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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
IL PROVERBIO
Quando la barba.....

17/11/2010 - 16:01

Il proverbio di oggi:
Quando la barba fa bianchino

lascia la donna e tienti il vino!

 

 

Il modo di dire:

Cascare come una pera cotta.

Cadere a corpo morto, come una pera molto matura o marcia (cotta) cade pesantemente dall’albero.

 

 

Dal libro “Le parole di ieri” di G.Pardini

 

SIPE

Lett: nc.

SIPE era l’acronimo di Società Italiana Polveri Esplosive ed era una marca molto famosa di polvere da sparo che tutti i cacciatori acquistavano per confezionare artigianalmente le cartucce.

Ogni cacciatore degno di questo nome preparava infatti da solo le proprie cartucce.

Misurini, staderine, stoppacci, borace, pallini di varie misure e SIPE si trovavano nelle baracche di quasi tutti i cacciatori del paese.

Le varie dosi di polvere, il loro tipo, il numero dei pallini (il numero stava ad indicare le loro dimensioni), variavano secondo il tipo di caccia, cioè delle dimensioni dell’animale contro cui erano rivolte e del clima, secco od umido, che incideva sull’efficienza della carica.

Per i tordi ed uccelli di dimensione simili si usavano le cartuccine con dose 1,50-31 (un grammo e cinquanta di polvere e trentuno grammi di piombo), per gli animali più grandi 1,80-36 (più polvere e più piombo) (Dosi di Nardi Odasco di cui l’Autore non si  assume responsabilità-ndr).

Per alcuni cacciatori il segreto per avere cartucce artigianali efficienti era il periodo della preparazione: tassativamente durante i solleoni, cioè dal 15 luglio al 15 agosto, quando la polvere era asciutta e la pesatura perfetta e non condizionata dall’umidità dell’aria.

La polvere più usata era appunto la SIPE ma forte andava anche la DN, mentre altre marche erano meno diffuse (Siem , Apcania, Excelsior). Mentre un tempo era pratica comune attualmente è quasi del tutto scomparsa per più di un motivo: la polvere da sparo si reperisce con sempre maggiore difficoltà, le cartucce sparate dal cacciatore in un anno sono sempre di meno ed anche la spesa è diventata accettabile, i bossoli di plastica attuali non sono considerati efficienti come i vecchi di cartone.

 

Un tempo la preparazione delle cartucce era anche motivo di confronto e discussione fra cacciatori perché ognuno riteneva, naturalmente, che le proprie fossero le migliori. Anche mio nonno Oreste un anno provò a fare delle cartucce per il 32 (era un tipo di fucile, di calibro abbastanza piccolo). Sparò ad un passerotto ma il botto e il rinculo dell’arma fu così forte che lo scaraventò a terra ed il passerotto se la cavò solo con un grande spavento. Lui disse perché era umido e la cartuccia era da asciutto, tuttavia rimasero molti dubbi sulla perfezione della preparazione.

 

Siccome i cacciatori migliarinesi erano anche grandi fumatori, sipe diventò anche sinonimo di sigaretta. “Dammi una sipe” era equivalente a dammi una sigaretta.

 

Anche le sigarette, come le cartucce, potevano essere fatte artigianalmente. Esisteva persino una specie di macchinetta che le arrotolava, ma di solito i fumatori preferivano farle manualmente. Si sceglieva il tabacco, di solito trinciato forte, si metteva nella cartina, si arrotolava, si leccava ed ecco fatto. Forse non era perfettamente rotonda ed uniforme e ci voleva un po’ di tempo, ma prepararla era una soddisfazione ed il tempo scorreva molto più lento di adesso.

 

Una persona che si diceva fosse un artista nella preparazione delle sigarette con le cartine era Lazzeri Oscar, conosciuto da tutti come Bagarana, celebre pescatore di Serchio senza fissa dimora. Teneva il tabacco in una tasca e testimoni riferiscono di averlo visto con una mano girare il burberino, e con l’altra arrotolare la cartina e tirare fuori la sigaretta.

Di Bagarana rimane famoso il detto: “la miglior pasta è il riso”.


Nel periodo a ridosso della guerra, la seconda mondiale, le sigarette più diffuse erano le Milit, facendo parte anche della dotazione dei nostri militari con il liquore e le gallette. Erano nella dotazione chiamata “viveri di conforto” che veniva fornita agli ufficiali e che comprendeva tra l’altro anche cinque Milit giornaliere ed una grappa profumata, servita solo la domenica.

La sigaretta però non era molto apprezzata, aveva anche un odore poco gradevole tanto che per lei fu coniato l’acronimo:  MILIT  Merda Italiana Lavorata In Tubetti.

 

Poi ci fu l’avvento delle Nazionali ma cominciarono a comparire anche marche diverse. Ricordiamo le Alfa, le Tre Stelle, le Moresca, le Macedonia, Aoi, Zara e le straniere Turmac, Camel, Luky Strike, Chesterfield. Più tardi comparvero le Esportazioni, le Aurora, le Giubek con una sfinge sul pacchetto, le aromatiche Edelweiss dalla caratteristica forma ovale, le Stop, le Linda, le Colombo, le Mentola, alla menta, che quando le aspiravi ti mancava il fiato. Si compravano anche sfuse, a numero, e il tabaccaio le infilava in quelle piccole bustine, che si mettevano nel taschino. Fra le straniere Peter Stuyvesant, Astor, Jhon Player Special, Pall Mall (lunghe, senza filtro, una boccata di catrame!), Ernte 23, Milde Sorte, Marlboro, Benson and Edges ecc. di cui molte sono ancora sicuramente presenti sugli scaffali sempre più ricchi dei tabacchini.

 

Aneddoto.

Alla stazione di Migliarino si divertivano spesso a fare gli scherzi a mio nono Oreste, che di solito li accettava di buon grado. Un giorno su un treno fermo sul binario morto capitò un vagone carico di pulcini tutti sistemati in grandi gabbie. Il Di Fatta, il Gasperi e lo Spadoni  ( lavoravano tutti alla stazione delle FFSS)  non si fecero sfuggire l'occasione e nascosero le gabbie con gli uccelli pigolanti nel canneto lungo la rampa del ponte. Corsero poi a chiamare Oreste dicendo che nel canneto c'era un branco di uccelli e che prendesse subito il fucile. Quando mio nonno arrivò col fucile gli offrirono delle cartucec speciali, come speciale era l'occasione di quell'enorme branco di uccelli che pigolava nel canneto.

Le cartucce erano naturalmente caricate a salve e mio nonno sparò molti colpi ma di uccelli a terra non ne cadde nessuno. A terra erano invece caduti, dalle risate, quei disgraziati che avevano organizzato la burla.

 

Nota: la foto ritrae due bambini nella primavera del 1966 sulle palafitte in cemento dell'allora Bagno Roma (oggi ristorante Barbarossa) a Marina di Pisa. La spiaggia non era ancora stata inghiottita dal mare (proprietà A. Giuntini)


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