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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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C'è qualcosa, un tesoro
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si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
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D'ANNUNZIO
di Andrea Balestri
La biografia di d'Annunzio (part. 7)

6/12/2010 - 11:25

Part 7

 

IL NATALE DI SANGUE 25 Dicembre 1920

 

D’Annunzio aveva risposto al “Trattato di Rapallo”, con un colpo di mano sulle isole di Arbe e di Veglia, e poi con un nuovo discorso dal balcone:

 

“Eccoci di nuovo soli, soli contro tutti col nostro solitario coraggio. Per Fiume, per le isole, per la Dalmazia, noi otterremo tutto ciò che è giusto. Ma se questo non potessimo ottenere, se non potessimo superare l’iniquità degli uomini e l’avversità delle sorti, io vi dico sul mio onore di soldato e di marinaio italiano che tra l’italia e Fiume, tra Fiume l’Italia e le isole, tra l’Italia e la Dalmazia resterà sempre il mio corpo sanguinante.”

 

Giolitti tentò di evitare il sangue accordandosi con l’autonomista Zanella per un moto insurrezionale all’interno della città che mettesse d’Annunzio in condizione di chiamare egli stesso le truppe di Caviglia o comunque gl’impedisse di far loro resistenza. L’operazione doveva avvenire il giorno di Natale all’alba, e Zanella la preparò d’intesa con Rejna per sincronizzare i tempi con i movimenti dell’esercito. Ma questo, contravvenendo ai patti, diede avvio all’azione la sera del 24. Caviglia lanciò un ultimatum cui il Comandante rispose, al contrario di Garibaldi, con un sonoro “Disobbedisco” e con un proclama ai soldati in cui, parafrasando Nelson, diceva che:

 

“l’Italia aspettava che nessuno facesse il proprio dovere”

 

Visti inutili i tentativi di pacifica composizione, Caviglia ordinò l’attacco in quello che poi d’Annunzio chiamò  “il Natale di sangue”. Di sangue ne corse poco perché una commissione di cittadini si presentò al Comandante scongiurandolo di porre fine a quella lotta fratricida. D’Annunzio rispose con un gesto degno di lui: affidando la decisione al “testa o croce di una moneta lanciata in aria, ma senza specificare quale significato attribuiva all’uno e all’altro segno. Venne testa, e lui le attribuì il significato della resa. I legionari avevano perso una ventina di uomini ed abbandonarono Fiume al grido di “Comandante non ci abbandonare”, D’Annunzio si trattenne per qualche altra settimana, per avviarsi poi verso il suo dorato esilio di Gardone. Tra il 1921 e il 1925 i legionari cercheranno senza successo di organizzarsi come forza politica e saranno oggetto, insieme agli arditi, delle rappresaglie poliziesche del governo mussoliniano, subendo pestaggi, perquisizioni, arresti. Proveranno in tutti i modi a coinvolgere il “Comandante”, nelle loro iniziative, ma è del tutto evidente che le battaglie parlamentari o associazionistiche non potevano minimamente riguardarlo.

 

AL VITTORIALE 1921-1938

Dopo l’esperienza militare d’Annunzio elesse come sua dimora la Villa Cargnacco sul Lago di Garda; in un apparente romitaggio curò la pubblicazione delle opere più recenti, e nel 1931 “L’Urna inesausta” contenete i discorsi di Fiume, nel 1932 furono pubblicati “I Canti della Guerra Latina” da Mondatori, il nuovo editore del Poeta, e con lo stesso editore pubblicherà l’opera Omnia. Al Vittoriale il vecchio poeta ospitò la pianista Luisa Baccara, che gli rimase accanto dal 1924 al 1933, inoltre la pittrice polacca Tamara de Lempicka. Entusiasta della Guerra di Etiopia, d’Annunzio dedicò a Mussolini il volume nel 1936  “Teneo te, Africa”. Nello stesso anno scrisse “Le dit du sorde et muet qui fu miraculè en l’an de grace 1266”, storia fantastica di un cavaliere errante, in francese falso antico. Ma l’opera più autentica dell’ultimo D’Annunzio fu “Il libro segreto” ossia “Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato di morire”, a cui affidò riflessioni e ricordi nati da un ripiegamento interiore ed espressi in una prosa frammentaria. L’opera testimonia la capacità del poeta, di rinnovarsi artisticamente anche sulle soglie della morte, giunta il 1 Marzo 1938. Ed in occasione della sua morte un giornale francese ha così scritto...

 

"Non è scomparso soltanto un poeta ma un uomo che ha saputo imporre i propri sogni agli altri uomini".

 

 Il Vittoriale e` aperto tutto l'anno:

da aprile a settembre:

Vittoriale aperto tutti i giorni: 8.30/20.00
Visita guidata alla Prioria dal martedì alla domenica: 9.30/19.00
Visita guidata al Museo della Guerra dal giovedì al martedì: 9.30/19.00

da ottobre a marzo:

Vittoriale: 9.00/17.00
Visita guidata alla Prioria dal martedì alla domenica: 9.00/13.00 – 14.00/17.00
Visita guidata al Museo della Guerra dal giovedì al martedì: 9.00/13.00 – 14.00/17.00

Prezzi ingresso

Vittoriale € 7  Vittoriale e visita alla Prioria € 12

Vittoriale e visita guidata al Museo della Guerra € 12

Vittoriale Prioria e visita guidata al Museo della Guerra € 16

RIDOTTI per studenti in comitiva, bambini dai 7 ai 12 anni e ultra sessantacinquenni

I bambini fino ai 7 anni non pagano

Su prenotazione sono disponibili visite guidate al Parco del Vittoriale per gruppi di minimo 15 persone

FONDAZIONE IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI

25083 - GARDONE RIVIERA (Brescia)
Tel. 036520130 - 036520581
Fax 036522352

 

I TESORI DI CARTA AL VITTORIALE

Donando il Vittoriale allo Stato d'Annunzio fece precisa menzione dei libri e delle carte che era andato accumulando negli anni. Prima, nel 1923 e quindi definitivamente nel 1930, l'atto di donazione sanciva con solennità il lascito della sontuosa casa-museo allestita a Gardone, sulla riva bresciana del lago di Garda.

"Come ho dato all'Italia tutto il mio cuore"

teneva a precisare il Vate,

"oggi offro all'Italia anche questo pezzo di terra e questa casa e tutto quello che di me é raccolto in quest'ultima casa: i miei libri, le mie suppellettili, le mie carte note ed ignote ".

Non priva d'astuzia, la generosa mossa del donatore mirava a manipolare il motto inciso sul Portale d'ingresso della residenza monumentale:

“Io ho quel che ho donato”

Motto, in fondo, sibillino, visto che d'Annunzio intende donare allo Stato ciò che lo Stato gli ha a sua volta elargito (il regime fascista ne finanzia con larghezza l'esilio volontario) e gli elargirà proprio grazie al gioco al rialzo innescato con la donazione. II lascito sarà dunque tanto più consistente quanto più lauti saranno i mezzi concessi per arricchirlo. Sempre nell'atto di donazione si fa appunto riferimento anche agli accumuli futuri:

"ardisco offrire al popolo italiano tutto quello che mi rimane e tutto quello che io da oggi sia per acquistare e per aumentare col mio rinnovato lavoro".

Si conservano oggi negli Archivi del Vittoriale oltre 30.000 carte autografe (stesure di opere, taccuini, appunti e pro memoria di varia natura...) che coprono un arco di tempo che va dalle prove giovanili, a cominciare da alcuni componimenti scolastici, fíno alle scritture degli anni che precedono la morte. Inquieto e itinerante, i numerosi traslochi non hanno impedito a D'Annunzio di conservare gelosamente le proprie carte, riservando una cura particolare a quelle dei suoi capolavori. Ricchissimo é, per esempio, l'apparato di Alcyone: elenchi di liriche, appunti preparatori, abbozzi di motivi, prime stesure e copie in pulito, come appare ora con chiarezza dall'edizione critica approntata da Pietro Gibellini. E lo stesso può dirsi di numerose altre opere di cui gli studiosi possono seguire la genesi compositiva dalla prima ideazione al prodotto finito.Dal 1935 in poi l’apparato di sorveglianza sul celebre inquilino del Vittoriale si fa sempre più fitto per ordine di Mussolini. Nel mese di Luglio, Mussolini di persona e Achille Storace segretario del PNF convocano a Roma Giovanni Comini (federale della città di Brescia dal 1935 al 1940) con un ordine ben preciso:

 

“Bisogna mettere d’Annunzio nelle condizioni di non nuocere”

 

Ogni iniziativa del Vate non gradita al regime sarà prevenuta e messa a tacere

 

Che cosa li avrebbe divisi i due?

Alle origini del fascismo d’Annunzio era stato anche utilizzato dalla fronda interna per minacciare Mussolini di una detronizzazione. Erano dei competitori. Entrambi rappresentavano un punto di riferimento per l’Italia in cerca di novità. D’Annunzio aveva anticipato alcuni aspetti del fascismo come il cameratismo, la retorica ed il gesto eroico, ma restava profondamente diverso da Mussolini per esperienze, gusti e orientamenti. Da una analisi del biennio fiumano emerge un tipo di impronta di governo libertario e anarchico che valorizza la libertà dell’individuo.

 

Perché d’Annunzio veniva considerato personaggio pericoloso?

D’Annunzio da fastidio in quanto personaggio autorevole con voce in capitolo sulle sorti dell’Italia. L’idea che dopo l’ascesa del fascismo possa starsene tranquillo come un Cincinnato, nel suo Vittoriale non piace a molti. Nei momenti di cambiamento della vita politica nazionale si cerca la sua parola. Nel suo mito sono cresciute tre generazioni di italiani. Il dissenso fra Mussolini e d’Annunzio emerge già dal 1924 “Delitto Matteotti”, e poiché Mussolini viene gettato sulla graticola e sfiancato perfino dalla sua maggioranza. D’Annunzio viene incitato dai suoi legionari a prendere un iniziativa forte per sconfessarlo. Cosa che non fa perché il Vittoriale è diventato una specie di isola, quasi extra territoriale in cui lui vive da re consapevole di rinunciare ad una parte di libertà.

 

Come può avvenire tutto questo nei confronti del Vate?

Quando si instaura la dittatura fascista d’Annunzio viene sempre più emarginato, la sua voce è in sordina. Non interviene più sulla scena politica. Ma sarà proprio nei momenti di difficoltà nella vita della nazione, come nel 1935 quando l’Italia si preparava a conquistare il posto al sole, che d’Annunzio darà segni di inquietudine. Prima dice ai suoi legionari di non arruolarsi volontari per combattere in Africa orientale. Poi vira da questa posizione. Nella fase in cui attenua i toni scatta l’iniziativa del regime  che intuisce una vigilanza di partito oltre a quella esistente. D’Annunzio, accetta, secondo un’espressione felice, di essere murato vivo nel Vittoriale che già era preso d’assalto dai visitatori. D’Annunzio doveva essere negato ad una certa quantità di persone che stazionavano negli alberghi al fine di essere ricevuti. Era un mito vivente; e questo suo isolamento per scelta e per imposizione, ha alimentato la leggenda proprio perché l’ambiente da operetta si prestava. In un momento di autonomia sembra aver detto:

 

“Fuori dal Vittoriale, non sarei che un vecchietto libidinoso.”

 

LA BIBLIOTECA

La biblioteca è lo strumento indispensabile per il vaglio dell'opera di d'Annunzio. Non però nei termini ovvi secondo i quali la biblioteca rivela la formazione culturale, le predilezioni o le "fonti" di ogni scrittore. Il libro (come la lettera) può collocarsi in sede d'apparato, quando, e accade di frequente, esso è vicario della scrittura. D'Annunzio poi segna e annota quei passi che convoglierà nel proprio testo fornendoci l'infallibile filo d'Arianna delle sue labirintiche letture. La biblioteca dannunziana é costituita da circa 36.000 volumi provenienti dal fondo Thode (già proprietario della villa di Cargnacco che diventerà il Vittoriale), dall'appartamento veneziano nel palazzo Barbarigo (d'Annunzio vi conservava i libri traslocati da Arcachon durante l'avventura fiumana) e infine dalla Capponcina. Si sa che tutto ciò che conteneva la leggendaria dimora di Settignano fu posto all'asta nel 1910, dopo la bancarotta che l'aveva costretto all'espatrio. D'Annunzio riesce tuttavia a recuperare fortunosamente qualche oggetto, qualche mobile e un certo numero di volumi (circa 2.000), secondo la testimonianza che egli stesso ci ha lasciato, segnalandoci l'evento memorabile. Il 10 Giugno 1922 scrive nei Frammenti di un colloquio avvenuto in un giardino del Garda,

"Proprio in questi giorni, ho avuto la gioia di recuperare i miei vecchi libri di Settignano e la mia bella raccolta dei citati".

É pertanto legittimo supporre, in attesa degli accertamenti dell'edizione critica, che senza il fortunoso reperto, non avremmo avuto l'alacre stesura delle memorie cruschevoli inserite nel primo tomo delle “Faville del Maglio”  del 1924. A ciò si aggiunga che, specie negli ultimi anni, d’Annunzio ama scrivere nel crepuscolo dell'alba sui risguardi di copertina. É un vezzo che si compiace di esibire e sul quale indugia nel Libro segreto proprio per avvertirci che i suoi libri possono contenere tesori di poesia:

"Da alcuni anni talvolta mi accade di svegliarmi  e di ritrovarmi perfettamente formata nello spirito un'ordinanza di versi, una vicenda di rime. Talvolta é un epigramma talvolta un'ode intera, e mi levo ansioso a cercare quel che mi occorre perché il carme non s'involi, perché il noctivagum melos non dilegui nel silenzio per sempre. Raccolgo un libro caduto dal capezzale; scrivo ne' primi fogli, nell'antiporta, ne' margini, negli spazi lasciati bianchi dalla stampa".

 

IL PATRIMONIO ICONOGRAFICO

Solo in parte catalogati si conservano alcune migliaia di fotografíe e numerosi filmati d'epoca. I documenti iconografíci conservati al Vittoriale rivestono un interesse che travalica di gran lunga l'illustrazione a latere. D'Annunzio é davvero uno dei protagonisti della nuova civiltà dell'immagine che si affaccia sul finire del secolo. Mentre le città, con la "folla", mutano volto colorandosi di lucide réclames e il mercato detta legge, egli comprende subito, fin da giovanissimo, che anche quella della cultura sarà ben presto un'industria dominata dall'implacabile legge della domanda e dell'offerta. La sua esperienza di giornalista mondano lo colloca per di più nella postazione privilegiata dalla quale osserva, ben vigile, l'avvicendarsi delle mode, il divismo agli albori e i nuovi strumenti efficaci a determinare quello e questo. Con i riflessi pronti e il sicuro intuito del provinciale inurbato che deve imporsi a tutti i costi, a d'Annunzio non può sfuggire il potere dell'immagine quando la neonata fotografia é al banco di prova come primo mass-medium. Eccolo dunque subito in posa per il ritratto, magari nei panni del protagonista del suo ultimo romanzo, in modo da inscenare un ammiccante trompe-l'oeil fra opera e autore. Tutte "fírmate", poiché egli fa capo ad artisti-fotografi (Michetti, Primoli, Nunes Vais...), le immagini che lo ritraggono fiancheggiano le opere di d'Annunzio al pari di un autocommento, e certo con grave danno interpretativo ci si priverebbe del clic che ha físsato le pose studiate del "vivere inimitabile". Detto questo, restiamo però ancora nell'ambito della scontata strategia del divo. L'importanza della fotografia va ben oltre e coinvolge, nel complesso, la propensione all'aggiornamento tecnologico che fa di d'Annunzio un letterato e un personaggio d'avanguardia. Prima di competere con i futuristi nell'elogio della macchina, egli é di fronte, intanto, a quella fotografica con l'intento di sfruttarne tutte le potenzialità: la fotografia invade cosi la casa e ancor più il laboratorio dello scrittore.  Se l'opera d'arte, anche tramite la riproduzione, é all'origine di tante pagine dannunziane, ai pié delle quali la nota dovrebbe consistere appunto, in una riproduzione, questa menzionata raccolta di fotografie d'arte, oggi consultabile, é spesso all'origine di ciò che d'Annunzio scrive negli anni di Gardone. E in più, per verificare il puntuale funzionamento di un meccanismo divenuto ormai automatico, la stessa raccolta fotografica serve al "perfettissimo addobbatore" di quella sua opera estrema che é il Vittoriale.
Biblioteca e Archivi del Vittoriale presentano dunque aspetti non ancora esplorati. Da essi può discendere una più sicura interpretazione dell'opera di d'Annunzio. Opera intesa nella più ampia accezione: oltre alla scrittura anche il mito del Vate, l'immagine che si impose e si impone su una scena non solo italiana merita l'attenzione che si riserva ai suoi tesori di poesia. E visto che d'Annunzio ci ha insegnato, come diceva De Robertis, un "nuovo modo di leggere", d'Annunzio potrebbe anche aggiornare il nostro modo di interpretare la letteratura e di considerare il ruolo del letterato.

RIFLESSIONI FINALI SULLA BIOGRAFIA

Modernizza la letteratura italiana, collegandola alle più importanti correnti estetiche e filosofiche a lui contemporanee. Del decadentismo egli introduce in Italia solo gli aspetti più appariscenti.

Più marcata la sua influenza sulla società e sul costume. Grande la sua capacità di rendersi divo, personaggio.

Le parole chiave della produzione letteraria dannunziana possono essere identificate: nel superomismo, nell'estetismo, nel verismo (breve fase iniziale), nel panismo (particolare rapporto con la natura), “nell'amor sensuale della parola".
Ma è il D'Annunzio "Notturno", dell'ultima fase, quello che convince maggiormente la critica contemporanea, ripiegato su se stesso.

Unico scrittore nostrano capace a farsi leggere in Europa fra 1800 e fine 1900 D’Annunzio non è stato soltanto un dandy modaiolo che ha riempito di se le cronache, e neppure soltanto un grande letterato e poeta, ma un esteta autentico, cantore delle nostre radici greco-latine. Ha fatto di molti luoghi e paesaggi italiani vere icone artistico-culturali. Ponendo le premesse per la loro valorizzazione turistica ed inventando quelle che oggi definiremo ad esempio, i parchi letterali.  Per la salvaguardia del patrimonio culturale  italiano il Vate condusse battaglie di restauro e recuperi di massimo rilievo dal Foro Romano ai mosaici di Ravenna, dalle Torri di Bologna al centro storico di Firenze; lo slancio e l’ardore nel costruire una coscienza culturale nazionale si sentitizza nel Vittoriale come:

 

“Una biblioteca di pietre vive”

Ed infine cosa dire ancora di lui, spesso  visto come una figura  macchiettista della vicenda nazionale, invece si deve cominciare a prendere atto della sua statura di intellettuale al livello europeo. E’ poco amato e conosciuto. Le scolaresche, vengono portate al Vittoriale come se fosse lo zoo Safari. Si può discutere sui gusti di d’Annunzio, ma occorre tenere conto della sua complessità di uomo d’azione e di poesia, Vate della nazione e anticipatore dei gusti e dei costumi della nostra epoca.

GRAZIE DI ESSERE ESISTITO BUON SAGGIO GABRIELE

 

                 Andrea Balestri

 

andreabalestri@interfree.it

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                          (VIETATA LA RIPRODUZIONE)

 

 

 



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