L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
BERLINGUER, LA GRANDE AMBIZIONE.
Berlinguer parlava col corpo. Con gli occhi in particolare. Non sprecava le parole. Qualcuno l’aveva soprannominato il “sardo muto” e il suo sguardo precedeva sempre i suoi movimenti. Anche in senso metaforico.
Quando il genio di Benigni capì che quel corpo doveva essere esposto per comunicarne l’anima, non leggemmo stupore negli occhi di Enrico, ma felicità. Per dire si, cari compagni, si può, si deve essere felici e vincere la sofferenza umana, abbattere le ingiustizie con la politica ci da felicità.Berlinguer non era un santo e il pregio del film di Andrea Segre, oltre la grande prova d’attore di Elio Germano, è che ce lo restituisce per ciò che era, lo stesso uomo nel pubblico e nel privato. Pregi, limiti, dubbi, errori. Soprattutto si tratta di un film sincero. Che rappresenta alcune verità, dimenticate da molti e sconosciute dai più giovani, che ci hanno messo quaranta anni per essere ricordate.
Gli anni raccontati, dal 1973 al 1979, quando la storia del Pci si intreccia come mai in precedenza con quella dell’Italia, sono cruciali non solo per capire l’originalità del Pci rispetto ad ogni altro partito comunista ad est e ad ovest, ma per misurare ancora oggi il danno fatto all’Italia con l’assassinio di Aldo Moro, che segna irreparabilmente anche la fine dell’ispirazione politica berlingueriana, trasformare la grande utopia del comunismo nella libertà (sulla quale cadrà anni dopo anche Gorbachev) nella grande ambizione di unire le masse popolari comuniste e cattoliche per cambiare il Paese garantendo libertà e democrazia.In questo disegno Berlinguer ebbe molti nemici sia a destra, sia a sinistra, in Italia come negli Usa e soprattutto nell’Urss. Come dimostra l’attentato del ’73 in Bulgaria.
In molti ci siamo chiesti perché la svolta della Bolognina non sia stata fatta da Berlinguer nel ’76. La rottura con Mosca si era ormai consumata. La scelta della democrazia, della conferma delle libertà civili, politiche e religiose, soprattutto della fedeltà alle alleanze internazionali, in particolare alla Nato, erano state ribadite in modo netto e ufficiale, perfino in modo ultimativo nel “tempio” del XXV congresso del Pcus.
La risposta, piaccia o meno, sta nella volontà di Berlinguer di mantenere unito tutto il popolo del Pci, per portarlo in modo convinto alla collaborazione col popolo della DC. L’unità popolare come condizione primaria rispetto all’intesa dei vertici dei partiti. E qualcuno può immaginare quanto fosse difficile tenere insieme la “destra” di Napolitano e la “sinistra” di Ingrao. Solo il terrorismo rosso fermerà quel disegno.
A ben vedere Berlinguer trasforma nei fatti il più grande partito comunista dell’occidente nel più grande partito socialista democratico italiano. Lo testimoniano le attestazioni di Willi Brandt, in quegli anni il vero e proprio capo della socialdemocrazia europea, e i contatti sempre più frequenti tra Pci e SPD tedesco.
Dunque vedendo il film di Segre, che è imperdibile, soprattutto per chi ancora si ostina a parlare del Pci come se parlasse del Pcus (a destra come a sinistra), non ho potuto fare a meno di pensare come facciano alcuni nostalgici di Berlinguer a condividere, più o meno coscientemente non fa differenza, la politica liberticida, imperialista e aggressiva di Putin, che è peggiore di chi, a est, avrebbe voluto morto Berlinguer.Pazienza, magari un giorno capiranno che Enrico era sincero.La lezion e dell’unità del popolo, unità democratica e antifascista innanzitutto è valida ancora di più oggi, davanti ai cambiamenti della sinistra e della destra, con la democrazia che sembra affievolirsi nella coscienza dei democratici e a una destra che bascula pericolosamente tra nuove forme di autoritarismo illiberale, e nuove forme di fascismo.
No, non basta nemmeno oggi il 51% e non basta la semplice somma dei voti, che è condizione necessaria ma non sufficiente per governare il cambiamento profondo di cui abbiamo bisogno.
Solo l’ignoranza e la protervia di alcuni volgari pervenuti della politica politicante può immaginare che il cambiamento di questo Paese valga meno del loro successo personale, di squallidi mezz’uomini che si credono leader.