Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Dopo fiori e cuori, una carta nera e una rossa, eccoci a “picche”, nero come una mora, quella di rovo non quella di gelso che si chiama con lo scuro nome che spicca con il suo bianco nome su quello ambiguo dato alla pianta: morus alba! Valli a capire i botanici!
Quando raccolgo le more (di rovo) mi sembra di giocare a scopa con il 7, o a ramino con il 9, di picche con quei dischetti neri pari ai lati e uno in cima per farli diventare dispari.
La mora, bella buona appena colta e buonissima trasformata in marmellata. La vedi in estate neranera sulla parte terminale della pianta e se la tocchi con bramosia ti tingi di rosso sangue come quello che a volte ti esce dai polpastrelli punti dalle spine.
Una leggenda racconta che i rovi non avevano né fiori né frutti che nacquero quando la corona di spine messa sulla fronte di Gesù sulla croce fece cadere delle gocce di sangue su un cespuglio alla base che da allora si riempì di fiori rosa e poi di frutti dal succo rosso.
Questo non ha nessuna attinenza con la carta da gioco ma nella superstizione popolare l’asso di picche significa per qualcuno disgrazie e per altri vittorie.
Voi cogliete le more nere e puntate su “picche”, ma senza pensare alle carte e tanto meno al 2 perché il detto: “vali quanto il due di picche” significa nulla o poco, specialmente se gli viene associato: ”quando briscola è cuori”!