L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Attraverso gli scritti di Serena, ripresi dopo le vacanze estive, getteremo uno sguardo sulla vita di una liceale a Pisa sempre con attento sguardo di genere…
Con lei e le sue eventuali collaboratrici a poco a poco.
Ho da poco iniziato le superiori in città e mi sono accorta da subito di quanto la vita cittadina sia molto diversa da quella a cui sono abituata, cresciuta in un paesino.
In paese è tutto più semplice. Ci conosciamo tutti o almeno di vista e sappiamo chi, è figlio di chi, chi frequenta, chi è il fratello o la sorella etc…praticamente è impossibile rimanere sconosciuti.
Ci vediamo ogni giorno perché la piazza di paese è il nostro ritrovo, grandi e piccini.
I ragazzi tendono a fare dei gruppetti in base alle amicizie che si sono formate nel tempo e fra di loro vivono in competizione costante alla ricerca del leader.
Conoscendosi da quando sono piccoli sanno i pregi e difetti dell'altro, soprattutto dove infliggere per emergere, ma la battuta nasce e muore il giorno stesso. Anche se si scontrano e si deridono rimangono amici per la pelle perchè sono legami profondi, basati sulla confidenza consolidata da anni passati insieme e dalla quotidianità.
A noi ragazze basta stare insieme e raccontarci le nostre giornate, non importa se siamo uscite in ciabatte o con il maglione della mamma.
La città invece è sempre in movimento.
Le persone s’incrociano, ma spesso non si conoscono e ognuno vive la sua vita pensando per sè.
Le ragazze di città sembrano più indipendenti, più abituate a muoversi in spazi più ampi e sono disinvolte nel prendere il pullman, andare a fare shopping in centro o al cinema. Prestano molta attenzione nel vestirsi sempre alla moda, mirate molto al loro aspetto fisico. Sembrano più attente alle apparenze, come se ogni possibile interazione fosse una piccola performance da perfezionare.
I ragazzi di città non hanno il bisogno di emergere sugli altri, non necessitano d’imporsi come maschio alfa, forse perché essendo in tantissimi non sarebbe possibile una competizione. Sono liberi di essere se stessi senza il peso di una comunità che li osserva costantemente.
In città, ovviamente, questa familiarità mi è venuta a mancare. Mi aspettavo un approccio più diretto come quello a cui sono abituata ma ho capito che in città i rapporti s’instaurano con più calma. Per conoscere una persona ci vuole molto tempo e il tempo disponibile, visti i tanti impegni, è sempre meno, come del resto le occasioni per poterti fermare a parlare ore con una persona. Quindi i rapporti che si creano sono solo inizialmente più formali e come primo approccio è importante come ti presenti, non come sei caratterialmente.
Tuttavia, con il tempo, sto capendo che dietro quest’aria di indifferenza, c'è comunque il bisogno di socializzare, solo che le relazioni si costruiscono in modo diverso, molto più lentamente, perché è tutto più dispersivo e frammentano. Non dico sia peggio, ma sicuramente è un'esperienza diversa, a cui sto cercando di abituarmi.
Serena Corti