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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
D'ANNUNZIO
di Andrea Balestri
La biografia di d'Annunzio (part.2)

1/11/2010 - 10:31

D'Annunzio

a cura di Andrea Balestri

 

LA BIOGRAFIA DI D'ANNUNZIO PART. 2 

 

IL PIACERE

Ed è in questo periodo 1888-1889 che scrive di getto il romanzo “Il piacere”. Di questo personaggio, il compito di rintracciare l’evoluzione spetta alla critica letteraria, ma dati gli sconvolgenti effetti ch’esso ebbe sulla società italiana, occorre dirne l’essenziale. La sua prima incarnazione fu Andrea Sperelli, il protagonista del Piacere, il romanzo che fece di d’Annunzio lo scrittore più letto d’Italia. Sperelli è un gentiluomo di alto lignaggio, oberato di titoli e di stemmi, intriso di arte e di cultura, che fa del piacere la sua legge e trascorre la vita a raffinarlo e distillarlo con filtri e riti sempre più complicati. Questo eroe-esteta non era affatto nuovo nella letteratura europea: a fornirne il modello erano i maestri del “decadentismo” come Baudelaire e Walter Pater, dai quali certamente d’Annunzio lo derivò, e che facevano del Bello l’unica vera religione dell’uomo. Ma d’Annunzio non si accontentò di descriverlo. Volle “diventarlo”, fondando così, più che una scuola, una vera e propria dinastia letteraria che non fu soltanto italiana, e che arriva a dispetto delle profonde differenze stilistiche, fino ad Hemingway e a Malraux: quella degli scrittori che interpretano la vita come un romanzo e, prendendone a pretesto i grandi avvenimenti, cercano di viverlo da protagonisti. Come Andrea Sperelli, d’Annunzio fece dell’alcova il suo regno, non badò a mezzi per attrarvi le grandi dame e irretirvele, diventò il cliente più difficile (e più moroso) dei sarti di Roma, si circondo di oggetti rari e preziosi o ch’egli riteneva tali (perché di arte non capiva nulla, e i pataccari fecero sempre con lui i loro migliori affari). Insomma non trascurò niente per ergersi ad arbitrio di eleganza. E lo fosse o non lo fosse, come tale fu considerata da una certa “gioventù dorata”, che nello stile dello Sperelli cominciò a parlare, a vestire, a corteggiare le

donne. Ma lo Sperelli è anche quello che sulla fine del secolo aveva violentemente avversato le imprese coloniali, chiamato i caduti di Dogali

 

“Quattrocento bruti morti brutalmente”

 

e militato, sia pure da avventizio, nelle file pacifiste del socialismo, ora si era convertito alla guerra, la chiamava “risvegliatrice dei deboli” e diceva che solo essa poteva riscattare l’Italia dalla sua miserabile condizione di “museo e affittacamere dell’Europa spendereccia”. Sulla sua scia marciava la pattuglia dei futuristi di Marinetti, che riempivano l’Italia dei loro manifesti, delle loro poesie, delle loro mostre d’arte, dei loro schiamazzi raduni in cui si esaltava la modernità e il movimento, si contrapponeva la bellezza viva della velocità a quella morta dell’immobile arte tradizionale, e s’inneggiava alla violenza e alla guerra,

 

“sola igiene del mondo”.

 

D’Annunzio, oltre che grande poeta, era anche grande istrione e Marinetti una testa un po’ debole. Ma la loro voce trovava eco anche in uomini di sicuro talento artistico come Boccioni, Soffici e Carrà e di alto livello culturale come Papini, Prezzolini e Corradini. D’Annunzio sciolse il suo inno alla “gesta d’oltremare”, i braccianti meridionali posero assedio alle Questure chiedendo passaporti per la Tripolitania, e Giustino Fortunato, pur definendo l’avventura “infruttifera e perigliosa”, disse che andava benedetta perché dava agli italiani: “la coscienza di essere italiani”. Lo sciopero generale di protesta bandito per impegno di firma dalla Confederazione del Lavoro, fallì. Solo in Romagna ci fu un tentativo di bloccare le tradotte militari svellendo i binari. A inscenarlo furono il socialista Mussolini ed il repubblicano Nenni, che finirono in prigione. Un altro socialista, De Felice, ch’era stato l’eroe dei sanguinosi “Fasci” siciliani, chiese l’onore di essere imbarcato fra i primi, e da Tripoli mandò al suo giornale una corrispondenza in cui diceva che “il deserto è tutta terra coltivabilissima”. La “grande proletaria” (si è mossa), come Pascoli chiamava l’Italia, cantava in coro:

 

“Tripoli, bel suol d’amore”.

 

IL SUPERUOMO DANNUNZIANO

Tutti i protagonisti dei suoi romanzi e racconti del primo periodo non sono che le diverse sfaccettature di questo stesso personaggio via arricchito di sempre nuovi elementi: la violenza, la perversione, l’incesto, che seminavano scandalo nel timorato pubblico italiano maggiorando il successo dell’autore. Ma il Claudio Cantelmo delle Vergine delle rocce e il Corrado Brando di Più che l’amore dirazzano alquanto dalla famiglia degli eroi-esteti che li avevano preceduti. Essi non attingono i loro titoli di superiorità alla raffinatezza del gusto e della cultura, ma alla loro vocazione di uomini di potere e di comando, ereditata con il sangue da una lunga dinastia di antenati belluini. Per loro la donna non è la sacerdotessa della voluttà, ma il riposo del guerriero. Non la seducono; la violentano in base al diritto del più forte riducendola a puro strumento della preservazione di una razza: la razza dell’Eroe latino. Anche Claudio Cantelmo non è che un figlio spurio di d’Annunzio. Il suo vero padre spirituale era il filosofo tedesco Federigo Nietzsche che proprio in quegli anni aveva elaborato la “teoria della superiorità della sua razza incarnata in un biondo Zarathustra, l’uomo, anzi il Superuomo d’azione, il demiurgo esentato da ogni legge civile e da ogni scrupolo morale”. Che d’Annunzio avesse realmente letto tutte le opere di Nietzsche, allora poco note, non ancora tradotte in italiano. Queste idee erano nell’aria della cultura occidentale, largamente dominata dalle teorie darwiniane della evoluzione, per cui era legge di natura che in tutte le specie animali, compreso l’uomo, il più forte sopravvivesse a spese del più debole distruggendolo. Nitzsche le aveva volte a gloria nel suo atletico Sigfrido rivendicandone l’esclusiva al suo ceppo germanico, che effettivamente sulla fine dell’Ottocento affermava i suoi primati in tutti i campi. D’Annunzio prese pari pari questo “biondo superbo animale sempre in cerca di preda” e lo tradusse in edizione mediterranea con alcune variazioni: da biondo lo fece bruno, invece di Sigfrido gli diede per progenitori Ulisse e Achille, e più che ai muscoli ne attribuì la forza all’intelligenza e alla cultura, anche per conservagli qualche carattere che lo facesse riconoscere della famiglia sua e di Andrea Sperelli.

 

IL SOGGIORNO NAPOLETANO 1892-1893

Gli anni trascorsi a Napoli furono definiti dal d’Annunzio di “splendida miseria”, in quanto i disagi finanziari furono mitigati dall’entusiasmo per la nuova fiamma, Maria Gravina (moglie del conte Ferdinando Angiussola di San Damiano e madre di 4 figli), nonché dalla proficua produzione letteraria. Nel 1892 apparvero anche “Le elegie romane” presso Zanichelli di Bologna (con dedica al Nencioni). Il rapporto con la Gravina, che, abbandonato il marito, si era trasferita ad Ottaviano con i figli, creò non poche difficoltà al D’Annunzio e dal punto di vista economico e per le avversità scaturite negli ambienti aristocratici. Nel 1893 la coppia affrontò un processo per adulterio. D’Annunzio, intanto si era trasferito a Resina con la nuova famiglia, accresciuta per l’arrivo di Renata (la Sirenetta del Notturno,nata a Gennaio 1893). Le necessità economiche lo spronarono ad affrontare un intenso lavoro. Oberato di debiti propri e paterni presso Michetti; la Gravina e la piccola Renata si trasferirono, invece, a Roma in un alloggio temporaneo, procurato dall’amico Pasquale Masciantonio. Di questo periodo è il suo secondo romanzo "L'Innocente" ed "Il trionfo della morte".

ANDREA  BALESTRI

andreabalestri@interfree.it

 

LA CULTURA NON HA PREZZO: CHI FOSSE INTERESSATO AD UNA EVENTUALE MOSTRA “GRATUITA” PUO' RICHIEDERLO.                           (VIETATA LA RIPRODUZIONE)

 

LIBRO CONSIGLIATO Il Piacere di G.d'Annunzio (varie edizioni tascabili il prezzo oscilla tra il 6,00 e 9,00 euro) oppure c/o qualsiasi Biblioteca Comunale o Stato

 

P.s LA BIOGRAFIA part. 3 CONTINUA PROSSIMA SETTIMANA

 

 



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