Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Divorzio: fra Pd e riformismo - I referendum.
Ho già raccontato le dinamiche che portarono il Pd a votare il Job Act. Aggiungo dettagli. Perché è sul lavoro che si definisce una cultura riformista. E quella opposta.
Quando votammo il Job Act in Commissione lavoro alla Camera il Pd era composto da 21 deputati, 14 provenivano dalla Cgil, compreso Cesare Damiano, che presiedeva la Commissione. Io ero capogruppo del secondo gruppo della maggioranza, quello che faceva riferimento ad Alfano.La Meloni era capogruppo di se stessa in Commissione. All’opposizione. Non ricordo come votò. Ma, in generale, aveva una linea da destra sociale.
Bene, il provvedimento rimbalzava fra Camera e Senato da un bel po’. Sacconi, Presidente della commissione lavoro al Senato lo accendeva, Damiano alla Camera lo spegneva.
Damiano, un signore d’altri tempi, rappresentante dell’aristocrazia operaia torinese. Molto abile.Fra di noi lo scontro era continuo ma amabile. Molto. Non condividere niente e rispettarsi molto.I rappresentanti delle minoranze venivano in Commissione per assistere alle disfide fra di noi.Cesare mi diceva che eravamo tutti e due nei partiti sbagliati: tu dovresti stare nel partito di Renzi, non io, diceva. E in effetti. La sua Commissione era l’opposizione irriducibile alla segreteria Renzi. Proprio sulLavoro.Ad un certo punto però, Renzi aveva preso impegni irrinunciabili in Europa e fa l’accordo con Sacconi al Senato. Il provvedimento doveva passare. Ed io divento il garante di quell’accordo alla Camera. Punto nodale, la riforma dell’art 18. Ho raccontato nei giorni passato le ragioni e i risultati. Non ci torno.Lo confesso, e’ stato uno dei momenti più entusiasmanti della mia vita parlamentare. I colleghi della Cgil del Pd erano in fila di fronte ad un Craxiano della Uil come me, per discutere degli emendamenti che potevano passare perché non in conflitto con l’accordo Renzi Sacconi. La notte del voto sull’articolo 18 ho visto i colleghi della Cgil del Pd alzare la mano con le lacrime agli occhi. E il sorriso larghissimo dei renziani della commissione che sino a quel momento erano stati bistrattati da Cesare. Avevo assistito( e contribuito) ad un passaggio cruciale di quel partito verso la svolta riformista.
Bene, il referendum, come dice Francesco Verderami, al di là del voto, del risultato, del quorum, cancella quella svolta, la uccide, dopo una lunga convalescenza.Elly riscatta Cesare. E i 14 della Cgil in lacrime.
I renziani di allora non si dove siano.Questo passaggio porra’ un problema enorme all’area riformista del Pd. Insieme al passaggio dell’Ucraina.Sono convinto che mentre alle Europee Elly candido’ tutti per prenderne i voti, alle politiche farà il contrario.
Perché non è a quel mondo che guarda. E perché la ragazza è circondata da ragazzi che pensano e vivono all’opposto.La resa dei conti si farà nelle liste. Quindi i riformisti dovranno riflettere molto.Se rimarranno fermi saranno fuori.
Una strada ci sarebbe. Impervia ma la sola possibile. Ne riparleremo.