Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Il 30 ottobre del 1974 tutto il mondo è in trepidante attesa per l'incontro di pugilato che vedrà di fronte, a Kinshasa, l'attuale campione del mondo dei pesi massimi George Foremann con lo sfidante Muhammad Ali che tenta di riprendersi la corona. Uno degli avvenimenti sportivi più seguiti di tutti i tempi di cui riportiamo un video tratto da Youyube.
Quello che è considerato il più grande pugile di tutti i tempi, Cassius Clay alias Muhammad Ali (nome che ha adottato dopo essersi convertito alla religione islamica) è nato il 17 gennaio del 1942 a Louisville, Kentucky e ha iniziato a tirare di boxe per un caso fortuito, dopo essere capitato in una palestra mentre, bambino, era alla ricerca della sua bicicletta rubata.
Iniziato alla boxe da un poliziotto di origini irlandesi a soli dodici anni il futuro campione del mondo cominciò ben presto a raccogliere trionfi nelle categorie dilettantistiche. Campione olimpico a Roma nel 1960, si trovò però nel suo paese d'origine, gli Stati Uniti d'America, a combattere con un avversario ben più temibile di chiunque potesse incontrare sul ring: la segregazione razziale. Molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomito, Alì prese subito a cuore le tematiche che colpivano in prima persona i fratelli neri meno fortunati di lui.
Proprio a causa di un episodio di razzismo il giovane pugile arriverà a gettare il proprio oro olimpico nelle acque del fiume Ohio (solo nel 1996 ad Atlanta il CIO gli riconsegnò una medaglia sostitutiva).
Allenato da Angelo Dundee, Clay arrivò al mondiale a ventidue anni battendo in sette riprese Sonny Liston. Fu in quel periodo che Cassius Clay cominciò a farsi conoscere anche per le sue dichiarazioni provocatorie e sopra le righe che ebbero l'inevitabile conseguenza di far parlare molto di lui. Cosa che forse non sarebbe comunque successa se Alì, grazie al suo enorme carisma anche mediatico, non avesse avuto una reale presa sul pubblico. In effetti il suo modo di essere, spavaldo fino ad arrivare alla spacconeria, era una notevole novità "spettacolare" per quei tempi, esercitando un fascino immediato sul pubblico, sempre più assetato, grazie a quel meccanismo, di notizie e di informazioni sulla sua attività.
Immediatamente dopo aver conquistato la corona annunciò di essersi convertito all'Islam e di aver assunto il nome di Muhammad Ali.
Da quell'istante cominciarono anche i suoi guai che culminarono nella chiamata alle armi nel 1966 dopo essere stato riformato quattro anni prima. Affermando di essere un "ministro della religione islamica" si definì "obiettore di coscienza" rifiutandosi di partire per il Vietnam ("Nessun Vietcong mi ha mai chiamato negro", dichiarò alla stampa per giustificare la propria decisione) e venne condannato da una giuria composta di soli bianchi a cinque anni di reclusione.
Fu quello uno dei momenti più bui della sua vita. Decise di ritirarsi e venne attaccato per il suo impegno nelle lotte condotte da Martin Luther King e Malcolm X. Poté tornare a combattere nel 1971 quando fu assolto grazie a una irregolarità nelle indagini svolte su di lui.
Persa la sfida con Frazier ai punti, riuscì a tornare campione del mondo AMB solo nel 1974 mettendo al tappeto George Foreman a Kinshasa, in un incontro passato alla storia e ad oggi ricordato sui manuali come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre (celebrato fedelmente, dal film-documentario "Quando eravamo re").
Da quando però nel 1978 il giovane Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all'11a ripresa, iniziò la parabola discendente di Cassius Clay. Disputò il suo ultimo incontro nel 1981 e da allora si è impegnato sempre più nella diffusione dell'Islam e nella ricerca della pace.
Nel 1991 si è recato a Bagdad per parlare personalmente con Saddam Hussein, allo scopo di evitare la guerra con gli Stati Uniti ormai alle porte.
Colpito negli ultimi anni dal terribile morbo di Parkinson, Cassius Clay ha commosso l'opinione pubblica di tutto il mondo, turbata dal violento contrasto esistente fra le immagini esuberanti e piene di vita di un tempo e l'uomo sofferente e privato delle sue forze che si presenta adesso.
Alle Olmpiadi americane di Atlanta 1996, Muhammad Alì ha sorpreso e allo stesso tempo commosso il mondo intero accendendo la fiamma che inaugurava i giochi.
Il grande atleta, dotato di una forza di volontà e di un carattere d'acciaio, non si è fatto moralmente sconfiggere dalla malattia e continua a combattere le sue battaglie di pace, in difesa dei diritti civili, pur sempre rimanendo un simbolo per la popolazione di colore americana.
AFORISMI
«L'età è quella che pensi che sia. Si è vecchi quanto si pensa di esserlo.»
"Quando eravamo re" è un film documentario diretto dal regista Leon Gast.
Nato come documentario sul concerto di musica soul che doveva precedere l'incontro di pugilato tra Muhammad Ali e il campione del mondo George Foreman a Kinshasa in Zaire nel 1974, dopo una gestazione di ben ventidue anni divenne lo straordinario ritratto di uno dei più grandi atleti del secolo.
Il regista Leon Gast, attraverso interviste e filmati d'archivio, ricostruisce la carriera di Alì-Cassius Clay, il suo incredibile carisma e la battaglia per i diritti civili soprattutto in favore degli afroamericani.
Alì, nelle settimane che precedono l'incontro più difficile della sua carriera, si fa portavoce e simbolo del riscatto culturale e morale dell'intero popolo zairese, affrontando una sfida difficilissima (da alcuni definita impossibile) con un pugile più potente e più giovane di lui.
George Foreman, anche se a sua volta nero, nell'immaginario del popolo zairese diventa subito il nemico da battere, il simbolo della sopraffazione di un popolo ("Alì, boma ye" - "Alì uccidilo", è il grido di incitamento del pubblico di Kinshasa).
Emerge da questo film un ritratto sincero e umano, ma nello stesso tempo leggendario ed entusiasmante di un atleta che trascende il semplice significato sportivo.