none_o

Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

#NotizieDalComune #VecchianoLavoriPubblici #VecchianoSport
none_a
Pisa, 17 marzo
none_a
Comune di Vecchiano
none_a
. . . quello che si crede sempre il migliore, ora .....
. . . la merxa più la giri, più puzza e te lo stai .....
. . . camminerebbe meglio se prima di fare il tetto .....
Ad un grosso trattore acquistato magari con l'aiuto .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
D'ANNUNZIO
di Andrea Balestri
La biografia di D'Annunzio

25/10/2010 - 11:14

 BIOGRAFA

 

PRATO 1863-1881

Per dare alla propria origine un sapore mitologico, egli diceva di discendere da un’antica dinastia di anacoreti della Majella, domatori di aquile e di lupi, e di essere nato il 12 Marzo 1863 in alto mare in una galea. La verità naturalmente è molto più pedestre. Suo padre Francesco Paolo era un modesto mercante di Pescara, la madre Luisa de Benedictis di nobile famiglia (che chiamerà Gabriele “Il lupetto della Maiella”). Il cognome è assunto dal padre per mezzo dello zio adottivo: un nobile marchigiano Antonio d'Annunzio. Mentre il nome di Gabriele è una promessa fatta al nonno paterno in onore del Santo protettore di un suo veliero da pesca. Gabriele è il terzogenito di 5 fratelli, degli amici e delle amiche è il signore e padrone assoluto; perchè vanta il privilegio e l'intelligenza nei confronti dei primi, ed una spiccata precocissima capacità amatoria nei confronti delle seconde. Nel 1874 il padre lo iscrive al Reale Collegio Cicognini di Prato, uno dei più rinomati Collegi italiani, ( che chiamerà “Infame caserma Gesuitica”). Quando varcò la soglia aveva 11 anni e 8 mesi, piccolo di statura e ben piantato sulle gambe e con una folta chioma di capelli ricciuti, tantè che lo chiamavano “il barbaro”. La sua è una figura di allievo irrequieto e ribelle, ma si mostrò meritevole dei sacrifici cui la famiglia dovette sobbarcarsi per mantenervelo; a soli sedici anni conobbe la gloria grazie a una raccolta di poesie, Primo vere. (pubblicata a spese del padre in pochi esemplari, edizione Tipografiche Ricci di Chieti), dedicata ad Enotrio Romano e cioè a Carducci che aveva adottato questo pseudonimo nelle sue Odi Barbare. Il libro fu subito sequestrato dai professori e bandito all'Indice per i suoi accenti eccessivamente sensuali e scandalistici, ma fu favorevolmente recensito dal Chiarini sul “Fanfulla della domenica” . A quei tempi la poesia era monopolio dei professori, e a dettarvi legge erano Carducci e i carducciani, che per rilasciarne il passaporto non chiedevano ispirazione e originalità, ma un ben nutrito bagaglio retorico-umanistico sapientemente filtrato attraverso modelli greci e latini, come del resto voleva la tradizione aulica e accademica Italiana. Il giovane debuttante pagò il pedaggio a tutte le convenzioni mostrandosi zelante discepolo di Ovidio e di Properzio e mobilitando sul loro esempio tutti gli Dei dell’Olimpo, ma con una spiccata preferenza per Venere. Fu questo che gli valse l’incondizionato elogio della critica. La quale forse non gliene avrebbe prodigati tanti se, sotto la perfetta imitazione degli schemi scolastici, avesse percepito il genuino lirismo che vi faceva capolino, e che costituiva la vera “promessa” del debuttante.

 

ROMA 1881-1889

Sull’onda di quel precoce successo, d’Annunzio piombò a Roma deciso a conquistarla. Per i circoli giornalistici e letterali aveva già il biglietto d’ingresso, e infatti vi fu subito fraternamente accolto. Ma la sua ambizione era di espugnare quelli mondani che si mostrarono molto più renitenti. Piccolo di statura e privo di attrattive fisiche, oberato dei modi e dell’accento del provinciale abruzzese, e piuttosto accorto di mezzi, egli non aveva nulla per farsi largo nel chiuso ed esclusivo mondo dei palazzi romani, se non il talento e la penna, cioè dei valori che in quel mondo non avevano quotazione. L’aristocrazia nera, cui il borghesuccio pescarese imprestava costumi e gusti rinascimentali, era in realtà sorda ad ogni stimolo intellettuale, e come la Chiesa, da cui derivava i suoi titoli e i suoi feudi, considerava la cultura un’arma del diavolo. Salvo rare eccezioni, i suoi esponenti si occupavano soltanto di caccia e di cavalli, non parlavano altra lingua che il dialetto romanesco, e la loro grandeur, quando c’era, era quella del bovaro, sia pure di gran razza. Nelle cronache mondane che prese a pubblicare sui giornali, d’Annunzio descrisse questi orgogliosi e rozzi principi come dei raffinati sibariti maestri di eleganza non si sa se per sedurli o perché così seguitava a vederli nella sua fervida immaginazione di piccolo snob provinciale. L’ adulazione non fece in loro nessuna breccia, ma ne fece nelle loro mogli e figlie. Quelle di loro che sapevano leggere, e che forse non erano la maggioranza, cominciarono a provare una certa curiosità, mescolata a gratitudine, per quel forbito ritrattista che, senz'averle mai viste, imprestava loro colli di cigno, mani di fata, viti di vespa e battute da Madame de Stael. Se il ritratto era sbagliato, il calcolo si rivelò azzeccato. Felici di riconoscersi nelle raffinate gentildonne dai nomi altisonanti e dai gusti perversi di cui l’immaginoso reporter popolava le sue cronache con gran scialo di termini esotici e sofisticati (fu il primo a parlare di flirt e di five ‘oclock tea), esse se le presero a modello. E così cominciò lo strano e inusitato fenomeno di uno scrittore che, invece di dare un’immagine della società, diede alla società l’immagine propria e la costrinse a rassomigliarle.

 

PALAZZO HARDOUIN

Il primo palazzo che si arrese al giovane parvenu fu quello di un principe romano che non era né principe né romano. Il suo titolare era un francese, Hardouin, che in ricompensa dei servigi prestati prima del 1870 come ufficiale nel piccolo esercito mercenario del Papa, era stato da questi autorizzato a sposare la Duchessa di Gallese, e assumerne il nome e il titolo. Rimasto vedovo, aveva preso una seconda moglie, che gli aveva dato una figlia, Maria Teresa: una giovinetta romantica, che aveva un debole per la poesia e i poeti. E’ difficile stabilire se d’Annunzio si innamorò di lei o del suo blasone, ma è accertato ch’essa s’innamorò perdutamente di lui. Il Duca che come tutti i falsi nobili teneva al suo rango più di quelli veri, e per la ragazza sognava un matrimonio con qualche Ruspali o Colonna, minacciò perfino di rinchiuderla in convento. Ma Maria fu irremovibile. Disertate dal padre e da tutta l’aristocrazia, quelle nozze furono considerate uno scandalo, ma appunto per questo costituirono uno dei grandi avvenimenti della Roma degli anni Ottanta. Esse resero popolare d’Annunzio anche negli ambienti che più si mostravano allergici e fecero di lui il primo scrittore veramente “mondano” che l’Italia abbia avuto. Egli non venne ammesso nel salotto intellettuale della Regina Margherita, ma lo costrinse a occuparsi spesso, e sia pure in tono di riprovazione, delle sue gesta. Il matrimonio con Maria fu felice per tre anni, poi si sfasciò, o meglio andò lentamente alla deriva, perché una vera rottura non ci fu. Diseredata dal padre, la povera donna rimase con i tre figli (Mario, Gabriellino e Veniero), che d’Annunzio le aveva dato e ai quali dovette provvedere da sola. Egli non poteva badarvi, occupato com’era a perfezionare, nella vita e nei libri, il suo personaggio.

 

ANDREA BALESTRI

 

andreabalestri@interfree.it

 

LA CULTURA NON HA PREZZO: CHI FOSSE INTERESSATO AD UNA EVENTUALE MOSTRA “GRATUITA” PUO' RICHIEDERLO.                           (VIETATA LA RIPRODUZIONE)

 

LIBRO CONSIGLIATO Il Piacere di G.d'Annunzio (varie edizioni tascabili il prezzo oscilla tra il 6,00 e 9,00 euro) oppure c/o qualsiasi Biblioteca Comunale o Stato

 

P.s LA BIOGRAFIA CONTINUA PROSSIMA SETTIMANA

     

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri