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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

Vorrei ringraziare i ragazzi dell ufficio informatica .....
Pensieri, dubbi e parole di Falcone: “Non ho paura .....
Trump e Pepe Mujica, due mondi capovolti: il giorno .....
C'è del vero in ciò che scrivi, ne convengo. Però .....
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Pubblichiamo uno per volta gli articoli che ci avete mandato sul tema "donne e cibo"

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Visti da vicino...
di Valdo Mori
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Palestina-Gaza
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Le Frasi
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Raccontino di Giancarlo Montin
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Con chi è prodigo l'amore
con la gioia o col dolore?
Ah poterlo misurare!
Oh poterlo soppesare!
Sono certa che fa il pieno
di dolore.
E di gioia? .....
Buongiorno,
guardiamo se scrivendo qualcosa anche qui, oltre che averlo fatto su PisaToday, qualcosa si possa muovere.

Alla c. a Resp. Servizio .....
di Carmelo Palma
La liturgia dell’abiura-Landini, il tradizionalismo di sinistra, e i referendum per ripudiare il Jobs Act

7/6/2025 - 9:40

La liturgia dell’abiura-Landini, il tradizionalismo di sinistra, e i referendum per ripudiare il Jobs Act

Il segretario della Cgil è il Carlo Maria Viganò della sinistra. Combatte la corruzione modernista, propone il ritorno ai modelli anacronistici e ai valori non negoziabili del tempo che fu

Anche se il paragone non lo lusingherebbe, Maurizio Landini è il Carlo Maria Viganò del tradizionalismo di sinistra. Come l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, esecra da anni la corruzione modernista del corpo mistico della Chiesa e della comunità visibile, e invisibile del Popolo di Dio, così il capo della Cgil maledice da sempre la capitolazione della sinistra all’idolatria mercatista e l’abbandono del suo popolo alla seduzione di un progressismo super-capitalistico.

Sono entrambi guidati da un mito delle origini, che per Viganò ha una profondità millenaria e per Landini una più angusta cronologia novecentesca ma entrambi pensano che si approssimi l’avvento dell’Anticristo e la dittatura della falsa religione, la quale, promettendo libertà ed emancipazione, realizza un piano di dominio perfetto, perché inavvertito o incompreso.

Certo, Viganò ha dovuto battagliare con papa Francesco, mentre Landini s’è dovuto accontentare di Matteo Renzi, di un po’ di intellettuali e professori liberal e di una classe dirigente di sinistra che negli ultimi trent’anni ha fatto spericolati avantindré – partendo da Enrico Berlinguer per arrivare fino ad Alberto Alesina e ritorno – ma che è fatta da uomini e donne di mondo, capacissimi di rinnegare per il bene della patria e del partito quel che avevano non solo sostenuto, ma proposto.

D’altra parte, l’articolo 18 e la mitica «reintegra» ha un tale grado di non negoziabilità simbolica nella tradizione di sinistra che pure le nuove (e ultime) Brigate Rosse ne sono state affascinate e, per legittimarsi agli occhi dei lavoratori, hanno iniziato a minacciare e ammazzare i giuslavoristi (Sergio D’Antona, Marco Biagi) che ne mettevano in discussione effetti e utilità. Le ultime vittime designate del terrorismo rosso in Italia sono cadute proprio per avere bestemmiato questa consunta coperta di Linus.

Peraltro, il padre di tutti i referendum, il numero 1, non ripristina affatto l’articolo 18, ma la disciplina sui licenziamenti illegittimi introdotta dalla legge Fornero, di cui la Cgil diceva peste e corna. Ma il tradizionalismo di sinistra è fatto così, è trinariciuto e clericale nel rapporto con la verità. Tecnicamente si poteva fare solo questo referendum, quindi facciamo finta che dica un’altra cosa.
La vera differenza tra Landini e Viganò è che il secondo alla fine è stato scomunicato, mentre il primo è riuscito a scomunicare tutti i suoi nemici, lasciando a Elly Schlein il privilegio di salvaguardare una piccola riserva di panda dem dissenzienti – lo zoo dei riformisti – come prova suprema di liberalità pluralista. Ma sono Landini e la sua Cgil a dettare l’agenda del nuovo, cioè vetusto, laburismo democratico.

I referendum non sono stati fatti per cambiare le leggi in vigore, ma per ripudiare il figlio della colpa progressista – il Jobs Act – e celebrare un rito di espiazione. I referendum sono una liturgia dell’abiura. Come Viganò pensa della Chiesa, così Landini pensa della sinistra: che sia in crisi perché ha ceduto allo spirito dei tempi, perché il tradimento dei valori non negoziabili della tradizione disperde il gregge dei fedeli e lo consegna alle fantasmagorie della modernità.
Ovviamente, c’è tanta possibilità che le chiese e i seminari tornino a riempirsi di giovani appassionati con le ricette di Viganò, quanta che le urne della sinistra tornino a raccogliere in massa il voto del proletariato salariato.

Forse Elly Schlein, che ha seguito Landini sui referendum con gregaria stolidità, dovrebbe riflettere che oggi qualunque richiamo alla tradizione, fosse pure quello all’album di famiglia della sinistra e alla gran bontà de’ cavallieri antiqui, è esattamente il modo in cui, non solo in Italia, la destra si sta mangiando la sinistra, promettendo di tornare ai bei tempi in cui non c’era la globalizzazione, c’erano le nazioni sovrane e gli stranieri se ne stavano a morire di fame a casa loro.





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