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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

. . . per ora non si rigira nella tomba, ma potrebbe .....
. . . . . . . . . . farebbe bene a smettela di fà .....
Vorrei ringraziare i ragazzi dell ufficio informatica .....
Pensieri, dubbi e parole di Falcone: “Non ho paura .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com

Pubblichiamo uno per volta gli articoli che ci avete mandato sul tema "donne e cibo"

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Visti da vicino...
di Valdo Mori
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Palestina-Gaza
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MARCO BELLINI ESULTA PER IL RISULTATO OTTENUTO
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SI REALIZZI CONTESTUALMENTE UN’ESTESA ZTL.
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vincitori Mariano Cattano e Francesca Balloni
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Con chi è prodigo l'amore
con la gioia o col dolore?
Ah poterlo misurare!
Oh poterlo soppesare!
Sono certa che fa il pieno
di dolore.
E di gioia? .....
Buongiorno,
guardiamo se scrivendo qualcosa anche qui, oltre che averlo fatto su PisaToday, qualcosa si possa muovere.

Alla c. a Resp. Servizio .....
Di Mario Lavia
Quorum sinistro-i referendari fanno flop, eppure fischiettano sulle conseguenze politiche.

10/6/2025 - 9:12


Quorum sinistro-I referendari fanno flop, eppure fischiettano sulle conseguenze politiche

 

I quesiti su lavoro e cittadinanza hanno mobilitato solo gli apparati dei partiti della sinistra radicale, senza alcuna presa sul Paese reale. Il solito gesto autoreferenziale di un campo politico sempre più ristretto

Non sarà il flop dei referendum a spostare alcunché nella linea dei promotori – la Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil) – e dei sostenitori – il tripartito Partito democratico-Movimento 5 stelle-Alleanza Verdi e Sinistra. Non è come una volta, come quando, nel 1978, il Partito comunista italiano convocò una Direzione perché aveva perso le comunali a Castellammare di Stabia, «un campanello d’allarme», si disse. Macché, oggi è il tempo della velocità, tutto si brucia in due giorni, si passa ad altro: e poi, che vuoi fare, concretamente, nel Partito democratico di oggi?

E dire che, in teoria, ci sarebbe materia per una vera riunione della Direzione (vedremo), anche se il problema della natura di questo partito è ben più ampio. Come al solito, è stata Pina Picierno a parlare il linguaggio semplice della verità, evidenziando che è stata «una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri».

Ma l’esponente riformista sa benissimo che, al Nazareno, fanno proprio questo: «acrobazie assolutorie». Il Sì prende più o meno i dodici milioni che desiderava per – parola di Francesco Boccia, mica uno qualunque – mandare un «avviso di sfratto al governo». La segretaria Elly Schlein non traballa minimamente e produce il solito ragionamento politicista: «Per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra, mandando Meloni al governo nel 2022. Quando più gente di quella che ti ha votato ti chiede di cambiare una legge, dovresti riflettere invece che deriderla».

Cose da pazzi: semmai, Giorgia Meloni brinda al fatto che il quasi trenta per cento di votanti (compresi No, bianche e nulle) equivale alla percentuale che i sondaggi attribuiscono a Fratelli d’Italia da sola. E perché dovrebbe spaventarsi o, come pretende il Nazareno, cambiare la legge perché lo chiede una minoranza di elettori?

Ci prova un’altra eurodeputata riformista, Elisabetta Gualmini, ad alzare un po’ il tono: «Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti, su un referendum che doveva “correggere gli errori del vecchio Pd”, si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi. Aver rotto l’unità sindacale, in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore, con quesiti rivolti al passato e pochissimo legati alle patologie del mercato del lavoro di oggi. Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada così. Auguriamoci almeno una discussione franca, magari anche con quelli del vecchio Pd».
Il Pd – dice Giorgio Gori – «si è infilato in una battaglia ideologica, anacronistica, troppo tecnica e quindi incomprensibile ai più, a traino della Cgil e contro la sua stessa storia finendo per regalare a Giorgia Meloni una vittoria di cui proprio non si sentiva il bisogno».

Il triumvirato Schlein-Conte-Fratoianni, dunque, non sfonda da nessuna parte e, anzi, forse ha perso qualche pezzo per strada. Il problema non è tanto il rapporto con Matteo Renzi e Carlo Calenda, anche se prima o poi bisognerà che il Nazareno, in qualche modo, riapra la pratica: il problema è il rapporto con quella gran parte del Paese che non sfila dietro il tripartito di sinistra.
Alla fine, a reggere la scala alla Cgil, è stato solo il Pd: dove sono finiti gli elettori di Giuseppe Conte? Ma, tornando agli equilibri interni del Pd, non è impossibile che ci siano esponenti della maggioranza un pochino più lucidi dei pasdaran della leader, che proveranno a dire la loro. Chissà se Dario Franceschini, per fare un nome, ieri era contento del boomerang che il Nazareno ha scagliato contro se stesso. Ma, certo, di rese dei conti non ha voglia nessuno. Fa pure caldo.

Infine, su Maurizio Landini. La sua Cgil non ha esitato a spaccare i sindacati, ancora più di quanto già non fosse, per una battaglia che i lavoratori, i disoccupati, i giovani, non hanno in maggioranza seguito. Lo scollamento del principale sindacato italiano dal popolo è un fatto nuovo e abbastanza grave: al punto che dovrebbe indurre Landini a fare un gesto, anticipando la sua uscita, già fissata tra un anno. Ma sono cose che si facevano un tempo, e infatti lui ha detto che «non ci pensa nemmeno», a dimostrazione che, in questa politica, oggi non ha voglia nessuno e fa pure caldo




 













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