Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Ultima pubblicazione degli scritti che sono arrivati sulla maternità.
continuiamo la pubblicazione degli scritti che ci arrivano sulla maternità.
Noi pisani siamo famosi per il nostro dialetto dove si fa indigestione di c ed altre ‘ose.
Ora scriverò in puro italiano e capirete!
O Umberto, ma cosa ci fai lì, accanto all’acanto, mi sembri Baccio che da un bacio alla dama!
Siamo seri ora, a riuscirci però è difficile, pensate alla pianta e alla sua storia nel mito e nell’arte, e dove allora se non nell’antica Grecia?
Gli dei ci sono sempre in quel magico paese e qui c’è Apollo e una ninfa, “Acanto”. Il dio, bello ma vanitoso, viene rifiutato e graffiato e, furioso, tramuta la ninfa in quella pianta che prenderà il suo nome e le sue spine.
Storia troppo lontana dalla realtà come invece non lo è un altro abbinamento, quello che spiegherà il perché l’arte greca ha preso come simbolo dei capitelli corinzi la foglia dell’acanto.
Si narra che una donna avesse messo vicino alla tomba del figlio una scatola con i giochi preferiti dal ragazzo e che, per non farli disperdere, li avesse coperti con una grossa tegola. Un artista architetto greco, tale Callimaco, passando di lì vide che il coperchio si era spostato e, nel rimetterlo a posto, scoprì una bellissima pianta che aveva delle stupende foglie con il disegno cercato da tempo.
Bella storia, vera e semplice, ma la fantasia ellenica è sempre in moto. Simile racconto è quello di una simile mamma, con i lupi che cercano di violare la tomba del bimbo appena sepolto e Zeus, impietosito dalle preghiere della donna, tramuta la pianta di acanto che copriva la scatola dei ricordi, in marmo creando, ora sì che torna, la vera nascita del "capitello corinzio”.
Bello ma invasivo l’acanto, bei fiori, lunghissimi steli e una proliferazione che merita proprio di dire: “non state così accanto, un acanto all’altro”.
Così lo cantò Giovanni Paascoli:
Fior d’acanto
Fiore di carta rigida, dentato
i petali di fini aghi; che snello
sorgi dal cespo, come un serpe alato
da un capitello;
fiore che ringhi dai diritti scapi
con bocche tue di piccoli ippogrifi;
fior del Poeta! industria te d’api
schifa, e tu schifi.
L’ape te sdegna, piccola e regale;
ma spesso io vidi l’ape legnaiola
celare il corpo che riluce, quale
nera vïola,
dentro il tuo duro calice, e rapirti
non so che buono, che da te pur viene
come le viti di tra i sassi e i mirti
di tra l’arene.
Lo sa la figlia del pastor, che vuoto
un legno fende e lieta pasce quanto
miele le giova: il tuo nettare ignoto,
fiore d’acanto.