Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Durante tutto il periodo della guerra fredda, secondo documenti sovietici desecretati e rapporti della CIA, l’Unione Sovietica investì cifre colossali nei movimenti pacifisti occidentali, nell’ambito di quella che era stata pianificata come guerra psicologica o guerra cognitiva.
Negli anni furono costituite innumerevoli associazioni di facciata, mentre i fondi che venivano veicolati dal KGB e dal GRU in modo occulto attraverso i partiti comunisti europei (incluso quello italiano), organizzazioni culturali e società fittizie, coinvolgendo persino case editrici. Con i fondi venivano stampati materiali pacifisti, ma si organizzavano anche manifestazioni e congressi.
L’obiettivo era quello di sfruttare l’antimilitarismo fisiologicamente presente in Europa e USA per amplificare la sensazione che l’opinione pubblica fosse contraria al riarmo e sabotare i programmi di deterrenza dei pesi NATO. Molti, soprattutto giovani, si ritrovarono, loro malgrado, a farsi promotori di doppi standard, scendendo in piazza con gruppi infiltrati e finanziati dal KGB come Students for a Democratic Society, per protestare contro la guerra del Vietnam, ignorando le atrocità del regime che controllava il nord del paese, allora alleato dell’URSS. Negli anni ‘80 si moltiplicarono manifestazioni per il taglio delle spese militari occidentali, mentre l’Unione Sovietica ampliava a dismisura il suo arsenale ed invadeva l’Afghanistan (1979).
Altri esempi furono il Congresso per la Pace e il Disarmo e i Partigiani per la Pace, organizzazioni che sfruttavano i temi del pacifismo, facendo leva sull’ingenuità di chi vi aderiva, in modo strumentale, con l’obiettivo ostacolare lo sviluppo dei programmi militari occidentali.
Ora non credo serva una grande propensione al complottismo per rilevare che, oggi, ad urlare e scendere in piazza contro il riarmo dell’Europa e ad utilizzare da tre anni il pretesto del pacifismo per chiedere il disarmo dell’Ucraina (ma non della Russia), siano un’intera galassia di associazioni e organizzazioni russofile, che direttamente o indirettamente ricevono fondi da istituti culturali legati al governo russo per gestire eventi di propaganda, oltre a quei partiti e movimenti (con giornali al seguito) che hanno avuto relazioni dichiarate con Mosca. E non credo serva ricordare che al Cremlino, ormai da 25 anni, comanda un uomo che non ha mai negato le sue nostalgie per l’URSS e che non ha mai smesso di utilizzare metodi da agente del KGB.