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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

Vorrei ringraziare i ragazzi dell ufficio informatica .....
Pensieri, dubbi e parole di Falcone: “Non ho paura .....
Trump e Pepe Mujica, due mondi capovolti: il giorno .....
C'è del vero in ciò che scrivi, ne convengo. Però .....
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Pubblichiamo uno per volta gli articoli che ci avete mandato sul tema "donne e cibo"

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Visti da vicino...
di Valdo Mori
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Palestina-Gaza
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Le Frasi
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Raccontino di Giancarlo Montin
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Con chi è prodigo l'amore
con la gioia o col dolore?
Ah poterlo misurare!
Oh poterlo soppesare!
Sono certa che fa il pieno
di dolore.
E di gioia? .....
Buongiorno,
guardiamo se scrivendo qualcosa anche qui, oltre che averlo fatto su PisaToday, qualcosa si possa muovere.

Alla c. a Resp. Servizio .....
di Mario Lavia
A quorum leggero-La sinistra usa il referendum per contarsi, la destra per rimanere serena al governo

7/6/2025 - 8:44

A quorum leggero-La sinistra usa il referendum per contarsi, la destra per rimanere serena al governo

Invece di essere un’occasione per affrontare seriamente il tema del lavoro precario e della sicurezza, il voto referendario si è trasformato in una vetrina di slogan vuoti e tatticismi politici

È il referendum delle falsità, questo di domenica e lunedì. Una fiera delle illusioni. Da tutte le parti si è giocata una partita truccata, e chi ci rimette è proprio il povero istituto referendario, utilizzato per mere convenienze di parte. Hanno cominciato proprio i proponenti i quattro quesiti sul lavoro, Maurizio Landini e la sua Cgil, che non si è minimamente preoccupata di rompere, una volta di più, con la Cisl e persino con la fedele Uil. Landini fa credere che, con i quattro Sì, sparirebbe la precarietà, si bloccherebbero i licenziamenti, si eviterebbero i morti sul lavoro: ma sa anche lui che non succederebbe nulla di tutto questo, se non in minima, ma proprio minima parte (e neanche è detto), perché si tratta di norme che incidono pochissimo nella vita reale.

Hanno giocato poco pulito certi giuristi e intellettuali di sinistra, che prima hanno provato a dire che «votare è un dovere», salvo poi rassegnarsi all’evidente legittimità dell’astensione, indirettamente consentita dalla Costituzione più bella del mondo (quando conviene), con la fissazione del quorum. Il giurista Michele Ainis, su Repubblica, se l’è presa, non si sa con chi: «Il quorum è diventato una montagna difficile da scalare». Embè? Caso mai il problema è che, negli ultimi decenni, i quesiti sono sempre stati poco attrattivi, se non poco importanti. Si propongano referendum seri, com’erano i primi – aborto, divorzio, ergastolo, scala mobile – e vedrete che la gente ci va, a votare.

Poi ci si è messo il Partito democratico a imbrogliare le carte. Da ultimo, l’autorevole giurista Francesco Boccia ha cambiato la Costituzione senza bisogno di Bicamerali e comitati di saggi. La norma costituzionale, secondo la quale un referendum, per essere valido, ha bisogno della partecipazione del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto, è stata da lui abrogata dopo un’attenta riflessione, compiuta non a Montecitorio, ma al Nazareno.

Boccia, da buon economista, ha calcolato che, per vincere, servono dodici milioni e trecentomila votanti, dimezzando il quorum, previsto dalla Costituzione più bella del mondo (quando conviene a Boccia), perché quella è la cifra degli elettori della destra alle elezioni di tre anni fa. Per cui, il vero obiettivo è avere più votanti (compresi quelli che voteranno No) di quanti votarono per la destra.

Il sofista Boccia cammina sul filo della logica e, inevitabilmente, casca di sotto. Perché non si rende conto che, con la sua teoria (che è ovviamente quella di Elly Schlein e dei giovani strateghi del Pd), Boccia conferma il sospetto che tutto questo ambaradan referendario serva alla sinistra targata Pd-M5s-Avs, non a dare nuovi diritti ai giovani, ma a far cadere il governo.
Non sapendo come farlo dimettere, ecco che basta cambiare le regole e considerare il referendum la rivincita delle elezioni del 2022. Ma, anche ammesso che il tripartito Pd-M5s-Avs raggiungesse l’obiettivo dei dodici milioni e trecentomila votanti (annettendosi anche i No), poi, che cosa dovrebbe succedere?

L’esperto politico Boccia non ha dubbi: per il governo sarebbe «un avviso di sfratto». Ora, a parte che, a nostra memoria, in mezzo secolo, nessun governo è mai caduto dopo un referendum. La sua politicizzazione è a doppio taglio: se non si raggiungesse la cifra di Boccia, si farebbe un gran regalo a Meloni e si porrebbe la questione se l’avviso di sfratto, a quel punto, varrebbe per Schlein.
Il professor Carlo Galli, sempre su Repubblica, ha proposto un’altra forzatura: l’astensione «è una posizione politica, lecita ma triste, tatticamente comprensibile e non certo nuova (fu anche di Craxi e di Bossi), che, come quelle del recente passato, ha il sapore amaro di una scommessa estrema, in un momento di grande difficoltà». Una scommessa che, anche se fosse vincente per una parte, sarebbe in fondo una sconfitta per la tenuta politica dell’Italia. Che esagerazione! Se i referendum non passeranno, la democrazia non sarà né più debole né più forte: questa è la verità.

E infine c’è stata lei, la presidente del Consiglio, cui di diritto va la palma della ridicolaggine: l’illusionista che andrà al seggio, girando subito sui tacchi, oplà, le schede sono sparite in un modo che nemmeno il mago Silvan sarebbe capace di replicare. È stata abbondantemente presa in giro sui social per questo gioco delle tre carte, davvero non degno per chi guida un Paese civile. E, alla fine, il referendum delle falsità lo vince lei.





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