercare di risolvere pacificamente la controversia sulla Crimea nei prossimi 15 anni”. Anche questo un passaggio definito “sorprendente”. Sarebbe invece rimasto aperto: “Dopo un conflitto iniziato nel 2013” si sottolinea, “la Russia stava accettando di ‘facilitare’ la piena adesione dell’Ucraina all’Ue”. A spiegare queste disponibilità gli autori chiamano in causa il fallimento della “guerra lampo” ma anche l’ottenimento della richiesta principale, la rinuncia ucraina “alle aspirazioni Nato”.

I fatti di Bucha sono cominciati a emergere a inizio aprile: il 4 aprile, Zelensky ha visitato la città, il giorno successivo ha parlato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e ha accusato la Russia di aver perpetrato crimini di guerra paragonandola all’Isis. “Sorprendentemente, tuttavia, le due parti hanno continuato a lavorare 24 ore su 24 su un trattato” scambiandosi “attivamente le bozze tra loro”.

In queste nuove bozze si discute di particolari, come i meccanismi di consultazione dei garanti in caso di contrasti, ma anche l’imposizione all’Ucraina di vietare “il fascismo, il nazismo, il neonazismo e il nazionalismo aggressivo”. “Pillole avvelenate” oppure espedienti per “consentire a Putin di salvare la faccia” argomenta Foreign Affairs. “Nonostante questi disaccordi sostanziali, la bozza del 15 aprile suggerisce che il trattato sarebbe stato firmato entro due settimane” lasciando a Putin e Zelensky la decisione finale sui confini. “A metà aprile 2022 eravamo molto vicini alla conclusione della guerra con un accordo di pace”, ha raccontato uno dei negoziatori ucraini, Oleksandr Chalyi, in un’apparizione pubblica nel dicembre 2023.

“Allora perché i colloqui si sono interrotti?”. La Russia ha puntato il dito contro l’intervento delle potenze occidentali, come l’improvviso viaggio dell’allora premier inglese Boris Johnson a Kiev, recante il messaggio: “Combattere la Russia finché non si otterrà la vittoria”. “La risposta occidentale a questi negoziati è stata certamente tiepida. Washington e i suoi alleati erano profondamente scettici riguardo alle prospettive del percorso diplomatico”. Si è scelto di intensificare gli aiuti militari a Kiev, si è aumentato “il tasso di aggressività” respingendo qualsiasi ipotesi di accordo.

Foreign Affairs, pur non credendo che l’Occidente abbia costretto l’Ucraina a ritirarsi scrive però che “le offerte di sostegno devono aver rafforzato la risolutezza di Zelensky, e la mancanza di entusiasmo occidentale sembra aver smorzato il suo interesse per la diplomazia”. Anche “la ritrovata fiducia degli ucraini nella possibilità di vincere la guerra ha chiaramente giocato un ruolo” pensando ad esempio che la ritirata russa da Kiev fosse un segnale di cui approfittare (mentre i russi lo presentavano come un’apertura di disponibilità). Putin, aggiungono, capiva che nel negoziato si confidava su un impegno degli Usa a garantire il futuro dell’Ucraina ancora non espresso e, più in generale, quell’accordo metteva “il carro di un ordine di sicurezza postbellico davanti al cavallo della fine della guerra” come a dire che alludeva a un ordine globale a venire, ma non ancora esigibile.

Un testo di compromesso finale non c’è mai stato e oggi potrebbe sembrare storia. Ma, conclude Foreign Affairs, aiuta a ricordare anche “che Putin e Zelensky erano disposti a prendere in considerazione compromessi straordinari per porre fine alla guerra. Quindi, se e quando Kiev e Mosca torneranno al tavolo dei negoziati, lo troveranno disseminato di idee che potrebbero rivelarsi utili per costruire una pace duratura”.

“Foreign Affairs”
Foreign Affairs è un'autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali. La sua pubblicazione, con cadenza bimestrale, avviene a cura del Council on Foreign Relations, che fondò la rivista nel 1922, affidandola al professor Archibald Cary Coolidge dell'Università di Harvard, suo primo direttore.