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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
ANNIVERSARIO
Alluvione di Firenze

3/11/2010 - 19:23

 

 

Sono appena trascorse le feste di Ognissanti e ormai da diversi giorni tutta la penisola è attraversata dal maltempo: consistenti precipitazioni hanno interessato soprattutto il Veneto e la Toscana. Ma se il Polesine desta qualche preoccupazione, nessuno appare preoccupato della situazione di Firenze; la piena dell'Arno in apparenza è ordinaria, sembra rientrare fra i ricorrenti fenomeni stagionali.
Purtroppo però, non si tratta del classico temporale autunnale perché la pioggia non cessa dal 25 ottobre e nella sola notte tra il 3 e il 4 novembre cadono quasi 200mm di acqua, rispetto ad una media di 823mm di precipitazioni in tutto l'anno. L'esercito, le forze dell'ordine e i vigili del fuoco sono stati allertati sulla pericolosità della situazione, ma la popolazione civile rimane ignara e comunque le maggiori preoccupazioni riguardano l'alto Valdarno e il Mugello, il bacino idrografico a monte di Firenze dove tutti i torrenti da Arezzo a Reggello e Pontassieve stanno straripando causando rischiosi allagamenti.
Con le prime vittime l'Arno comincia a far seriamente paura, ha già inondato l'intero comprensorio e la piena è inesorabilmente diretta verso Firenze, mentre le squadre di soccorso sono ancora occupate nei comuni limitrofi.

 All'alba del 4 novembre il fiume inizia a rompere gli argini anche nel capoluogo: invase le zone di Varlungo e Gavinana, la piena procede per i lungarni e sommerge tutti i quartieri storici per raggiungere nella mattinata anche Santa Croce e Piazza del Duomo; l'ondata si moltiplica anche nei comuni della periferia a valle (Sesto Fiorentino, Signa, Scandicci, Campi Bisenzio) con il concorso degli affluenti dell'Arno, e di fatto tutta l'area urbana si ritrova isolata.
Il livello dell'acqua, che raggiunge nel pomeriggio picchi di oltre 5 metri, supera di gran lunga tutte le precedenti inondazioni (compresa quella del 1844, ritenuta inarrivabile) ma l'allarme viene lanciato solo all'ultimo momento e i soccorsi tardano per mettersi in moto: la popolazione, che come le autorità ha sottovalutato l'entità della piena, è costretta a far fronte alla calamità in poche ore ed in una situazione di completo caos; i vigili del fuoco intraprendono missioni di salvataggio adattandosi con mezzi improvvisati come semplici gommoni. Se la priorità è quella di mettere in salvo la vita, in molti temono anche per i propri beni o le proprie attività, e tutta la città trema per la sorte dei suoi monumenti e dei suoi capolavori artistici.
La marea impetuosa di acqua e fango, carica oltretutto della nafta raccolta dai diversi serbatoi cittadini, trasporta con sé detriti, automobili e tutto ciò che incontra sul suo cammino. Rischia di essere spazzato via Ponte Vecchio, ma l'assedio interessa anche Palazzo Vecchio e gli Uffizi, mentre la Biblioteca Nazionale e Santa Croce sono già allagate: con una rincorsa frenetica si cerca di mettere al riparo il salvabile, nel terrore di perdere per sempre opere preziosissime troppo pesanti o ingombranti per essere tempestivamente messe in salvo.
Roma e il resto d'Italia si accorgono della sciagura soltanto in serata, quando le persone rifugiate sui tetti delle proprie case assistono speranzose ai primi segni di ritirata dell'acqua.

 L'inaudite proporzione dell'alluvione, che ha invaso la città con 250.000.000 m³ d'acqua e 600.000 m³ di fango, coglie tutti impreparati; con le strade inagibili, ogni ponte sommerso e tutte le condutture idriche elettriche e telefoniche interrotte, Firenze è soggetta ad altissimi rischi di epidemie o saccheggi e, completamente isolata e divisa in due, non viene ancora raggiunta dai soccorsi inviati dal governo.
La solidarietà dei volontari, che cominciano a mobilitarsi da ogni parte, svolge quindi un ruolo decisivo nella frenetica opera di soccorso che, in una lotta contro il tempo, deve riuscire a risollevare una città prostrata dal disastro.
Lo scenario che si presenta nei giorni successivi alla piena dell'Arno è quello di un apocalisse: ai danni provocati dall'acqua si aggiungono nuovi pericoli per il fango, che non può ritirarsi e anzi nel processo di essiccazione risulta ancor più difficile da rimuovere.
I fiorentini devono dunque cimentarsi in un lavoro durissimo e convivere con la sensazione di essere stati abbandonati dallo Stato, ma si rimboccano le maniche e pur criticando le autorità (compreso il presidente Saragat giunto in città per un sopralluogo) non perdono la loro indole vivace e irriverente: le vetrine degli esercizi si popolano di cartelli burleschi e i sorrisi, per quanto amari, sostengono lo sforzo immane che coinvolge tutta la cittadinanza.

 Arrivato finalmente anche l'esercito, ci si accorge ben presto che la situazione disperata richiede ancora più braccia, mezzi e fondi di quelli a disposizione. Tutto il mondo è in apprensione per i tesori che Firenze custodisce, perciò da tutta Europa come dall'America si raccoglie senza esitare il silenzioso appello alla mobilitazione, fino a formare una commovente, immensa catena di solidarietà. La sensibilità dei facoltosi benefattori riuniti nel CRAI, il comitato per il salvataggio dell'arte italiana sorto con il patrocinio di Ted e Jacqueline Kennedy, assicura il necessario sostegno economico. Spontaneamente, convergono in città migliaia di volontari che si dedicheranno per mesi, senza soste, ad un'opera di recupero senza precedenti e, per il loro determinante contributo al salvataggio del patrimonio artistico fiorentino, verranno successivamente battezzati "gli angeli del fango".
Il salvataggio ha miracolosamente successo per la maggior parte dei capolavori danneggiati dall'alluvione, anche per merito delle nuove tecniche di restauro che proprio in questa occasione iniziano per la prima volta ad applicare metodi scientifici accurati; purtroppo però, per alcuni esemplari i danni sono irreparabili; opere preziosissime (su tutte, il Crocifisso di Cimabue custodito a Santa Croce, ma anche centinaia di volumi della Biblioteca Nazionale) sono ormai irrimediabilmente rovinate: anche Paolo VI, in visita a Firenze durante il successivo Natale, non nasconderà la propria amarezza per questa straziante perdita.

 

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