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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

Cooperativa Teatro del Popolo- Miglarino
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Massimiliano Angori, Presidente
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Doppio evento a Vecchiano per l'80esimo anniversario della Liberazione d'Italia.
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•Governo Renzi
Presidente Mattarella
•Governo .....
Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Raccontino di Giancarlo Montin
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Magnifico salvivico silenzio
È il primo maggio, uno slpendore
Grazie all'esodo di tutte le persone
che lontane da casa
vivon la percezione
di fruire .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
Andrea Paganelli
SBAGLIERÒ MA... CHI DI DAZI FERISCE....

7/3/2025 - 18:45


SBAGLIERÒ MA... CHI DI DAZI FERISCE....
(Facciamo arrabbiare un po' di amici "anime candide")


MIO NONNO DIREBBE: Ma se c'ho l'orto, e sono bravo a coltivarlo, perché comprare la verdura al supermercato?


Quando un immobiliarista (Trump), abituato a far soldi in modo opportunistico e predatorio, pretende di fare interventi in economia, per giunta in campo internazionale, si salvi chi può...
In sostanza, i risultati dei provvedimenti di Trump, e degli stessi dazi, gli americani li vedranno già tra qualche mese, e tanti auguri a loro, oltre che a noi.


Sui dazi ho già detto diverse cose, ma vale la pena riassumere sinteticamente qualche concetto. Intanto, a seguito dei dazi su Canada e Messico sta aumentando il prezzo dei carburanti negli Usa, (per questo Trump li ha sospesi subito) ma andiamo oltre.
La storia ci insegna che i dazi appartengono a politiche cosiddette "protezionistiche" (e del passato), e personalmente resto convinto che funzionino anche poco, soprattutto con i prodotti di fasce alte (quelle in cui si concentrano i prodotti italiani ed europei) perché la forza e la qualità dei prodotti stessi supera le barriere imposte.
Cioè (un esempio semplice) se un soggetto è disposto a spendere più di 100 dollari per una bottiglia di vino (ma vale anche per molti altri prodotti di qualità), non si pone problemi se ne deve spendere 115 o 120.


Detto questo, i dazi non saranno comunque indolori, ma non faranno raggiungere a Trump gli obiettivi che si è prefisso. Il protezionismo tende a rendere più costosi i prodotti provenienti dall'estero rispetto ai propri, per frenare la domanda, ma tendenzialmente irrita e indispone i consumatori, soprattutto rallenta l'economia di un paese, e sempre la storia ci insegna che gli stati più aperti presentano, sul medio lungo periodo, sempre maggiore crescita economica e minore disoccupazione.
Solitamente a misure protezionistiche, e dazi, ricorrono paesi fortemente indebitati e in crisi, per un forte squilibrio della bilancia commerciale. È la condizione nella quale si trovano attualmente gli Stati Uniti.
Mi piacerebbe in ogni caso sapere cosa pensano i piccoli imprenditori del nord (elettori di Salvini), che esportano gran parte dei loro prodotti negli USA, riguardo alle posizioni che Salvini ha assunto, osannando Trump, ma questo è un altro discorso.


Comunque Vedremo.
In parte stiamo già vedendo, perché anche altre scelte "trumpiane" metteranno in difficoltà la stessa economia statunitense, la stessa recente scelta di interrompere gli aiuti all'Ucraina, ma ancora di più quella di disimpegnarsi dalla stessa Europa, fa sì che, al di là di un primo sconcerto, il vecchio continente acquisisca maggiore consapevolezza sul fatto che deve cavarsela da solo, ed anche su questo ho già detto, e fornito diversi dati in altri post, e i recenti provvedimenti assunti, giusti o sbagliati che siano, lo dimostrano.


Insomma, sappiamo che negli USA l'industria della difesa non è certo secondaria (la spesa statunitense per la difesa supera gli 800 miliardi all'anno), e questo determinerà anche una contrazione della produzione industriale americana , con le relative ripercussioni, anche, per il fatto che l'Europa tenderà a puntare sempre più sulle proprie industrie (che non sono da meno di quelle anericane), e questo metterà più alle strette quelle d'oltre oceano.


Per dirla alla buona: se c'ho l'orto, e sono anche bravo a lavorarlo, perché comprare la verdura al tuo negozio se non mi fai più neppure lo sconto?


Come sappiamo bene l'industria delle armi costituisce una delle colonne portanti nell'economia americana (e detto tra noi ha anche molta influenza nella politica), con moltissimi posti di lavoro, gli Usa sono il primo paese al mondo esportatore di armi, con un giro di affari di circa 500 miliardi all'anno, il dipartimento della difesa USA risulta essere il primo "datore di lavoro", in assoluto, del mondo, con quasi 3 milioni di dipendenti, tra militari e civili, indotto e fornitori a parte.


L'industria della difesa non è poca cosa anche in Europa, con oltre mezzo milione di addetti, escluso anche qui l'indotto, mentre gli eserciti europei contano quasi 2 milioni di effettivi. Ricordo, per chi non lo sa, che le spese per la Difesa non sono solo cannoni e carri armati, sono anche tecnologia (da Internet ai microonde, fino alle tecnologie laser in sanità etc.) ma soprattutto, per circa il 65%, sono stipendi e retribuzioni. Tra i primi sei paesi esportatori di armamenti al mondo tre (Francia, Germania e Italia) sono europei.


Fatto sta che i primi risultati prodotti dal solo annuncio delle scelte di Trump, hanno prodotto alcuni dati concreti, rileva il dalle borse, che provo qui a riassumere.


Nel periodo dall’inizio del 2025 a oggi, le azioni dei principali colossi della difesa, statunitensi ed europei, hanno mostrato andamenti del tutto divergenti.
Mentre i titoli USA, come Lockheed Martin, Boeing, Northrop Grumman ed altri, hanno registrato in borsa, nel 2025, una partenza molto debole e incerta, al contrario i loro omologhi europei BAE Systems (Regno unito), Leonardo e Fincantieri (Italia) e Thales (Francia), ma aggiungerei anche Rheinmenthal (Germania), Iveco (Italia) e Saab (Svezia), hanno messo a segno forti rialzi, toccando in molti casi nuovi massimi.


In particolare, Lockheed Martin (LMT) – il maggiore appaltatore USA – in netto calo del -13% rispetto a inizio anno. Anche Northrop Grumman (NOC), grande contractor aerospaziale e militare, ha perso terreno (-6,5% da inizio anno).
Boeing (BA), che opera sia nel settore difesa sia in quello aeronautico civile, ha mostrato un calo ancora più forte (-32% nell’anno)


L’incertezza sulle future commesse pubbliche USA ha dunque frenato i titoli americani, rispetto ai concorrenti europei.
Di contro, le azioni dei gruppi europei della difesa hanno registrato forti rialzi e nuovi massimi storici nei primi mesi del 2025. Il contrasto diplomatico tra Trump e Zelensky, le rinnovate pressioni sull'Europa (perché rafforzi autonomamente la propria sicurezza), e le ultime scelte americane di disimpegno, hanno spinto fortemente i titoli europei del comparto difesa.
Nell'ultima seduta, dei primi di marzo, molti titoli hanno guadagnato numeri a cifre doppie in un solo giorno: BAE Systems è balzata di +15%, Leonardo di +16%, Thales di +16%, Rheinmetall di +14%, Saab di +12%, anche Iveco (che opera anch'essa sia un campo militare che civile) ha avuto incrementi notevoli, la performance su un intero mese è di +26,59%, quella su sei mesi è addirittura del +58,70%.


Queste variazioni si aggiungono a quelle già accumulate negli anni precedenti. Ora, mi si potrebbe contestare che la Borsa un giorno va su, e un giorno va giù, e quindi in poco tempo p ok tresti perdere ciò che hai guadagnato, giusto, allora prendiamo un periodo più lungo...
In termini assoluti, molte di queste aziende hanno raggiunto, nell'ultimo triennio, i massimi di sempre: Leonardo ha toccato incrementi mai visti in 20 anni (+578%), la tedesca Rheinmetall, che è partecipata dalla stessa Leonardo, (+1.470%), altre hanno avuto progressi più contenuti ma comunque importanti: Thales (+202%), BAE Systems (+177%), Saab (+144%). Tali dati evidenziano un trend al rialzo più che massiccio in Europa, esattamente all'opposto rispetto a quello dei competitors statunitensi nello stesso periodo.


La sensazione è che la svolta politica negli Stati Uniti, imposta da Trump, ha introdotto diverse nuove variabili, e non è detto che si riveleranno tutte positive per l'industria americana, spingendo peraltro vl’Europa a offrire anche garanzie di sicurezza più concrete, e autonome, all’Ucraina.


Tutto questo ha avuto un immediato impatto sui mercati: gli investitori hanno interpretato la situazione nel modo giusto, ovvero come un segnale di disimpegno americano e la necessità per l’Europa di dare più forza alla propria industria, perché, per dirla in breve, se devo "badare a me stesso" allora lo faccio con le mie forze e non c'è bisogno che compri da te.


Anche importanti fornitori del Pentagono (quelli che chiamano "contractors") hanno già subito segnali negativi, ad es. General Dynamics ha fatto -7% nella settimana, Leidos addirittura -19%.


In parallelo, in Europa è avvenuto il processo opposto, determinando uno scenario del tutto nuovo, che solo i "tifosi" non comprendono, o, come Conte e Salvini, in malafede vorrebbero contrastare.


Anche esempi concreti non mancano: proprio ora, a marzo, il governo britannico ha annunciato l’acquisto di 5.000 missili antiaerei aggiuntivi da Thales, triplicando la produzione nello stabilimento di Belfast per rifornire Ucraina e difese NATO;
in Germania si discute la creazione di fondi speciali da centinaia di miliardi per difesa e infrastrutture.
Questi sviluppi politici hanno alimentato ulteriormente le aspettative di mercato a favore dei gruppi europei.


Sul fronte dei mercati, l’aspettativa di maggior spesa pubblica per la difesa ha avuto ripercussioni anche sui titoli di Stato: ad esempio all’inizio di marzo, di pari passo alle dinamiche delle azioni difensive europee, si è osservato un incrementi dei rendimenti obbligazionari, decennali e trentennali, di 7-10 punti base in Germania, Francia e Italia, in previsione dell’emissione di debito per finanziare i maggiori investimenti nella difesa.


Nel complesso, il settore difesa è visto dagli investitori come un comparto "difensivo" (in senso finanziario di "rifugio") e "scollegato", cioè capace di attirare capitali nei periodi di tensioni geopolitiche, indipendentemente dal ciclo economico generale.


Sul versante americano, le dichiarazioni di Trump hanno destato, al contrario, preoccupazione nel mercato: durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, dell'ultimo febbraio, alcuni esponenti statunitensi hanno ventilato l’ipotesi di drastici tagli (fino al 50%) al budget della Difesa USA .


Forse non sarà del tutto così, ma Trump sembra comunque intenzionato a ridurre la spesa federale per le collaborazioni all’estero e i programmi ritenuti non più prioritari, nell’ottica di quello che, con il suo guru (Musk), definisce efficientamento dei costi.


Queste prospettive hanno immediatamente gelato le aspettative delle società americane: non a caso, Lockheed Martin ha ceduto oltre il 13% nei primi due mesi del 2025 , scontando il possibile ridimensionamento di ordinativi futuri. Altri titoli USA, legati alla difesa, hanno seguito il trend ribassista (es. General Dynamics -8%, Northrop -6,5% solo da inizio anno a metà febbraio).


Gli analisti hanno interpretato questo calo come timore che le politiche di Trump – incluse iniziative come il nuovo Dipartimento per l’Efficienza – possano effettivamente tradursi in tagli di budget e cambi normativi penalizzanti per i ricavi dei contractor.
Da osservare che sotto l’amministrazione precedente la spesa militare aveva continuato a crescere (il bilancio del Pentagono 2024 ha sfiorato i 900 miliardi, un record storico), garantendo commesse robuste ai big del settore. L’ipotesi di una frenata o addirittura inversione di tendenza con il nuovo Trump, rappresenta dunque un elemento di incertezza per le società statunitensi, inducendo molti investitori, al contrario di quelli europei, a ridurre l’esposizione.


Mi si chiederà: ma perché tutti questi dati? Semplice, perché nella mia esperienza gli investitori (che nel bene e nel male guardano al futuro) e quindi la Borsa, arrivano sempre prima dei fatti concreti, e i fatti concreti diventano poi investimenti o anche tagli, quindi più economia e lavoro o anche crisi e licenziamenti, a buon intenditor....

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