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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

Pensieri, dubbi e parole di Falcone: “Non ho paura .....
Trump e Pepe Mujica, due mondi capovolti: il giorno .....
C'è del vero in ciò che scrivi, ne convengo. Però .....
Lo Statuto dei lavoratori ( legge 300) fu approvato .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com

Ultima pubblicazione degli scritti che sono arrivati sulla maternità.

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continuiamo la pubblicazione degli scritti che ci arrivano sulla maternità.

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Raccontino di Giancarlo Montin
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Lentamente, gradatamente
mi affiorano i ricordi.
La tua testimonianza,
mamma carissima,
e non la donna
cinica e prepotente
ormai assente
e così .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
Di Umberto Mosso
Destini diversi

6/10/2024 - 21:43


DESTINI DIVERSI 

Fawzia Amin Sido è una ragazza Yazida, la minoranza religiosa sufi del Kurdistan iraqeno. 

Rapita dall’Isis in Iraq nel  2014, all’età di 11 anni, era finita a Gaza nel ‘22 dopo essere stata  venduta a Raqqa e deportata in Siria, Turchia ed Egitto e rivenduta come schiava sessuale a due miliziani di Hamas, dai quali aveva avuto due figli nel corso degli ultimi dieci anni.

Una sorte toccata a molte altre donne Yazide e Curde perseguitate dagli integralisti islamici che alimentano in quell’area, sotto l’egida dell’Iran, tutti i traffici di donne destinate alla prostituzione, oltre che di droga e armi, che hanno arricchito le leadership di Hamas, Hezbollah e Huti.

Fawzia è stata liberata pochi giorni fa, dopo 10 anni di schiavitù nelle mani di Hamas, dall’esercito israeliano nella striscia di Gaza, con la collaborazione delle ambasciate Usa in Iraq e Giordania e quella del governo giordano.

La donna si è riunita alla sua famiglia a Sinjar in Iraq “ma purtroppo”, come ha dichiarato un funzionario del ministero degli esteri israeliano, “la sua storia ricorda la crudeltà nei confronti dei bambini  yazidi e degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas”. 

Questa vicenda dimostra il legame di Hamas con lo stato islamico e il barbarico trattamento riservato alle donne da questi che qualcuno da noi considera modelli di combattenti per la libertà.

E che dire delle donne rinchiuse come bestie in un serraglio recintato con teli perché non possano vedere o essere viste dagli uomini in preghiera? Altrimenti potrebbero provocare brutti pensieri ai signori.

Una separazione non umiliante e in condizioni di parità  dei due sessi nelle funzioni religiose può essere tollerabile, se questa è la tradizione. Ma quello che accade a Roma, Torino, Milano, donne rinchiuse e nascoste come bestiame da difendere dai lupi o dai ladri,  non è compatibile con i diritti di uguaglianza di cittadine e cittadini sanciti dalla nostra Costituzione e col rispetto della dignità delle donne. 

La cosa raccapricciante è che non risultano esserci state mobilitazioni delle organizzazioni femministe per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni su questi episodi.

Come non c’è stata alcuna protesta delle femministe contro gli stupratori di Hamas, o quelli russi in Ucraina.

Evidentemente  le mobilitazioni e i dibattiti culturali contro la violenza sessuale e gli assassini di genere riguardano solo alcune donne e la condanna è solo verso alcuni stupratori e assassini.

Ci disgustano  quelli che considerano una provocazione allo stupro il modo di vestire di una donna o le sentenze che valutano come una attenuante la “cultura” predatoria di certi uomini. 

Ma ci disgustano ancora di più quelli che considerano un atto di resistenza e liberazione violentare e uccidere una donna perché ebrea, yazida, curda, domani forse la vicina di casa che non vorrà mettersi il velo, come si rifiutò di fare Mascia Amini e le tante donne iraniane per le quali le nostre femministe non hanno saputo dire una parola di solidarietà di genere. Protestare è chiedere troppo. 

Masochiste, tengono in caldo il posto progressivamente  abbandonato da un patriarcato in declino in occidente, auspicando l’arrivo di uno più forte e sanguinoso da oriente.

Combattiamo sperando di non vedere mai il destino che sarebbe riservato loro dai “liberatori”.

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