Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Se i docenti bocciano la sperimentazione meritocratica, che male c’è?
Per distrarmi un attimo da liti, risse, insulti, transfughi, tradimenti, bugie, baci e abbracci del solito “teatrino della politica” e guerre e guerriglie, scontri, zuffe e fatti d’arme danteschi ho voltato le spalle al tg per affacciarmi alla finestra. Finalmente nevica. Tutto il giardino è bianco. Gli uccellini volteggiano e si avvicinano alla ricerca di cibo. È arrivato l’inverno vero. Sotto la neve ho visto le piccole gemme delle camelie, piante rustiche, resistenti ed eleganti. Non si è ancora toccato il fondo che già qualcosa è pronto a sbocciare. Ma da vero masochista, anziché godermi il paesaggio calmo e monocromatico dopo due giorni dalla nevicata, ho pensato alla scuola. Ai risultati dell’indagine Ocse-Pisa sui quindicenni “testati” nel 2009 ed entrati in prima elementare nel 2000. E al commento di Maria Stella Gelmini: “È un risultato che ci rende orgogliosi”. O all’insidiosa affermazione del presidente dell’Invalsi Piero Cipollone: “Nelle scuole si può migliorare a prescindere dai tagli”.
È vero che c’è qualche segnale positivo di recupero nelle capacità di lettura e comprensione dei testi, in matematica e scienze. Ma se un’analisi attenta e saggia (mai ci fosse) da parte del ministro valuterebbe almeno tre segnali di ciò che non va nel nostro sistema scolastico. Innanzitutto, il fatto che restiamo sempre ben al di sotto della media Ocse. Poi, che esistono grandi divari tra gli studenti dei vari indirizzi (licei, tecnici e professionali); divari territoriali tra nord e sud e la “varianza” tra scuole anche di una stessa città. E soprattutto una percentuale superiore alla media di studenti al di sotto del livello basso. I migliori sistemi scolastici sono quelli in cui la distanza tra i migliori alunni e i peggiori è più corta, ma in Italia questo aspetto dell’efficacia della formazione è scambiato per egualitarismo d’altri tempi.
Anziché farmi catturare dal silenzio profondo che ti fa sentire lo svolazzare dei passerotti e dal fascino delle camelie, mi compare davanti agli occhi un grafico elaborato dalla Fondazione Giovanni Agnelli, dove è evidente come i figli che scelgono i licei appartengono al gruppo sociale della borghesia, mentre i figli delle famiglie operaie si orientano in maggior misura verso i professionali e sono esposti al rischio dell’abbandono. Una scuola di classe, si diceva un tempo; oggi diciamo: l’esito scolastico dei figli riflette la condizione sociale e il reddito dei genitori, dunque ripristina antiche selezioni per censo.
Di fronte al declino della scuola e della società italiana la missione di Maria Stella Gelmini è chiara: ci vogliono tagli e merito. Bisogna eliminare gli sprechi e premiare i talenti finora repressi delle eccellenze. Uno spreco clientelare pare a me sia l’assunzione di 20 mila insegnanti di una materia facoltativa come la religione (mentre si prevede una perdita di quasi 20 mila cattedre nel solo 2011-2012); tale assunzione è avvenuta nell’inosservanza del merito e della Costituzione, visto che a questi insegnanti non è richiesta una laurea in Storia delle religioni e il superamento di un concorso pubblico, bensì la segnalazione del vescovo. E poi attenti, nella lotta per la meritocrazia Gelmini non è sola: il Decreto 150, che vuole introdurre un sistema di valutazione in ogni amministrazione, anche nella scuola “sulla base dei livelli di performance attribuiti ai valutati”, reca la firma del ministro Brunetta. E questa tiritera meritocratica trova molti seguaci a cominciare dal fallito concorsone di Luigi Berlinguer di dieci anni fa. Ora è Gelmini che rimette in campo la meritocrazia, con due sperimentazioni. A Torino e Napoli con una valutazione interna dei docenti; a Pisa e Siracusa con una valutazione esterna basata su prove Invalsi e sul giudizio di alcuni ispettori (ma finora è sconosciuto il protocollo su cui avverrà la valutazione) del funzionamento delle scuole e dei risultati degli studenti.
Ora la notizia è: aumentano le scuole che rifiutano questa sperimentazione. A Torino 61 no su 62. A Napoli e Pisa tutti i collegi dei docenti fino ad oggi convocati hanno rifiutato questa sperimentazione. In primis l’Istituto “Livia Gereschi” di Pontasserchio con voto unanime, compreso quello della Dirigente scolastica. I docenti della scuola media “Leopardi” di Vecchiano hanno espresso parere negativo all’unanimità. Altra notizia: anche una parte dei Dirigenti scolastici pisani, in linea generale non contrari alle sperimentazioni sulla valutazione, si comportano con molta correttezza e mostrano neutralità, perplessità, contrarietà, preoccupati più dell’efficacia dell’offerta formativa della scuola che della meritocrazia. Per finire: il Consiglio dell’Istituto “G.B. Niccolini” di San Giuliano Terme ha approvato un documento in cui esprime dissenso. A questo punto è evidente che, se pur con motivazioni diverse, si estende il rifiuto della sperimentazione sull’introduzione di questa valutazione nelle scuole.
Se i docenti bocciano la sperimentazione meritocratica, che male c’è? Rifiutare all’incirca tre euro al giorno da attribuire una volta individuata una fascia di “migliori” con una percentuale massima del 25% è un chiaro segnale da parte degli operatori scolastici che non si promuove il merito praticando il degrado, i tagli e i licenziamenti. Che non si deve incentivare la rivalità tra insegnanti invece della collegialità. Che la concorrenza tra scuole a caccia di sponsor le rende inadatte ad affrontare la fragilità di ragazzini incantati dalle sirene del consumo. Il diritto costituzionalmente garantito di offrire le stesse opportunità formative per tutti risulterebbe svilito, giacché premiare chi ottiene risultati migliori in base ai test amplierebbe la forbice tra scuole di serie A e di serie B e penalizzerebbe gli studenti.
Una scuola democratica promuove il merito, boccia la meritocrazia e si attrezza per dare di più a chi parte con meno. Il bene comune scuola ha bisogno di investimenti, specialmente laddove ci sono più difficoltà: interventi per diminuire la dispersione scolastica e migliorare le strutture, sostegno agli insegnanti che operano in contesti di maggiore disagio sociale, culturale, economico. Una volta i docenti erano chiamati a giurare sulla Costituzione, poi si mangiavano due pasticcini e si brindava. Bisognerebbe ripartire da qui, come uccellini in volo e camelie prossime alla fioritura.
Ovidio Della Croce