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Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.

Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.

Cooperativa Teatro del Popolo- Miglarino
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Massimiliano Angori, Presidente
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Doppio evento a Vecchiano per l'80esimo anniversario della Liberazione d'Italia.
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•Governo Renzi
Presidente Mattarella
•Governo .....
Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Raccontino di Giancarlo Montin
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Magnifico salvivico silenzio
È il primo maggio, uno slpendore
Grazie all'esodo di tutte le persone
che lontane da casa
vivon la percezione
di fruire .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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Il PALIO

8/2/2011 - 19:31


          Accusa di ferimento con deturpazione in gara di corsa


               multi quidem currunt unus autem accipit bravium

 

[…] Nel 3 maggio 1837, essendo il sole già volto all’occaso, celebrandosi in Vecchiano la festività della invenzione della Croce, vi fu palio di barche nel Serchio, fiume sulla destra sponda del quale siedono Vecchiano ed Avane, sulla sinistra la terra del Ponte a Serchio.

Tre erano le barche che contendevano. Delle due che si contrastarono la vittoria l’una era montata da Vecchianesi, l’altra da gente di Avane.

Le due barche fatalmente rappresentarono la rivalità de due popoli. Ma la corsa facevasi  a spese de’ Vecchianesi: si celebrava con essa una loro festa, il premio ondeggiava al vento sull’antenna di maggior barca, la quale colla sua situazione nel bel mezzo del fiume di faccia a Vecchiano, sembrava un trofeo del paese, una sua proprietà; una specie dl corona de’ Re Longobardi, colla nota leggenda “Dio me la diede: guai a chi vorrà togliermela”.

Erano le due sponde del fiume piene di spettatori.

Le tre barche presentavano nella gioventù destinata a far loro più rapidamente fendere le acque del fiume, lo spettacolo, che dopo Virgilio niuno oserebbe descrivere:


......….e gli altri tutti
d’una livrea di pioppo incoronati,
stavano colle terga ignudi e unti,
sicchè tra l’olio e il sol lumiere e specchi
parean da lunge. E già  ne’ banchi assisi
tese ai remi le braccia, al suon l’orecchie,
aspettavano il segno. I cuori intanto
palpitando movea desio d’onore
e timor di vergogna.

 

………..aveva la tromba
squillato appena, che in un tempo i remi
si tuffar tutti, e tutti i legni insieme
si spiccar dalle mosse. I gridi al cielo
ne andar de’ marinari. Il mar di schiuma
si asperse intorno, e in quattro solchi eguali
fu con molto stridor da i rostri aperto
 e da’ remi stracciato.
(Eneide, libro IV)


Eccole in linea.
Correva  prima alla meta la barchetta timoneggiata dal Simi: le fu appresso quella, sulla prua della quale era il giovine Vecchianese destinato a salir per le funi sull’albero della barca stazionaria, in cima al quale era il ramo della vittoria, uso di vincere ignoto agli antichi, e però colle auree parole di Virgilio non descrivibile.

Erano le barchette rivali senza timone, come lo sono quelle sulle quali i pescatori, e tagliatori di alga percorrono il vicino padule.

Accadde in prossimità della meta un intralcio di remi: uno ne perdé la barchetta timoneggiata dal Simi: le fu tosto innanzi quella ov’era il montator Vecchianese, il querelante Angiolo Baraglia, il quale afferrata la fune della barca, che segnava la meta, si affrettò a salirvi: ma gli era di poco addietro il fanciullo Andreoni, montator della barchetta  timoneggiata dal Simi, il quale, leggiero ed agile della persona, tosto aggiunse salendo il Baraglia. Il giuoco era di corsa di barca, lo compiva il salir colle mani e co’ piedi per una fune. Il Baraglia lo convertì in un giuoco del calcio, e si fece a menar forti e frequenti al fanciullo Andreoni, perché avanti a lui non salisse. Né qui la soverchieria cessò: perocché altro Vecchianese, non certo ad altr’oggetto che quello di prestar man forte al Baraglia, e gittar nel fiume il ragazzo, si fece a salire per la fune, che trovò sgombra.

Era il ragazzo Andreoni figlio di vedova, dalla madre affidato alla cura del Simi. Assalito da due in quella perigliosa situazione, egli era per correre grave rischio. La qual cosa dal Simi veduta, lo spinse sulla barca ov’era l’antenna, e là, tentato prima di sciogliere le funi, e riuscitogli inutile il tentativo, dato di mano ad un remo, che là trovavasi, dette di punta al Baraglia per liberare il fanciullo Andreoni, e sgomentar l’ausiliario che saliva a congiurar colle sue forze contro di lui, e così operando gli produsse ferita nella mascella inferiore  presso il mento, penetrante nella cavità della bocca, e della estensione di un pollice.

Fu quest’atto del Simi un segnale di guerra.

Fremerono, e si agitarono i Vecchianesi. Il ragazzo Andreoni gittossi nel Serchio, e a nuoto salvossi, gridando alle acque del fiume, con variazione leggiera, come Leandro a quelle dell’Ellespono: “a chi fugge siate benigne, a chi resta spietate”. […]
 
Il lungo scritto poi continua con la storia delle rivalità fra i due paesi e l’arringa dell’avvocato del Simi per  sua difesa dalla denuncia di percosse e infermità mossole dall’Andreoni.
La causa fu vinta dall’avanese perché il suo scaltro difensore mise in gioco che già dall’antichità le ferite patite nelle gare non erano equiparate ad offese, come fra privati, e poi, e qui sorge un sorriso, cosa pretendeva il vecchianese, un marrajuolo della Val di Serchio, con una cicatricetta sulla guancia? Essere più bello e per cosa? Per andare forse sulle scene di qualche teatro a “far innamorare le romane matrone”?


Le foto sono dell'ultima, forse, corsa di barchetti disputata sul Serchio.

Già da tantissimo tempo cerco di far rivivere questo antichissimo "Palio remiero", ma scarsi sono stati i risultati, più per le diverse condizioni delle rive del Serchio che dovrebbero ospitare la "folla" dei simpatizzanti campanilisti, che la mancanza di barche adatte.

Ora che i lavori di sistemazione e pulitura della rotta di Nodica hanno reso accessibile la sponda e visibile il "campo di gara," forse sarebbe il momento adatto.

 

Manca lo spirito?

Dal forum sembrerebbe di no!

 

e allòra smettete di batte' la lingua e battete e remi!

Alla voga, gente, alla voga!

 

 
Fonte: Cause celebri discusse dal Cav. Commendatore Giovanni Carmignani Pisa 1847 Fratelli Nistri librai.
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13/2/2011 - 9:51

AUTORE:
Mauro Vaiani

E' davvero interessante questa idea. Personalmente ho seguito da vicino il Palio marinaro dell'Argentario e non posso dire che bene di queste manifestazioni che esaltano l'attaccamento al proprio territorio e l'amore per lo sport e la natura.