Nei suoi numerosi articoli sulla storia del territorio, Franco Gabbani ha finora preso come riferimento, personaggi o avvenimenti storici, inquadrandoli nella cornice degli usi e delle norme dell'epoca.
Questa volta prende spunto da situazioni e argomenti curiosi, spigolature come le chiama.
Al di là dei fatti precisi, quello che colpisce particolarmente, è il linguaggio usato nei documenti, non solo formale e involuto, come da sempre ci ha abituato la burocrazia, ma spesso anche di difficile comprensione, esplicitando l'evoluzione continua della lingua e dei termini.
Nel 1819 Percy Bysshe Shelley, in visita agli Uffizi di Firenze, scrisse una poesia su “Medusa”, quadro di Leonardo da Vinci, che lo aveva fortemente colpito. Oggi si ritiene però che l’opera sia di un anonimo artista fiammingo attivo nel Seicento, ma niente cambia.
Giace fissando il cielo della mezzanotte supina,
su una vetta montana annuvolata;
più sotto, possono scorgersi terre lontane e tremolanti;
l'orrore e la bellezza sono in lei divini.
Sulle sue labbra e le palpebre
sembra posarsi la grazia come un'ombra,
da cui splendono livide e ardenti,
che sotto si dibattono, le agonie
dell'angoscia e della morte.[…]
Tutti conoscono le pallide meduse, quei fastidiosi abitanti del mare che si avvicinano, a volte e non volutamente, alla riva dove incontrano stinchi cosce o braccia e sconsideratamente ne pagano il fio con il loro impalamento stupido (ora vietato e punito). Questo succede d’estate, ora in acqua si vedono rari bagnanti (90% stranieri), quindi nessuno ha subìto bruciature, quello che sarebbe successo lo scorso mese con una simile invasione di Rhizostoma pulmo, detta polmone di mare, che hanno letteralmente invaso la riva della nostra marina finendo la loro corsa e vita sulla sabbia spinte da una grossa mareggiata. Non sono contento però di ogni morte inutile di qualsiasi animale, non mi piace (eccetto le zanzare)!
Percy hai colpito in pieno sbagliando solamente “vetta montana annuvolata” al posto di “riva marina schiaffeggiata”… poi tutto il resto torna.
Divertiamoci con una “sofinatura” contagiosa ormai consolidata piacevolmente sulla e nella Voce:
Eri bella,
bella fra le belle,
più delle sorelle,
dea del mare e della terra,
ma la gelosa Atena
in mostro ti tramutò
e Perseo ti decapitò,
e alato fu il tuo sangue.
Dall’Egeo mare arrivasti,
nelle foci del Nilo nuotasti,
nel Serchio approdasti
e sulla riva moristi.
Chi sei?
Forse nata dallo sperma di Poseidon?
Forse dalle lacrime di tua madre Ceto
o di tua nonna Gaia?
Perché non piaci?
Perché tuti ti odiano?
Non hanno spade i tuoi nemici
ma canne appuntite
che entrano dentro di te,
lacerando il tuo tenero corpo
e il padre-madre mare non ti aiuta più
e il dio Febo ti liquefa
e il turista ride
e il bagnino ti seppellisce
e lo scienziato dà la colpa al clima!